Ci sono pensionati con la minima, famiglie senza un reddito sufficiente, separati o divorziati in difficoltà, persone che per vari motivi si ritrovano da sole e non riescono a cavarsela. La lista delle persone indigenti è lunga e la sensazione è che lo diventi ogni giorno di più. In realtà, si tratta più di una semplice impressione: la crisi economica, nonostante timidi segnali di ripresa, sembra non mollare la presa e a confermarlo sono non solo gli ultimi dati statistici, ma anche le realtà di volontariato che operano quotidianamente sul territorio per cercare di dare un po’ di sollievo e di aiuto a chi è in difficoltà. Che, sempre più spesso, significa aiutare non stranieri ma italiani che tendono la mano per cercare un aiuto, rivolgendosi alle mense dei poveri o alle associazioni di carità per le esigenze primarie, come cibo e vestiario. L’aumento della povertà è anzitutto una percezione, come testimoniano i dati di una recente indagine condotta da SWG nel novembre 2013. Tra le situazioni descritte “in forte aumento” nella propria zona, quella avvertita come maggiormente in crescita dal campione di 1.500 intervistati è proprio quella degli indigenti: il 33% nella nostra zona, il Nord Ovest, e al Centro; un po’ meno al Nord Est (31%) e di più al Sud (37%) e nelle isole (38%). Un dato che svetta rispetto ad altri fenomeni sociali, giudicati sempre in crescita, ma in modo minore: è il caso dell’emigrazione (+27% la percezione nel Nord Ovest), la violenza (+14% sempre considerando Lombardia, Piemonte, Liguria e Val d’Aosta), l’alcolismo (+15%) e l’uso di droga (11%). La realtà sembra andare di pari passo con quello che viene percepito. Lo conferma il Rapporto sui bilanci delle famiglie redatto a gennaio dalla Banca d’Italia, che ha quantificato un calo nel reddito familiare di circa il 7,3% tra il 2010 e il 2012. Banca d’Italia individua la soglia di povertà con un reddito di 7.678 euro netti l’anno (15.300 euro per una famiglia di 3 persone): un italiano su sei vive con meno di 640 euro al mese.


Ancora: metà delle famiglie vive con meno di 2.000 euro al mese. In particolare, solo la metà delle famiglie ha un reddito annuo superiore ai 24.590 euro (circa 2.000 euro al mese), mentre un 20% conta su un reddito addirittura inferiore ai 14.457 euro (1.200 euro al mese). Il 10% delle famiglie a più alto reddito, invece, percepisce più di 55.211 euro. Una situazione che la nostra Bcc conosce bene e “respira” ogni giorno: «Siamo una banca nata dal territorio e che vive con il territorio le sue attese e le sue speranze – afferma il presidente della nostra Bcc, Roberto Scazzosi -. Nel rispetto dei valori su cui si è stata costituita la banca 117 anni fa, siamo attenti alle situazioni di disagio, che oggi sono accentuate dalla difficile congiuntura economica degli ultimi anni. L’azione che svolgiamo quotidianamente non è solo di vicinanza, ma anche di supporto alle realtà che affrontano questo tipo di situazioni come la Caritas, le parrocchie e le associazioni di volontariato. Un tipo di intervento che tendiamo a stimolare anche con azioni educative, e non solo di puro sostegno, per manifestare la vicinanza del territorio alla famiglia e quindi alla persona». Il deterioramento del reddito delle famiglie italiane è confermato da chi, ogni giorno, è in prima linea confrontandosi con le situazioni di disagio: «Per molte famiglie il problema non è arrivare alla fine del mese, ma arrivare al 10», dice don Paolo Gessaga, dal 2012 parroco al Beato Cardinal Ferrari nel quartiere periferico di Mazzafame di Legnano, dove da novembre è stata attivata una nuova mensa serale. Un servizio che si affianca ad altri già presenti a Legnano, in particolare la Casa della carità, mensa dei poveri gestita dai frati della parrocchia Santa Teresa, pur avendo un taglio un po’ diverso. I frati, infatti, offrono un servizio più allargato con un’utenza variegata, mentre il Beato Cardinal Ferrari si rivolge soprattutto alle famiglie: «Possiamo ospitare fino a 30 persone e, in questi primi mesi di attività, la nostra struttura è stata frequentata da diversi nuclei, anche con bambini piccoli. Si tratta di famiglie residenti in zona o nei comuni vicini, come Castellanza, e il 40% degli ospiti è italiano. L’approccio avviene di solito con altre realtà caritative già presenti nella parrocchia, che segnalano le difficoltà – prosegue don Paolo -. Tra chi ha bisogno ci sono soprattutto persone che si sono ritrovate senza lavoro o che hanno dovuto fronteggiare delle spese impreviste. Ci sono anche famiglie che, pur avendo uno stipendio fisso, hanno un reddito inadeguato per tutte le spese che la vita quotidiana richiede, soprattutto con dei bambini, oppure separati che si sono ritrovati da soli con figli e senza nessun aiuto economico da parte dell’altro coniuge». Il progetto che il Beato Cardinal Ferrari sta portando avanti è realizzare una “Cena dell’amicizia”, creando un ambiente aperto e disponibile dove trovare un clima di serenità e fiducia. «Si tratta di un’iniziativa di solidarietà verso chi è più indigente, soprattutto famiglie, anche se siamo aperti a tutti – afferma ancora il parroco -. Gli ospiti sono più o meno gli stessi da quando abbiamo aperto a novembre, e ci proponiamo di cambiarli ogni tre mesi, dando così modo anche ad altri di partecipare: le persone in lista d’attesa non mancano». Il lavoro per la realizzazione della mensa è iniziato quasi un anno fa.
Gli spazi, una cucina e un salone, sono stati ristrutturati appositamente per lo scopo, prima la zona era utilizzata come chiosco per la distribuzione di bevande d’estate e banco di beneficenza. Parte dell’attrezzatura in cucina è stato concesso in comodato d’uso gratuito dal comune, e proviene dalla ex casa di riposo Accorsi, parte è stata comprata nuova. Molte realtà della zona contribuiscono quotidianamente dando del cibo da utilizzare per i pasti. «Inizialmente c’è stata un po’ di ritrosia a partecipare, alcuni non volevano venire perché erano conosciuti nella comunità e avevano timore -dice uno dei volontari, Ignazio Reitano-. Ora siamo riusciti a instaurare un bel clima e si è creato un gruppo affiatato anche tra le famiglie che da novembre frequentano la mensa serale». «Da parte delle famiglie c’è molta riconoscenza e sono grate per il servizio offerto», aggiunge il cuoco, Euprepio Rizzo, che nel menù quotidiano deve tenere conto anche delle particolari esigenze dei mussulmani, che non mangiano carne. Ma anche tra i volontari si è venuto a creare un bel gruppo, numeroso e affiatato. «Siamo ancora in un periodo di rodaggio per solidificare questa attività nella vita parrocchiale -aggiunge don Paolo-, che richiede l’impegno di una trentina di volontari, tra la cucina, spesa, pulizia e servizio. Ma va detto che in molti si sono fatti avanti per dare una mano». A confermare l’aumento di difficoltà e disagio sono anche gli Angeli Urbani (nella foto di apertura del servizio, la mensa), associazione di volontariato di Varese, nata 8 anni fa per assistere le persone in difficoltà, in particolare i senzatetto.
Da 3 anni, gli Angeli Urbani gestiscono anche un dormitorio, che si trova in una struttura comunale nell’ex chalet Martinelli di Piazza Trieste. «Quello che abbiamo riscontrato è che, nell’ultimo periodo, gli italiani hanno più coraggio nel chiedere e dimostrare il loro bisogno – spiega il presidente di Angeli Urbani, Walter Piazza -. Questo continuo parlare di crisi ha fatto capire a chi ha dei problemi che non è il solo a vivere un momento di difficoltà e quindi lo ha spinto a chiedere aiuto, mettendo da parte l’orgoglio. Di solito noi italiani facciamo fatica a farci aiutare e tendiamo a colpevolizzarci, mentre ultimamente le cose sono un po’ cambiate». Tutti i giorni, gli Angeli Urbani portano all’ora di pranzo pane e focacce a una cinquantina di persone, mentre il sabato distribuiscono abbigliamento e scarpe e aiutano nel trasporto di mobili. Poi c’è il dormitorio, aperto dagli Angeli dopo due episodi di senzatetto morti per il freddo: «Ospitiamo 11 persone che abbiamo tolto dalla strada, di cui 4 italiani – prosegue Piazza -. Di solito gli italiani arrivano da noi dopo problemi di separazione o litigi con la famiglia d’origine. Quando viene a mancare una rete di supporto, come quella familiare, di solito si lasciano andare, anche se non abbiamo riscontrato problemi di alcol o dipendenze, che sono invece più diffuse tra gli stranieri». Gli Angeli Urbani sono in tutto una ventina di volontari che si alternano in modo da garantire una presenza costante nell’arco delle 24 ore. «La situazione a Varese è sotto controllo – spiega Piazza -. Tre mesi fa siamo andati a fare un giro di perlustrazione con i giornalisti e abbiamo trovato solo 3 persone a dormire in strada: uno di questi è diventato nostro ospite. Solo 5 o 6 anni fa ne trovavamo almeno una decina. I problemi sono stati affrontati bene: il sindaco ci ha dato gli spazi e lavoriamo in sinergia anche con i Servizi sociali e con la Polizia locale»
PER APPROFONDIRE
La Caritas di Busto Garolfo
Famiglie quasi raddoppiate negli ultimi due anni: tutta colpa della mancanza di lavoro. L’analisi arriva dalla Caritas di Busto Garolfo da sempre attiva nel sostegno dei bisogni e nel dare risposte alle povertà, vecchie e nuove. Dallo sportello di piazza Lombardia passano quasi 500 persone, all’incirca 150 nuclei familiari. «Per la maggior parte sono stranieri, ma non mancano gli italiani», afferma don Ambrogio Colombo, parroco di Busto Garolfo e presidente della Caritas locale. «Parliamo di persone per la maggior parte in età lavorativa, con figli, che arrivano a chiedere aiuto spinte dalla perdita del lavoro o da un impiego che non permette loro di arrivare a fine mese». Solamente nel corso del 2013 le nuove famiglie che si sono rivolte alla Caritas sono state una quarantina, «parliamo di persone che si sono trovate ad affrontare situazioni di emergenza dove magari il padre o la madre sono rimasti senza un impiego e dove per loro è diventato particolarmente difficile anche andare a fare la spesa», continua don Ambrogio. Tra gli italiani «c’è una certa resistenza nel chiedere aiuto. È però possibile intercettare anche queste situazioni grazie ad una rete di relazioni molto discreta». Sul fronte degli stranieri, alcune situazioni sono ormai consolidate. «Le situazioni nuove non dipendono dai fenomeni di nuova immigrazione, quanto di migrazione, ovvero famiglie che si spostano da un comune all’altro e qui vanno a bussare per chiedere un aiuto», prosegue il parroco. La Caritas di Busto Garolfo offre un sostegno di prima emergenza. Infatti solamente l’anno scorso ha ricevuto dal Banco Alimentare – con il quale collabora per la giornata della Colletta alimentare – e ridistribuito oltre 11 tonnellate e mezzo di alimenti. «Una volta all’anno organizziamo una colletta alimentare in collaborazione con i Servizi sociali del Comune per riuscire a rispondere in modo puntuale ai diversi bisogni che ci vengono sottoposti. Inoltre partecipiamo anche al Banco Farmaceutico con la distribuzione dei farmaci da banco». Le povertà hanno necessità di risposte. E le risposte arrivano dal territorio. «La Caritas da sola non può fare molto: è importante che ci sia una rete fatta di istituzioni, enti, associazioni e volontari per creare un reale sostegno ai bisogni che sono sempre di più».
Contro gli sprechi il Banco Alimentare a Legnano
Oltre 250 tonnellate di alimenti distribuiti nell’ultimo anno a circa 4mila persone. Supera gli 800mila euro il controvalore dell’attività del Banco Alimentare nel Legnanese. E solamente in occasione dell’ultima giornata della Colletta alimentare, che si è svolta lo scorso 30 novembre e che è stata presentata nella filiale di Legnano della nostra Bcc, sono state raccolte quasi 45 tonnellate di alimenti nei 40 supermercati della zona che hanno aderito all’iniziativa; un risultato frutto della generosità delle famiglie, ma anche dell’intensa attività svolta dagli oltre 1.100 volontari coinvolti. Sono numeri importanti; numeri che testimoniano il bisogno che un territorio come il Legnanese ha. «Non c’è solamente un bisogno a cui rispondere, ma anche un cammino di tipo educativo che cerchiamo di trasmettere sia per quanto riguarda la lotta allo spreco, sia per diffondere la solidarietà. In questo abbiamo trovato nella Bcc un compagno di strada -afferma Ivo Paiusco, responsabile del Banco Alimentare legnanese-. Se guardiamo ai dati nazionali elaborati dal Politecnico di Milano ogni anno ci sono 5,5 milioni di tonnellate di sprechi alimentari; di questi viene recuperato solo il 6,4 per cento». Sul fronte del recupero, legato al Banco Alimentare c’è il progetto Siticibo che dal 2009 sul Legnanese per 365 giorni all’anno si occupa del recupero di alimenti che altrimenti andrebbero sprecati. Grazie ad accordi con le mense delle scuole e di alcune importanti aziende del territorio, nel corso dell’anno scolastico 2012/13 il programma ha raccolto circa 1.500 kg di prodotti cosiddetti “secchi” dalle mense delle scuole di Legnano (frutta e pane) e 7.007 porzioni (1,05 tonnellate) di pasti completi dalle mense delle aziende. Il cibo ritirato viene conservato secondo norme precise e portato alle mense dei poveri che si trovano in città.
La Caritas di Biumo Inferiore

La vicinanza alla stazione ferroviaria e al centro cittadino ne fanno una Caritas di frontiera. Il centro di ascolto della parrocchia SS. Pietro e Paolo di Biumo Inferiore a Varese è oggi un punto di riferimento per una sessantina di famiglie. «Vediamo il passaggio di molte persone, delle più diverse: dal clochard al disoccupato, da chi ha alle spalle una separazione familiare all’ex carcerato», premette il parroco di Biumo Inferiore, don Carlo Garavaglia. «È una realtà molto composita quella che si rivolge al nostro sportello, indice di un disagio variegato che sta interessando la società di oggi. Cerchiamo di dare delle risposte a quello che vediamo, ma sappiamo che c’è molto altro». Sono sempre più gli stranieri che bussano alla porta della Caritas varesina, ma gli italiani non mancano. «Occorre tenere in considerazione il fatto che negli italiani esiste un fattore vergogna; così cerchiamo di dare alcune risposte attraverso una rete di rapporti più discreti». Ed è la rete l’elemento distintivo, soprattutto davanti al bisogno. Servizi sociali del Comune, mensa, banco alimentare, Caritas decanale, doposcuola e iniziative per gli anziani: una cordata di solidarietà «nell’intento di dare delle risposte», aggiunge il parroco. «Davanti a situazioni che si stanno moltiplicando, il lavoro in rete è necessario. Il nostro sportello rappresenta molte volte il primo contatto: qui la persona viene ascoltata, supportata e indirizzata verso quelle realtà del territorio che meglio possono rispondere alle sue esigenze». Ma al di là delle esigenze materiali – per le quali c’è sempre richiesta – sta emergendo una nuova forma di povertà, più intima. «È la solitudine – precisa don Carlo -. Come Caritas ci mettiamo innanzitutto al fianco della persona, senza la pretesa di risolvere tutti i problemi, ma con il preciso intento di non farla sentire sola. Del resto, sono sempre più i casi di mamme e papà separati che si rivolgono a noi. In difficoltà con il lavoro, spesso non riescono a pagare le bollette o l’affitto e non riescono più ad alzare la testa. La solitudine è la conseguenza di un malessere generale che porta la persona a non guardare al di là della propria situazione». Cosa fare? «Occorre lavorare sulla persona stessa; restituirle la forza e il coraggio di andare avanti. E nel contempo darle anche gli strumenti necessari affinché, alzando lo sguardo, possa vedere una prospettiva».