Bcc, siamo l’ultima banca locale

Dopo la fusione di BdL nella Banca Popolare di Milano dello scorso settembre, la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate è rimasto l'ultimo istituto espressione del territorio
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La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate ieri e oggi. La Banca fu fondata da un gruppo di cattolici nel 1897. La prima sede era in via Abbazia

La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate è rimasta l’ultima banca locale della nostra zona. E, diciamolo subito, è un dato di fatto, non certo una bella notizia per un territorio che a cavallo del Novecento ha visto la nascita di ben 18 banche “Tra due fiumi”, cioè tra il Ticino e l’Olona, per delimitare l’ambito di cui parliamo utilizzando il titolo di un libro edito dalla nostra Bcc sulla storia economica locale e scritto nel 2008 da Pietro Cafaro, docente di Storia economica alla Cattolica di Milano. A parte un comprensibile orgoglio e un sospiro di sollievo a stento trattenuto, non può certo far piacere essere l’unico reduce della storia bancaria locale, perché quello che il territorio perde non lo riacquista più, tanto in valore aggiunto quanto in prospettiva. Chi è rimasto sul campo, infatti, a volte per pochi anni, in altri casi per oltre un secolo ha rappresentato un punto di riferimento per le proprie comunità locali e giocato un ruolo nello sviluppo economico, sociale e culturale delle nostre terre. Sono tante le iniziative che sono state possibili solo grazie alla presenza di banche locali che hanno fatto da volano, e in alcuni casi anche da motore propulsore, alla nascita di aziende piccole e grandi, al concretizzarsi di sogni e progetti di artigiani, agricoltori, commercianti e famiglie, al realizzarsi di interventi strutturali e strategici sia per le piccole comunità locali sia per tutto il territorio nel suo insieme. 05E il ricordare la Mostra del Tessile e quello che ha rappresentato negli anni basti come esempio. Del resto, quelle nate tra Ottocento e Novecento sono banche che prendono le mosse o dagli storici industriali di quegli anni o dal mondo cattolico, con una differenza di base: le prime sono state banche d’affari a tutti gli effetti, le seconde hanno avuto in sé una profonda valenza cooperativa e di mutuo soccorso. Valori, questi ultimi, che non devono e non possono essere traditi. E non solo o non tanto perché stanno alla base dell’essere banca della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, ma perché solo la reciprocità e la capacità di aiutarsi l’un l’altro nel rispetto delle regole e dei ruoli -quindi non l’assistenzialismo- sono davvero in grado di aiutare l’economia locale a svilupparsi e a ripartire. Ma c’è un altro aspetto negativo dell’essere rimasti l’unico reduce della storia bancaria locale. Che forse è il peggiore di tutti. Significa che il nostro territorio è diventato, nella stragrande maggioranza dei casi, la periferia di enti che hanno il cuore, il cervello e gli interessi primari legati ad altre zone del Paese. E se è logico che anche in tempi di vacche grasse sarà primariamente da altri parti -cioè nei pressi delle singole sedi centrali di questi enti- che si concentrerà l’interesse primario di queste banche ad organizzare iniziative e i conseguenti ritorni che ne deriveranno per le comunità locali, in tempi, come questi, di vacche magre essere in periferia è sicuramente penalizzante. Senza addentrarci in esempi che sono ben chiari al lettore, basti un’osservazione: in caso di contenimento dei costi e di decrescita, i primi tagli avvengono (quasi) sempre nella periferia. Per la verità questo è un discorso più complessivo, applicabile anche alle tante aziende del nostro territorio che stanno pian piano passando di mano e i cui nuovi proprietari hanno altrove il centro dei loro interessi. E che si tratti di scelte strategiche o di soluzioni adottate per necessità poco importa, il risultato è sempre lo stesso: il depauperamento dell’Alto Milanese e del Basso Varesotto come sistema e piattaforma territoriale.

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La sede della Bcc di Buguggiate, nata nel 1982 e incorporata nel 1999 dalla più antica Bcc di Busto Garolfo

Di più. Come chiarisce l’economista Stefano Zamagni, c’è una profonda differenza tra banca del territorio e banca per il territorio, ovvero fra una banca locale e una banca che, semplicemente, opera nel locale. Se, infatti, una banca nasce nel locale, ma cresce a un livello dimensionale che travalica spazi e ambiti originari, quel legame, fisiologicamente, si perde. E ciò significa anche perdere la capacità di elaborare risposte originali: solo una banca del territorio può infatti essere laboratorio creativo, perché la sua “meccanica ancora artigianale” le consente di modulare le risposte e i processi sulle esigenze specifiche di famiglie e imprese, enti e associazioni. Insomma, alla fine tutto è riconducibile al governo degli enti e delle imprese che stanno in un determinato territorio. È la storia ad insegnarcelo. È la storia della tante banche locali che sono scomparse, stemperate all’interno di aziende più grande, che a volte ne hanno tenuto il marchio ma il più delle volte hanno affossato anche quello. Già, perché la loro vera forza, il vero valore aggiunto di una banca locale è quello di essere amministrata da persone del territorio, che conoscono la realtà e le speranze di una comunità, e che in generale sostengono tanto il tessuto economico quanto quello associativo e culturale della propria gente. Sono, e ne siamo davvero convinti, un patrimonio di tutti. E scusate se è poco. Del resto, tornando alla storia bancaria delle nostre lande, se le banche commerciali sono figlie dell’iniziativa degli imprenditori locali, quelle nate nell’alveo del mondo cattolico sono espressione della volontà di un’intera comunità locale e da tante persone pronte a rischiare in proprio assumendosi la responsabilità illimitata pur di dare vita ad un ente che li aiutasse a svilupparsi, a superare i momenti di difficoltà, a trasformare i sogni e le speranze in fatti concreti. Così fu per la Cassa rurale di Casorezzo (fondata nel 1896) e quelle di Inveruno (1896), la nostra Santa Margarita di Busto Garolfo (1897), Magnago (1902), San Magno di Legnano (1902), Magenta (1903) e Castano Primo (1909). Tutti istituti bancari che coincisero “quasi sempre con la circoscrizione del paese, richiedendo di norma all’aspirante socio il requisito della residenza o quantomeno quello dell’abituale dimora in paese -scrive Cafaro nel suo libro-. Il principio della solidarietà illimitata non poteva infatti che essere applicato in piccoli contesti comunitari, ove la conoscenza personale dei soci diventava essenziale per porre la società al riparo dai rischi di insolvenza economica”.

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La sezione agraria della Cassa Rurale di Busto Garolfo, che si spostò in via IV Novembre

E oltre al requisito della solvibilità, il socio doveva offrire anche garanzie sul piano morale: “il regolamento interno della Cassa di Magnago inibiva dalla società quel paesano affetto «dal vizio del gioco o della osteria» -racconta ancora Cafaro-; ma l’interdizione poteva colpire anche colui che non dimostrava di santificare adeguatamente le feste comandate, lavorando o facendo lavorare i propri familiari. Al socio si richiedeva una condotta irreprensibile e regolata dai «sentimenti cristiani verso la religione, la Chiesa e il Pontefice». Più blandamente lo statuto della società di Castano richiedeva invece ai propri aderenti d’essere «ossequienti alla religione cattolica e alle vigenti leggi». Le prescrizioni morali e d’indole religiosa costituirono in ogni caso credenziali importanti e decisive: tiepidezza religiosa o deroghe dalle pratiche devozionali potevano significare infatti l’espulsione dalla società -si legge nel libro di Cafaro- . «Ogni socio finché sarà tale», stabiliva in modo perentorio il regolamento interno della Cassa rurale San Michele di Magnago, «dovrà colla sua condotta non venir mai meno alle promesse fatte ed accettate colla sua ammissione: in caso diverso la presidenza lo espellerà dalla Cassa rurale». Quelle Casse, di cui soltanto la nostra superò lo spartiacque della prima guerra mondiale, dunque, erano essenzialmente delle cooperative, in cui tutti i soci rischiavano per aiutarsi l’un con l’altro, rendendosi disponibili a rispondere illimitatamente con i propri beni contro le avverse fortune. Del resto erano anni difficili, c’era da controbattere la piaga dell’usura e sostenere il settore primario a seguito della grande crisi agraria conseguente all’invasione inaspettata di cereali a basso costo provenienti dalle Americhe. Ma erano anche gli anni in cui si formavano i valori fondamentali del cattolicesimo sociale, sulla spinta della Rerum Novarum di papa Leone XIII, gli stessi che sono patrimonio fondamentale e distintivo delle banche di credito cooperativo odierne. Miglior fortuna non è toccata a quelle che abbiamo chiamato le banche d’affari, volute dagli industriali locali del tempo, che caldeggiavano con forza la presenza del mondo imprenditoriale nelle istituzioni creditizie. Ecco, così, nascere la Banca di Legnano (1887), la Popolare di Abbiategrasso (1890), la Banca di Busto Arsizio (1873) e la Banca di Varese (1899). E poi, per completezza, ci sono gli istituti nati tra i due fiumi nel Novecento: la Banca Alto Milanese (1922) e il Credito Legnanese (1923), di cui scriviamo nei box della pagina precedente, la Bcc di Buguggiate (1982), incorporata nel 1999 nella Santa Margherita di Busto Garolfo, e la Bcc di Busto Arsizio (1996), che nel 1998 è stata assorbita dal Credito Valtellinese.

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Tre scene di vita di tutti i giorni, a cavallo dell’Ottocento e del Novecento: attività prevalente era quella del settore primario e proprio per sostenerlo presero vita le banche cooperative e di mutuo soccorso

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Banca di Legnano si scioglie nella galassia Bpm
Fondata come società anonima l’11 giugno 1887, per volontà di alcuni imprenditori locali (Eugenio Cantoni, Gaetano ed Antonio Muttoni, Giovanni De Martini, Costanzo Canziani e Guido Bossi), contava su un capitale di 300mila lire e un totale di 1.500 azioni. La banca aprì al pubblico il 16 gennaio 1888 e nel 1905 aumentò per la prima volta il suo capitale, raggiungendo il milione e mezzo di lire. Lo sviluppo sul territorio la portò ad arrivare ad avere 117 filiali e un capitale sociale di oltre 472 milioni di euro. Per quasi quarant’anni di proprietà della Banca Commerciale Italiana, nel 2001 il pacchetto di controllo venne acquisito dalla Banca Popolare di Milano, in cui la Banca di Legnano si è fusa il 14 settembre 2013.

02Banca di Busto Arsizio: l’ascesa nazionale porta al fallimento
Fondata nel 1873 da un gruppo di industriali locali guidati dal barone Eugenio Cantoni, nel giro di qualche decennio la Banca di Busto Arsizio conobbe una forte espansione, prima rilevando la Banca di Vigevano, quindi incorporando (1911) la Banca di Verona. Mutata la ragione sociale in Società italiana di credito provinciale, nel 1914, in parte grazie all’apporto di capitali francesi, divenne Banca Italiana di Sconto, con sede a Roma. Fu il principale finanziatore dell’Ansaldo, che finì per diventare il maggior azionista oltre che maggior debitore. Dopo la guerra l’Ansaldo si ritrovò con un eccesso di capacità produttiva: la Banca Italiana di Sconto fu così travolta dalla crisi finanziaria e nel 1921 dichiarò fallimento.

03Banca Cooperativa di Varese: il Credito Varesino muore in Bpu
È del 1895 l’iniziativa di alcuni democratici radicali che, unendo i maggiori esponenti del mondo economico varesino di parte democratica, danno vita alla Banca Cooperativa di Varese e Circondario, che nel luglio 1906 diventa il Credito Varesino. Tra sviluppo nazionale e internazionale, giri in borsa, anni sotto il controllo dell’Ambrosiano e intrecci con Roberto Calvi, nel 1984 il Credito Varesino diventa di proprietà della Banca Popolare di Bergamo, che lo incorpora nel 1992. Nel 2003 la “Banca popolare di Bergamo-Credito varesino” si fonde con la Popolare Commercio e Industria e la Popolare di Luino e di Varese dando origine a Bpu (Banche Popolari Unite), che, nel 2007 si fonde con Banca Lombarda per far nascere UBI Banca.

Popolare di Abbiategrasso: acquisita da Bam, scompare in Mps
Nata come cooperativa anonima nell’agosto del 1890 con l’obiettivo di sostenere gli imprenditori agricoli del territorio, la Banca Popolare di Abbiategrasso prese le mosse rilevando l’agenzia della Banca Popolare di Vigevano che era attiva ad Abbiategrasso fin dal 1873. Profondamente legata alla storia e allo sviluppo economico di tutta l’area abbiatense, la banca operò esclusivamente in provincia di Milano, dove arrivò ad avere 28 sportelli. Nel 1995, quando il suo fatturato ammontava a 22,4 miliardi di lire, la Popolare di Abbiategrasso venne incorporata nella Banca Agricola Mantovana, per stemperarsi completamente nel 1998 nella galassia del Monte dei Paschi di Siena, che la sciolse definitivamente il 22 settembre 2008.

Credito Legnanese: la storia finisce nel Banco Lariano
Il 29 maggio 1923, nel giorno dell’anniversario della battaglia di Legnano, piccoli e medi imprenditori dei settori tessile e meccanico e banchieri milanesi creano il Credito Legnanese. Lo sviluppo fu legato essenzialmente al territorio e gli interessi si allargarono al campo delle gestioni esattoriali comunali e consorziali. Nel 1967 il pacchetto di maggioranza andò a Italmobiliare, da qui trasferito alla Banca Provinciale Lombarda e, nel 1974, fu acquisito dal Banco Lariano. L’Assemblea straordinaria del 25 luglio 1975 deliberò la fusione per incorporazione del Credito Legnanese nel Banco Lariano, passato nel 1977 all’Istituto Bancario San Paolo di Torino, che dal 1998 divenne SanpaoloImi e dal 2007 Intesa San Paolo.

Banca Alto Milanese: dalla Malpensa alle rive del Lario
Il 5 settembre 1922 Benigno Airoldi, allora ventunenne, costituì insieme ad altri soci la Banca Alto Milanese, con capitale sociale di un milione di lire. Nel 1948 la Banca concorse alla realizzazione dell’aeroporto internazionale della Malpensa, dove aprì uno sportello. Negli anni ’50, con un gruppo di industriali della zona, contribuì alla nascita e allo sviluppo della Mostra internazionale del tessile e nel 1953 aderì alla costituzione del Mediocredito Regionale Lombardo. Nel 1971 si trasformò in società per azioni e presidente venne nominato proprio Benigno Airoldi, nel frattempo divenuto Cavaliere del Lavoro. Nel 1974 il Banco Lariano acquisì la maggioranza del pacchetto azionario della Banca e l’anno dopo la incorporò.

Hanno detto

PARRINELLOIgnazio Parrinello – Vicepresidente vicario
Con l’espressione banca locale non intendiamo soltanto e semplicemente dare una connotazione logistico-geografica per un istituto di credito; piuttosto esprimere un contenuto economico ben più profondo, fatto di attenzione nei confronti delle imprese, soprattutto di quelle della fascia medio-piccola e soprattutto in un momento di crisi. Compito di una vera banca locale è di collaborare attivamente allo sviluppo del territorio; per questo noi, come Bcc, siamo ben disposti a esaminare proposte e a essere partner di tutte quelle iniziative e quei progetti che, indipendentemente dalle dimensioni, hanno un orizzonte positivo e dove si investono risorse per creare ricchezza.

COLOMBOMauro Colombo – Vicepresidente
Si parla sempre più spesso di catena decisionale corta quando si vuol suggerire l’idea di prontezza nelle risposte da dare al cliente: ecco la migliore riprova dell’importanza di una banca locale per il territorio. Le famiglie ma, soprattutto, le imprese hanno delle esigenze che si misurano con il parametro tempo, perché il mercato non aspetta e la rapidità nelle decisioni diventa fattore di competitività. Per questo la presenza di una banca locale, più leggera nella struttura e con tempi di reazione più brevi, rappresenta un indubbio vantaggio. Un plus che va a sommarsi alla conoscenza più approfondita della realtà in cui opera e ai rapporti con gli attori economici e sociali del territorio.

PozziMauro Pozzi – Consigliere
Sull’importanza di una banca locale ricordo l’esperienza vissuta con l’allora Cassa rurale e artigiana di Buguggiate, fondata nel 1982 da 110 soci, artigiani e coltivatori diretti locali, e poi confluita per fusione nella nostra Bcc: ci riuscì, fra molte difficoltà, di influenzare il mercato calmierando un sistema che, allora, era quasi monopolistico. In questo modo beneficiarono della nostra iniziativa anche quelli che in una banca di credito cooperativo non avevano mai messo piede. E se ne avvantaggiò anche il territorio con iniziative benefiche da parte della banca come il restauro di un oratorio del Cinquecento e la ristrutturazione.

BARNI_GIUSEPPEGiuseppe Barni – Consigliere
Per il territorio è importante avere una banca locale perché questa può meglio ascoltarne i bisogni e formulare soluzioni per soddisfarli. Per i soggetti di un territorio avere una banca locale come interlocutrice per i propri progetti rappresenta un vantaggio perché risposte e le decisioni arrivano da un organo composto da persone che sono espressione del territorio stesso e che lo vivono quotidianamente, non da impersonali comitati a centinaia di chilometri di distanza. La prossimità e la conoscenza sono fattori premianti; lo sono stati in passato, lo sono ancora di più oggi, dopo che la crisi economica ha evidenziato i difetti di un modo d’agire sganciato dalla realtà dell’economia.

CAFAROPietro Cafaro – Docente di Storia economica, Università Cattolica di Milano
La banca è il ponte fra chi risparmia e investe; oggi il risparmio è gestito in modo molto diverso fra le banche e non sempre favorisce lo sviluppo del territorio, il che è importante sia per il benessere economico sia per la qualità della vita. Una banca assolve tanto meglio la sua funzione se reinveste risorse nel territorio in cui le raccoglie e la storia dimostra che dove si è mantenuta una banca locale ci sono stati vantaggi. Per rispondere meglio alle sfide e dare sicurezza ai clienti banche piccole come le Bcc hanno fatto propria la strategia della rete; una rete di autonomie che garantisce e lascia libertà, creandole condizioni per un ambiente di crescita sano per l’economia reale.

attilio_fontanaAttilio Fontana – Sindaco di Varese
Per un territorio, qualsiasi territorio, è essenziale avere una banca locale che, oltre a svolgere il ruolo che le è proprio nei confronti di risparmiatori e investitori, abbia un occhio attento alla comunità in cui opera, alle specificità che ne rappresentano il quid e alle sue esigenze più profonde. È essenziale in modo particolare oggi, in un periodo segnato dalla scarsa disponibilità di denaro. So per esperienza che dalla vera disponibilità a confrontarsi sui problemi possono scaturire le soluzioni; e questo con una banca locale può essere facilitato dalla conoscenza del territorio in cui si opera e dalla sensibilità verso questioni che meglio possono essere comprese da chi le vive.

Giovanni_alborghettiGiovanni Alborghetti – Sindaco di Villa Cortese
Ogni territorio dovrebbe avere la sua banca locale, perché le esigenze di una comunità si comprendono davvero solo vivendole e perché ci sono compiti e funzioni che svolge solo una banca del territorio. Noi a Villa Cortese, ad esempio, se non avessimo la Bcc non avremmo alcun interlocutore, neppure per l’indispensabile funzione istituzionale della tesoreria comunale. Quel che è certo è che nel tempo abbiamo perso quella vocazione cooperativa e mutualistica delle tante istituzioni legate alla nostra storia e che ci garantivano un welfare che giorno dopo giorno stiamo perdendo sempre più: è una costatazione amara, ma su cui tutti si devono interrogare, anche la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate.

marco_brogginiMarco Broggini – Segretario generale Confartigianato Altomilanese
Un territorio deve avere anche una banca locale, non solo per distribuire le risorse sul territorio in cui le raccoglie, ma per il patrimonio di professionalità e conoscenza della dimensione locale che soltanto chi è del territorio può vantare. Questo è fondamentale per orientare quelle politiche di sviluppo e di marketing territoriale senza le quali oggi non c’è prospettiva. È un dato di fatto: la competizione economica oggi è glocale. Questo significa che le nostre imprese possono giocarsi le proprie chances a livello globale soltanto se a livello locale esistono i presupposti per essere competitivi. Ecco perché un territorio deve avere il proprio attore del credito e deve averlo forte.

marco_crespiMarco Crespi – Direttore territoriale Area Varese, Confidi Lombardia
L’attuale difficile congiuntura pone nuove sfide alle imprese, così come al sistema bancario. Tra le priorità cui il mondo imprenditoriale deve far fronte, quella della ricerca del sostegno creditizio è una delle più pressanti e complicate. I percorsi per arrivare al credito sono oggettivamente simili indipendentemente dalla banca cui l’azienda si rivolge. Anche perché la propensione al rischio sta diminuendo in tutto il sistema. La prossimità al sistema produttivo oggi non sta solo nella presenza e nella mentalità legate a uno specifico territorio, ma nella capacità di interpretare i progetti delle singole imprese che guardano a orizzonti sempre più vasti. È questa la vera sfida da affrontare.

paolo_ferre¦ÇPaolo Ferrè – Presidente Confcommercio Legnano
È fondamentale per un imprenditore essere garantito sul territorio dalla presenza di una banca che faccia una politica di territorio, come fa la Bcc e come hanno fatto il Credito Legnanese, il Banco Lariano, il Credito Valtellinese e la Bdl, poi assorbiti in altri istituti. Quello che si perde, in questi casi, è il rapporto personale, di cui beneficiavano soprattutto i piccoli e che rappresentava un valore aggiunto insostituibile. So bene che il mondo del credito e le sue regole sono cambiati, ma la mancanza di una relazione territoriale ingigantisce i problemi: se la banca ti conosce sei una persona, altrimenti diventi un numero, giudicato soltanto in base a range prestabiliti.

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