Solidarietà e mutuo soccorso siano la vostra via maestra

«Retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti. Se l’amore è intelligente, sa trovare anche i modi per operare secondo una previdente e giusta convenienza, come indicano, in maniera significativa, molte esperienze nel campo della cooperazione di credito». Così si conclude il paragrafo 65 della Caritas in veritate, l’enciclica sociale che Papa Ratzinger ha pubblicato a luglio e ricordata nell’assemblea nazionale della Bcc lombarde di ottobre a Salonicco. Enciclica dove torna un concetto caro alla nostra Banca. Dalla Rerum Novarum di Leone XIII (nell’immagine a destra qui sopra) alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, ossia dalla grande crisi agraria allo sboom globale della finanza ne è passata d’acqua sotto i ponti. È trascorso il secolo a più alta densità di avvenimenti e cambiamenti della storia, eppure, dopo tanti sconvolgimenti, qualcosa è rimasto, e di molto familiare. Nelle occasioni in cui due pontefici invitano a riflettere sulle grandi questioni poste dal sistema economico, la cooperazione di credito c’è; ancora in nuce nel documento pontificio del 1891, proprio perché da lì si svilupperà, citato invece esplicitamente da Joseph Ratzinger.11 L’altro modo di fare banca, quello poggiato sulla solidarietà e il mutuo soccorso, quello che vede nella carità la via maestra resiste. Resiste al passare degli anni e al mutare dei modelli economici, anche perché a fare da fil rouge fra i due documenti pontifici è la parola oggi più gettonata, crisi. Scrive Benedetto XVI in chiusura del paragrafo 21 “La crisi è occasione di discernimento e nuova progettualità”; il che suona come «un richiamo all’utilizzo di tutte le facoltà donate all’uomo, doni di anima e ragione, per costruire il bene comune, che infonde fiducia e accresce la responsabilità di banche cooperative mutualistiche nate in gran parte sulla spinta della prima enciclica sociale, la Rerum Novarum. Banche tuttora convinte ad operare nell’alveo del Magistero sociale, tanto da citarlo significativamente nei propri statuti, all’art. 2», ha dichiarato il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi. Crisi dunque, nel 1897, quando imperversava la crisi agraria per i massari della “terra asciutta” e crisi oggi, come testimoniano i sacerdoti delle tante comunità del territorio Bcc, tra novembre e dicembre impegnati nel tradizionale tour per la benedizione della case. «Quando sono arrivato a Villa Cortese sette anni fa non ho trovato così tanti casi di persone licenziate o in cassa integrazione -riferisce don Luigi Pieraboni, parroco di San Vittore Martire-. E non parlo soltanto di operai, i più penalizzati quando si stringe sull’occupazione; ho trovato anche laureati a casa da qualche mese». Impressioni condivise da don Giovanni Giovannone, parroco di Buguggiate: «Parlando con la gente si avverte preoccupazione; la situazione peggiore la vive chi perde il lavoro in età avanzata e teme di non potersi ricollocare più. Rischio ancora più concreto oggi quando, presentandosi per un colloquio di lavoro, qualcuno si è visto rispondere con una domanda: come faccio a darti un posto adesso? Prevale una grande cautela perché le prospettive di ripresa non sono chiare ». E se il territorio è in sofferenza chi vi opera non può restare indifferente. Questione di sensibilità, nel tourbillon della crisi naturalmente, ma anche nell’ordinario: «L’intervento della Bcc è stato importante quando non era più possibile rimandare interventi strutturali e abbiamo deciso di mettere mano all’oratorio -ricorda don Gino Mariani, parroco di Canegrate-. È stata una fortuna trovare un istituto come la Bcc: del resto conoscevo già la differenza tra il credito cooperativo e le altre banche. Quando operavo a Cantù, la Bcc locale è stata l’unica banca a venire incontro alle esigenze della parroc- chia». «Da quando sono parroco a Buguggiate l’apporto della Bcc è sempre stato generoso e vedo la banca sostenere settori chiave della vita sociale, come la scuola» dice ancora don Giovanni Giovannone. Già, la scuola, le imprese; passano di qui le risorse umane e materiali del presente e del futuro, gli obiettivi di un disegno che il credito cooperativo ha sempre avutomolto chiari. «Le risorse servono a far fruttare i talenti -dice don Piero Roveda, parroco di Busto Garolfo-: con questo spirito è nata la Cassa rurale Santa Margarita, sulla spinta di valori forti. E questo spirito si rispetta e si onora se si aiutano le imprese, se si investe nell’istruzione e nella formazione dei giovani: se si bada ai due aspetti della vita delle persone, al pane materiale e a quello spirituale». Il che richiede quanto l’enciclica di Papa Ratzinger auspica al paragrafo 38: “serve un mercato nel quale possano liberamente operare, in condizioni di pari opportunità, imprese che perseguono fini istituzionali diversi. Accanto all’impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali”. Un’enciclica da leggere e meditare a qualche mese dalla sua pubblicazione e alla luce di una situazione economica ancora bloccata, dove la soluzione resta il ricercato speciale. «L’auspicio -commenta il numero due di ABI, Azzi- è che, come la Rerum Novarum rappresentò circa 120 anni fa un propulsore rivoluzionario per dare vita a strutture che, dal basso, lavorarono per innescare uno sviluppo sostenibile e condiviso, per favorire l’inclusione e promuovere il protagonismo dei soggetti, così anche la Caritas in Veritate possa costituire un lievito per dare nuovo senso all’economia e alla finanza, indirizzando o re-indirizzando le energie e le risorse a favore di un autentico sviluppo umano». Sviluppo umano sempre, quindi, allora come oggi, da Leone XIII a Benedetto XVI, perché non c’è solo la crisi a gettare un ponte fra i pontefici di fine ‘800 e del Duemila, c’è anche la nostra banca.

PER APPROFONDIRE

La storia/1

Dall’800 prevale il senso di responsabilità

12 Senza la Rerum Novarum non ci sarebbe stata la Cassa rurale, senza quello che rileva la Caritas in veritate non si spiegherebbe la Bcc di oggi. E senza la lungimiranza e lo spirito di solidarietà dei 15 soci fondatori guidati da don Giovanni Besana, tutto quello che di importante e di bello la nostra banca ha fatto per il territorio non sarebbe stato possibile. Con la Rerum Novarum, Leone XIII esortava a risolvere la questione sociale con l’azione combinata di Chiesa, Stato, impiegati e datori di lavoro, invitando i cristiani a organizzarsi, promuovere associazioni, società di mutuo soccorso e gettando le basi della moderna dottrina sociale cristiana. Il fine era alto: aiutare i deboli, evitare le discriminazioni, dare a tutti la possibilità di vivere una vita degna di questo nome. Da quell’enciclica nacquero tanti frutti, tra i quali la Cassa depositi e prestiti Santa Margarita. Eravamo a fine ‘800 e a Busto Garolfo, più che i problemi della classe operaia, che affliggevano centri vicini, c’erano quelli dei contadini. Dalla metà dell’Ottocento, infatti, tutta l’Italia stava facendo i conti con la forte crisi agricola, particolarmente penalizzante per un’attività basata su cereali e bozzoli, come quella della Busto Garolfo dei nostri nonni. Bisognava aiutare i contadini a non cadere nel giogo dell’usura e, più ancora, aiutare la ripresa economica, per garantire un futuro alle famiglie del paese. La Cassa diede un contributo sostanziale a risolvere queste situazioni e innalzare il livello di vita nel territorio. Poi, nel ‘900, nuove situazioni, nuove necessità imposero nuove soluzioni. Ed ecco la nostra banca a fianco di chi aveva un’idea imprenditoriale da sviluppare e doveva muovere i primi passi; della famiglie che pensavano a una casa di proprietà. Ed infine la Bcc di oggi, a fianco delle imprese, del territorio, di chi ha bisogno. Dai fondatori abbiamo ereditato il senso di responsabilità e ce lo teniamo stretto: è questo il tesoro della nostra banca (nella foto la prima sede della Bcc di Busto Garolfo).

Lidio Clementi

La storia/2

 Nel 1982 nasce la Bcc di Buguggiate

13Da imprenditore, fortunatamente, non vivo in maniera diretta la crisi, ma indirettamente sì; vedo le difficoltà di questo momento, i grandi problemi che hanno investito l’economia mondiale e fatto sentire i loro effetti anche sul nostro territorio. Riflettendo su questo fatto, trovo forti legami fra le due encicliche, quella del diciannovesimo secolo, con cui Leone XIII getta le basi per il credito cooperativo e quella di Benedetto XVI, in cui si ribadisce la bontà di esperienze come la nostra che ormai hanno oltre cento anni di storia sulle spalle. Certo le difficoltà, nello specifico, variano e variano moltissimo -radicalmente diversi sono del resto i modelli economici tra fine Ottocento e primo decennio del terzo millennio- ma gli effetti sono identici. Che si faccia il bracciante, l’operaio o l’impiegato restare senza terra o senza lavoro, perché messi in cassa integrazione o addirittura licenziati, il problema non cambia: non si tira la fine del mese. Lo spettro della povertà incombeva ai tempi di Leone XIII, ma minaccia molte persone anche oggi, nel nostro territorio, in quello stesso territorio che è stato un laboratorio di esperienze per la cooperazione. La storia di Buguggiate è, in questo senso, estremamente significativa. Sino agli anni Ottanta nelle immediate vicinanze di Varese esisteva una sola banca, che, godendo, nei fatti, di un regime di monopolio faceva il bello e il cattivo tempo. Le sue condizioni erano quelle: prendere o lasciare. 130 persone decisero di dire basta a quello stato di cose, e con un solo intento, migliorare le condizioni del credito, si misero insieme per risolvere un problema. E l’unione fece veramente la forza: le cose cambiarono per sempre. Ai tempi -la decisione di fondare una Cassa a Buguggiate è del 1982, l’apertura del 1983- ebbe un effetto benefico per imprenditori e famiglie. I tassi praticati dall’allora Cassa erano anche di sei punti percentuali più bassi della concorrenza. Sembrava impossibile combinare qualcosa quando partimmo; la fiducia dei soci fu veramente un atto di fede (nella foto la sede della Bcc di Buguggiate).

Mario Pozzi

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