Crescere all’infinito è impossibile. In natura, nessuna specie animale cresce senza limiti. E se questo concetto valesse anche per l’economia? Questo era il tema di un convegno organizzato dall’Unesco e tenutosi a Parigi nel 2002: “Disfare lo sviluppo per rifare il mondo”. Tema che oggi, di fronte alle incertezze della nostra economia, alle difficoltà del tessuto produttivo ed alla costante scomparsa delle grandi aziende italiane, torna di attualità. Per cui, in contrapposizione a chi pensa ad una Italia creativa ma delocalizzata, in un contesto di globalizzazione produttiva che la vede cervello di produzioni che si svolgono altrove, ecco farsi strada la teoria di una Italia del “doposviluppo” che valorizzi il territorio e le tradizioni contro gli eccessi insostenibili del capitalismo, sul piano economico, sociale e culturale. Serge Latouche, il paladino dell’economia del doposviluppo, teorizza lo spostamento del baricentro dell’economia dal globale al regionale, che si traduce nella valorizzazione del territorio e dei saperi tradizionali. In un passaggio dal sistema delle multinazionali ad un’economia fondata sulle reti, sui distretti, sulle piccole imprese a livello locale. Il piccolo in rete può essere più efficiente del grande. Oltre a consentire una migliore qualità della vita e del lavoro. In media virtus. Non penso che una teoria escluda l’altra. Bensì, penso sia possibile una giusta integrazione tra i due sistemi proposti. Il discorso vale anche per il mondo del credito. Le fusioni, tanto caldeggiate dal Governatore Draghi, serviranno a creare imprese bancarie di statura internazionale, capaci di essere protagoniste in una economia globalizzata. Al loro fianco, un ruolo sempre più importante e complementare sarà svolto da piccole ed agili banche locali, capaci di offrire servizi competitivi grazie alla loro rete ma capaci anche di tessere relazioni tra gli attori economici e sociali del loro territorio. Il Presidente di Federcasse Alessandro Azzi ha lanciato la sfida: entro il 2010 il sistema Bcc dovrà avere il 10% del mercato italiano. Un obiettivo che in diverse nazioni europee è già stato largamente superato. E’ un obiettivo a cui anche la nostra Bcc saprà dare il giusto contributo incrementando con sempre maggior vigore la sua presenza sul suo territorio.
di Silvano Caglio