Rivedere la spesa non è tagliare. Almeno non in Bcc. Perché è questo il senso originario della spending review: analizzare più il come che il quanto della spesa. Quindi non tagliare prestazioni e servizi, ma erogarli con la massima efficacia possibile. “Che poi questo porti dei risparmi significa che la razionalizzazione cui stiamo sottoponendo i nostri processi produca benefici anche nei conti e che è questa la strada giusta da percorrere –nota Alberto Pastori, responsabile area Organizzazione e Sistemi –, ma l’obiettivo primo resta il buon funzionamento della macchina aziendale”. Una revisione fortemente voluta dal CdA della banca, tanto da figurare nel piano strategico triennale, ma non calata dall’alto, perché il processo non è mai imposto: “il metodo seguito è quello del dialogo, sia con gli interlocutori esterni sia con gli interni, ossia i fornitori e il personale della Bcc, è quello del confronto, perché il risultato deve essere vantaggioso per tutti –prosegue Pastori. Ci siamo accorti che dialogando una soluzione si trova sempre; spesso questa è latente, non è così complessa da immaginare, perché scaturisce dall’incrocio di esigenze di chi lavora insieme da tempo su uno stesso obiettivo e ne conosce tutte le implicazioni”. Che poi, per le banche, la spending review faccia rima con licenziamenti e chiusura delle filiali è affare che vede emergere, ancora una volta, la diversità del caso Bcc. La chiusura delle filiali di Castano Primo e Buscate, infatti, non ha portato alcun esubero di personale; “chi seguiva i clienti che si rivolgevano a quegli sportelli continua a occuparsene –precisa il presidente Roberto Scazzosi– senza intaccare di una sola unità la struttura organizzativa e senza pregiudicare il servizio offerto”. La chiusura dei due sportelli ha una ragione semplice: i risultati attesi, dopo qualche anno di attività, non sono arrivati e mantenerli aperti avrebbe comportato, anche alla luce di un’economia che non accenna a risollevarsi, ulteriori spese senza una prospettiva di inversione di rotta, almeno a breve. E un’impresa, qualsiasi impresa, anche e soprattutto una realtà cooperativa come quella della Bcc, in cui i proprietari sono i soci e in cui gli amministratori devono rispondere loro sull’impiego delle risorse, non può sottrarsi a questa logica, proprio nell’interesse stesso del bene azienda. “Abbiamo operato questa scelta tenendo bene in mente le indicazioni di Banca d’Italia -prosegue Scazzosi-; le voci “sofferenti” nell’attività devono essere tagliate. E questo non è un tentativo di parare il colpo o di giocare in difesa; è piuttosto la strategia che ci permetterà di essere pronti a ripartire all’attacco quando le condizioni economiche generali torneranno al bello. In questo senso far quadrare i conti è condizione essenziale per continuare a stare a fianco del territorio”. Va detto che la Bcc da anni è attiva nella spending review, ben prima che l’espressione entrasse nel vocabolario della quotidianità, e che questa messa a punto della macchina aziendale per migliorarne l’efficienza sta portando, in termini di soli risparmi, un beneficio annuo che si aggira intorno ai 500mila euro. «Sono quattro le direttrici della nostra revisione –prosegue Pastori– e toccano rispettivamente i contratti, i processi interni, la digitalizzazione e fatture sui servizi a consumo». La Bcc sta rivedendo tutti i contratti in essere in un’ottica di progettualità, quindi con una forte attenzione a massimizzare i margini di servizio. Esemplificando, alla scadenza di un contratto per la manutenzione dei propri strumenti di lavoro, la Bcc va a individuare prodotti più evoluti che assommano le funzioni prima svolte da macchine diverse con il risultato di avere prestazioni migliori, un solo referente per la manutenzione e di spuntare condizioni migliori allungando i termini contrattuali. Seconda voce è la revisione dei processi interni, “per cui lavoriamo con un occhio a quanto accade internamente alla banca e con uno alla clientela –precisa Pastori–. Naturalmente ci avvaliamo di un consulente informatico per tradurre le necessità in soluzioni vantaggiose per tutti. Sul fronte interno analizziamo il processo di lavoro per individuare supporti informatici che migliorino gli standard; verso la clientela siamo indirizzati a incentivare l’automatizzazione delle funzioni a basso valore aggiunto, come quelle tipicamente più meccaniche, come quelle di prelievo e deposito. L’obiettivo è che clientela e soci vengano in banca per i servizi più qualificati, come quelli di consulenza, dove entra in gioco la professionalità del nostro personale e dove il fattore umano si rende necessario per fare veramente la differenza”. Terzo punto è la digitalizzazione degli archivi, ossia la trasformazione in file elettronici dei documenti cartacei. Chiari i vantaggi da entrambi i lati dello sportello: la banca con la digitalizzazione non dovrà più sobbarcarsi l’onere dell’archiviazione fisica dei documenti; l’utente potrà sempre disporre sul proprio portale del file stesso senza doverne più fare richiesta. Questa evoluzione del processo di archiviazione si lega alla digitalizzazione della firma, ossia niente più moduli prestampati da siglare, ma nome e cognome digitati sul tablet della banca. Questa modalità potrà essere utilizzata dopo che tutti i passi normativi saranno stati compiuti. Quarto e ultimo capitolo della spending review è il controllo delle fatture sui servizi a consumo, ossia l’incrocio preciso di note di credito e pagamenti. La verifica complessiva di questo lavoro di revisione avviene analizzando il centro costi, ossia la corrispondenza fra investimento effettuato e risultati attesi. “Ecco la dimostrazione che la spending review non è esclusivamente un affare contabile –conclude Pastori–, ma considera i risultati di ogni investimento. La redditività di ogni investimento, infatti, si misura sempre dal livello della prestazione e mai assumendo in termini assoluti il costo. Ad esempio il Crm (Customer relationship manager), introdotto da qualche anno e con crescente successo, è un eccellente misuratore del raggiungimento degli obiettivi e ha contribuito in modo decisivo a modificare in chiave proattiva l’attitudine di tanti colleghi nei confronti della clientela”. Spending review, insomma, contrariamente a quello che d’acchito si potrebbe credere, non è cura dimagrante o cinghia tirata al limite della sopportabilità; è, al contrario, una pratica che punta a ottimizzare ogni sforzo compiuto alla ricerca del massimo risultato senza che il fisico ne abbia a risentire. Che poi la razionalizzazione di molte procedure di lavoro evidenzi la possibilità di diminuire i costi è segno che ogni realtà organizzata potrà ricavare dei benefici guardando in se stessa e nei meccanismi che la regolano. Sia essa una grande società, uno Stato o una banca cooperativa attiva nella dimensione locale e che nella dimensione locale vuole fare sempre meglio la propria parte.
Esuberi, ecco tutti i numeri del sistema banche
C’era una volta il posto sicuro. C’era, almeno in banca, sino a pochi anni fa. Poi è venuta meno anche una certezza che, per qualche generazione, era parsa inattaccabile. Invece, un taglio è stato dato anche a lei. E se non è sicuro nemmeno il numero di esuberi nel settore creditizio è solo perché questo è in costante aggiornamento, perché le stime (37mila posti a inizio 2013) devono fare i conti, a ogni verifica, con un’economia che non riparte e due fattori strutturali; la progressiva diffusione dell’on line e l’allungamento della vita lavorativa fissato dalla Riforma Fornero. E quindi vai di scure sugli sportelli che nel decennio precedente erano crescuti alla velocità del Pil cinese e sul personale che lavora nel momento più complesso e indecifrabile che l’economia mondiale abbia mai conosciuto. Globale la crisi, globali le ricadute, perché la cura dimagrante non tocca soltanto alle banche che battono bandiera tricolore, ma anche agli istituti che avevano visto nel salvadanaio italiano una fonte di business. Ne sono prova la ritirata della britannica Barclays, che per risparmiare 1,7 miliardi di sterline taglierà 3700 persone nel mondo. In Italia è stato annunciato il taglio di 60 posti di lavoro dalla spagnola Bbva, 30 dalla Deutsche Bank, 26 dal gruppo olandese Ing, che fra Olanda e Belgio ha annunciato esuberi per 2.400 persone, portando i licenziamenti totali degli ultimi 15 mesi a 7.500 unità. Venendo agli istituti italiani, mesi prima dello scoppio del caso, Mps aveva annunciato ben 4.600 esuberi, Unicredit chiuderà entro il 2015 350 filiali e dovrà gestire 1.800 esuberi, Intesa Sanpaolo ha traslato gli obiettivi di impresa dal 2013 al 2015: nessun licenziamento ma riduzioni d’orario, retribuzioni al 60% per i giorni non lavorati ed estensione degli orari di sportello. Per Ubi Banca 650 esuberi e ricorso alla riduzione degli straordinari, revisione dei criteri di funzione dei congedi e forme di flessibilità e di riduzione/sospensione dell’orario di lavoro.
Spending Review
Si dice spending review, si intende taglio dei costi della macchina statale per migliorare efficienza ed efficacia della gestione della spesa pubblica. Analizza e valuta le strutture organizzative, le procedure di decisione e attuazione, i singoli atti nei programmi e i risultati. Passa in rassegna i capitoli di spesa per scoprire cosa può essere tagliato, sprechi o inefficienze. Principio dell’operazione è identificare le spese che non contribuiscono a raggiungere gli obiettivi delle diverse amministrazioni o li raggiungono in modo inefficiente, a fronte di spese più alte del necessario. In Italia l’operazione vide la luce nel 2006 con Padoa Schioppa: è stato avviato in via sperimentale dalla Finanziaria per il 2007 e trasformato in programma permanente nella Finanziaria per il 2008.