«Area densamente popolata e caratterizzata da abitazioni al di sotto degli standard minimi e da miseria». Questa, secondo Un-Habitat, il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, è la definizione di baraccopoli, tecnicamente definite anche come “insediamenti informali”. Nel dettaglio, per le Nazioni Unite sono cinque i parametri che indicano la presenza di una baraccopoli: insufficiente accesso all’acqua corrente, scarsa presenza di servizi sanitari e sistemi fognari, sovraffollamento, costruzioni fatte con materiali precari (come le lamiere, i pezzi di legno, i cartoni), abitazioni costruite illegalmente.
Abitate da migliaia di persone, le baraccopoli sono normalmente situate nelle zone peggiori delle città, spesso su suoli acquitrinosi, collinari o contaminati da scarichi industriali. Anche se, va detto, non mancano le baraccopoli che si estendono subito a ridosso di zone urbane di pregio. In altri casi sorgono nei pressi di gigantesche discariche di rifiuti, la cui raccolta, cernita e il successivo tentativo di riciclo costituisce la principale attività degli abitanti, come ci ha raccontato padre Maurizio che accade in quella di Nairobi.
In definitiva, quindi, le baraccopoli sono spazi urbani sovraffollati, insalubri, costruiti con materiali inadatti, edificati illegalmente, localizzati in aree a rischio ambientale, poco serviti dai mezzi di trasporto collettivo, privi di spazi e servizi pubblici, caratterizzati da elevati livelli di violenza.
Diffuse in diverse aree geografiche del mondo, le baraccopoli vengono indicate localmente con nomi diversi: i più usati sono slum (nei paesi di lingua inglese), bidonvilles (in quelli di lingua francese) e favelas (in Brasile). Va detto che le baraccopoli non sono tutte uguali: in quelle brasiliane, ad esempio, è garantito un livello minimo di servizi, che invece è del tutto assente in quelle asiatiche e africane. In quelle asiatiche, infine, sono presenti numerose attività lavorative che vengono svolte senza alcuna regola o alcun tipo di controllo da parte delle autorità del luogo.
Stando al rapporto «The Challenge of Slums» delle Nazioni Unite, una persona su sei ovvero circa un terzo della popolazione urbana mondiale, per un totale di quasi un miliardo di persone vive nelle oltre 250mila baraccopoli diffuse in tutto il pianeta: nei Paesi in via di sviluppo la percentuale è del 43% della popolazione urbana, in quelli sviluppati il 6%. Secondo UN-Habitat, le più alte percentuali di abitanti nelle baraccopoli si trovano in Etiopia, Ciad, Afghanistan e Nepal: paesi in cui si stima che oltre il 90% delle persone viva in queste aree. E nelle grandi aree urbane del Sud-est asiatico, dell’Africa subsahariana e dell’America meridionale, dove ogni anno migliaia di persone abbandonano le zone rurali e si dirigono verso le grandi città, negli ultimi decenni la crescita della popolazione degli slum ha superato quella media dell’urbanizzazione.