La casa è un bene per tutti

Analisi dello stato di salute del mercato immobiliare nel nostro territorio Punti di vista e pensieri per ragionare su un diritto che non sembra più essere tale, davanti allo scenario economico nazionale

«Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari». 07Il primo comma dell’articolo 25 della Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo ha sancito, per la prima volta in modo ufficiale, il diritto alla casa. Era il 10 dicembre 1948 quando l’assemblea delle Nazioni Unite adottò il testo, dando valore ad un Carta che è diventata punto di riferimento mondiale. Prima di allora, solamente la Chiesa si era accorta che, per dare dignità alla vita umana, era necessario riconoscere anche una dimora dignitosa. Infatti nell’enciclica Rerum Novarum, datata 1891, quindi prima ancora della fondazione della nostra banca, in un passaggio si fa riferimento al concetto di «benessere della casa». Concetto ribadito in più occasioni da papa Giovanni Paolo II. Fin dal 1996: in un discorso per l’Angelus, il papa ha affermato il diritto all’abitazione. Ovvero «il diritto alla casa per ogni persona con la propria famiglia», diritto strettamente connesso «col diritto a costituirsi una famiglia e ad avere un lavoro adeguatamente retribuito». Nella Costituzione italiana, invece, non c’è un passaggio esplicito che sancisce questo diritto. Più che altro, il testo riconduce ad un “fondamento diffuso”, legato ad un’esigenza sociale in quanto l’assenza di un’adeguata casa impedisce il pieno sviluppo della persona umana. La parola “abitazione”, del resto, viene citata una volta sola, nell’articolo 47, dove si dice: «La Repubblica […] favorisce l’accesso del risparmio alla proprietà dell’abitazione». La casa è sempre stata in bilico tra un diritto da riconoscere e un diritto da esigere, due modi di intendere il diritto che però spostano il baricentro della discussione. «La casa è un diritto solamente sulla carta», afferma Giuseppe Sala, direttore della Fondazione San Carlo, l’ente milanese che in collaborazione con la Caritas ambrosiana si occupa della questione abitativa nella diocesi di Milano. «La casa diventa un diritto quando è esigibile. E, oggi, non ci sono case». Eppure l’Italia è la nazione europea dove si punta maggiormente all’acquisto della casa. Secondo l’Annuario statistico dell’Istat, nel 2009 il 74,3% delle famiglie risulta proprietario dell’abitazione in cui vive. Una percentuale che cresce soprattutto in aree come quella dell’Alto Milanese e del Varesotto, arrivando a superare l’80% e in alcuni casi sfiorando il 90%. «Questo fenomeno è stato in parte accentuato dalla crisi del mercato finanziario che ha trasferito molte risorse dalla borsa al mattone come bene rifugio, determinando anche il prevalere di standard edilizi medio alti, e del basso costo del danaro che ha permesso l’accensione di mutui a molte famiglie. Tutto ciò ha però tagliato fuori dal mercato una fetta sempre più vasta di famiglie», sottolinea il direttore della Fondazione San Carlo. «Oggi assistiamo ad una stagnazione dell’offerta pubblica di case in affitto con finalità sociale e un’offerta quasi inesistente da parte del privato. Conseguenza sono i canoni di locazione che, soprattutto nei capoluoghi, hanno raggiunto dimensioni consistenti». Sulla questione abitativa, l’Italia ha un passo diverso rispetto all’Europa. Ricorda Sala: «In Spagna e in Francia il 40% delle abitazioni viene dedicato all’affitto. Da noi no. Abbiamo un patrimonio abitativo destinato alla locazione che è la metà degli altri Paesi europei. E, con una grande domanda di mobilità, che arriva anche dagli italiani e non solamente dagli immigrati, questo porta ad avere un mercato falsato; un mercato che non è più in grado di dare la risposta ad un bisogno». Ancora un dato: «L’ultimo censimento (quello del 2001, ndr) dava in Italia 127 case di proprietà ogni 100 famiglie: sono tutte risorse immobilizzate. È il frutto di una scelta irragionevole che non risponde anche a quanto viene affermato nella Dottrina sociale della Chiesa. Sono scelte che portano via dei beni a uso sociale e non permettono ad una comunità di potervi accedere». Una situazione che Sala definisce «una palla al piede». Spiega: «I costi per la casa arrivano anche toccare il 40% circa del reddito di una famiglia. Infatti le richieste che arrivano ai centri di ascolto della diocesi non riguardano più il pagamento delle bollette, ma la copertura delle spese per l’abitazione, con un aumento dei pignoramenti e degli sfratti esecutivi». L’emergenza non riguarda solamente le fasce più povere, ma anche una fetta di popolazione che, pur rimanendo esclusa dalle case pubbliche per questioni di reddito, non riesce però ad accedere al libero mercato. Quelle contraddizioni, che Giovanni Paolo II aveva sollevato all’inizio del nuovo millennio nella lettera apostolica “Novo millennio ineunte”, parlando di «bisogni che interpellano la sensibilità cristiana», restano ancora senza risposta. «Le risposte devono arrivare dando possibilità di accesso -conclude il direttore della Fondazione San Carlo-, per non far rimanere la casa un diritto sulla carta».

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