Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ospite all’annuale assemblea dell’Associazione industriali della provincia di Varese, ha esordito nel suo appassionato e pragmatico intervento dichiarando con forza che la parola rassegnazione non può e non deve far parte del vocabolario degli imprenditori italiani. Nessun cedimento, quindi, di fronte alla più grave crisi economica che l’Occidente abbia vissuto dal ’29 ad oggi. I toni del suo intervento si sono poi alzati, e con essi gli applausi della sala, di fronte al “richiamare all’ordine” chi in questo periodo poco fa per sostenere le imprese. Chiaramente, obiettivo numero uno di questo richiamo sono gli istituti di credito, colpevoli di aver “chiuso i rubinetti” e privato le aziende di ossigeno. Con forza e insistenza, la Marcegaglia ha chiesto alle banche di non sostenere le imprese “decotte” ma di non far mancare il loro aiuto a quelle sane e che hanno voglia di crescere e investire. Seppur limitati dal fatto che il nostro punto di osservazione rimane quello locale, proviamo ad analizzare cosa ha fatto la Bcc per le nostre imprese e come ci siamo comportati per quanto concerne il credito. Il punto di partenza, dato che la crisi vera è nata lo scorso anno, è il 2008. Anno durante il quale, come ho sottolineato alla nostra recente assemblea dei soci, non sono stati toccati al rialzo i tassi attivi dei soci e della clientela, assumendoci in toto l’onere del maggior costo della raccolta e, soprattutto, del maggior rischio sul credito derivante dalla crisi congiunturale che tutti ben conosciamo. In altre parole: non abbiamo limitato il credito. Anzi, il forte trend di raccolta dell’ultimo trimestre è stato interamente “reimpiegato” per le nostre imprese, anche per il fatto che le famiglie avevano già iniziato a diminuire i consumi e, con essi, la richiesta di finanziamenti. Ma a partire da gennaio 2009, l’evoluzione della crisi ha avuto una fortissima accelerazione, con un riverbero immediato sulla redditività aziendale e sulla qualità del credito. L’asticella si è abbassata sotto il livello di guardia, e si è quindi reso inevitabile e improcrastinabile il ricorso a manovre correttive e a forti presidi sul credito, di cui parla più diffusamente in altra parte del nostro giornale. Se fossimo stati totalmente coerenti con l’impostazione del 2008, mantenendo una visione estremamente rigida e, probabilmente, ottusa della gestione aziendale, oggi avremmo sicuramente rischiato di non avere più quella sana e prudente gestione che è sempre il primo “comandamento” di una banca, mettendo a serio repentaglio il futuro della nostra azienda. È stato, dunque, il forte senso di responsabilità della governance nei confronti dei clienti e dei soci, che ci ha spinto a impostare ed effettuare le manovre correttive. Da un lato, come detto, la situazione economica esterna lo impone, ma, dall’altro, rimanere fermi alle condizioni precedenti avrebbe fatto perdere alla banca la sua vera identità e mission. Grinta, determinazione ma anche realismo e chiarezza d’intenti, sempre nel totale rispetto di soci e clienti, queste devono imprescindibilmente essere le parole d’ordine del nostro operare quotidiano nei mari agitati dell’economia di questo tumultuoso 2009.

L'editoriale del direttore della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate