Se nonostante tutto resta la voglia di fare impresa in Italia, va detto che le società che nascono sono per lo più cooperative o consortili. Sono state queste le forme giuridiche che hanno determinato, nel 2013, il saldo positivo di natalità imprenditoriale. Come interpretare questo dato del report di Movimprese, il sondaggio statistico di Unioncamere? Effetto della crisi, certo -è inutile nasconderselo-; in una congiuntura negativa, statisticamente, aumenta sempre il numero di cooperative. Ma l’affermazione di questo modo di intendere il fare impresa viene da più lontano. È nel corso di un decennio, dal 2001-2011, che la forma cooperativa traina più di altre l’occupazione, con un +8% contro una media nazionale in negativo (-1,2%) e, in particolare, un -2,3% nelle imprese. Sempre dal report Movimprese risalta il crollo delle ditte individuali e delle società di persone, specie nei settori edilizio e manifatturiero. Fine di un’epoca? Presto per dirlo, ma di certo è un segnale su cui è necessario riflettere. Far da sé è via sempre meno praticabile. Non lo diciamo soltanto noi, che siamo nati come società cooperativa per rispondere agli effetti di una crisi oltre centodieci anni fa; lo dicono le associazioni di categoria, ossia i rappresentanti delle imprese stesse. A questo argomento dedichiamo il pezzo di apertura del primo numero della Voce 2014 perché siamo convinti che non si possa più aspettare il momento buono per proclamare finita la crisi. Lo avevo scritto anni fa: da qui si ricomincia, nulla sarà più uguale a prima. Quindi nemmeno noi possiamo far finta di nulla e comportarci come se fosse passato un semplice temporale. Gli effetti della crisi non sono passeggeri; hanno modificato per sempre degli equilibri e dei punti di riferimento su cui siamo vissuti per anni. Non ci sono più e noi dobbiamo adattarci al nuovo stato di cose. Visto che fortunatamente non è passata la voglia di fare impresa, né si sono dissolte le capacità imprenditoriali, si tratta di cambiare il modo di operare. Quando si parla di rete, non si parla di una moda; si parla del modo di lavorare di chi ha superato la crisi. Si parla di collaborazione, di sistema, di fare ognuno la sua parte in uno scambio continuo di informazioni e competenze che accrescono il patrimonio di ognuno e che fanno la ricchezza di tutti. Noi della Bcc l’abbiamo detto in più occasioni: possiamo uscire dalla crisi soltanto se usciamo tutti insieme. Una buona parte delle 12mila imprese nate l’anno scorso dimostrano che stare insieme non è soltanto un modo di resistere alle difficoltà, ma anche di aprire una nuova pagina di storia economica.
L'editoriale del presidente del Consiglio di Amministrazione