Il laboratorio è appena iniziato. Ci dovrà portare a realizzare, nel 2011, il Congresso nazionale che segnerà un balzo in avanti; che sarà tanto più rapido e deciso quanto più lo avremo preparato e condiviso insieme ». Alessandro Azzi, presidente della Federazione Lombarda delle Bcc, ha chiuso con queste parole la convention della Fedlo che si è svolta a Praga il 15 e 16 ottobre scorsi. Parole che ben delineano il work in progress che attende non solo la Federazione, ma tutto il movimento del Credito Cooperativo italiano. “Bcc Lab: costruiamo insieme il futuro” non poteva essere titolo migliore per sintetizzare i tanti argomenti che sono emersi nella due giorni di convention. Il movimento lombardo delle Bcc, così come l’intero sistema nazionale, si trova a una svolta. Una svolta epocale che riguarda sia il modello di fare banca delle singole Bcc sia l’intero sistema. Ma andiamo con ordine perché nei due giorni in Repubblica Ceca si è parlato sì di futuro, ma è stato tracciato anche lo stato di salute delle Bcc della Lombardia. Lo stato di salute. Le 46 Bcc lombarde hanno chiuso il primo semestre del 2010 con un +6,2% annuo sul fronte degli impieghi che hanno raggiunto quota 25,9 miliardi di euro, e un +4% nella raccolta diretta che si è assestata a 29,4 miliardi di euro. Il numero di sportelli è aumentato del 3,3%, passando dai 751 del giugno 2009 ai 784 del giugno 2010. La compagine sociale ha avuto un netto scatto in avanti aumentando del 5,1%; oggi, le Bcc della Lombardia contano 157.647 Soci contro i 150.012 del giugno 2009, mentre il patrimonio si è assestato sui 4 miliardi di euro contro i 3,9 del 2009 (+3,5%). Numeri che, a una lettura non approfondita, possono apparire immediatamente confortanti. Ma è stato Flavio Motta, rappresentante del comitato dei direttori, a correggere il tiro e ad aprire immediatamente le prime parentesi sul laboratorio: «Se non teniamo conto della redditività dei titoli -ha detto Motta- sono 20 su 46 le nostre banche che hanno chiuso il primo semestre 2010 in perdita». Ma non solo finanza versus economia reale: «C’è anche il problema sempre più rilevante delle dimensioni -ha continuato Motta- una soglia minima è indispensabile e per raggiungerla non ci sono molte strade: fusioni, gruppi paritetici o una forte sinergia funzionale con la Federazione». Poi la stoccata: «Dobbiamo avere il coraggio di dircelo chiaramente: meglio chiudere le filiali dove non si intravede la possibilità di un equilibrio economico». Il laboratorio. La Fedlo è arrivata alla sua annuale convention con un bagaglio differente dagli anni scorsi. La relazione di Filippo Spina, direttore generale della Federazione, si è agganciata alle parole di Motta per rilanciare «l’importanza di un’economia sostenibile, sia nella gestione del credito sia nella governance». Temi caldi, dettati sia dalle nuove normative in arrivo da Bruxelles (Basilea 3) sia dal sovradimensionamento del
movimento che ha portato due Casse Rurali a essere commissariate da Banca d’Italia nel 2010: «Non possiamo non considerare la difficoltà di molti sportelli nuovi che hanno faticato nel raggiungere il break even in tempi sufficientemente rapidi. Le priorità sono da ricercarsi nel rafforzamento della redditività, adeguatezza patrimoniale, governo del rischio efficace e integrato, scelta delle persone nella prospettiva del ricambio generazionale e dell’allargamento degli spazi di partecipazione e maggiore coesione del sistema». Parole che sembrano arrivare dritte da Busto Garolfo e Buguggiate dove, ormai da due anni, la filosofia della nostra Bcc ha intrapreso questa direzione. Ma non solo; il direttore generale ha aperto un altro fronte sul quale il laboratorio si troverà a fare i conti: quello dell’autonomia: «Di fronte a casi di Bcc in difficoltà chiediamoci se il principio dell’autonomia delle singole Bcc sia ancora oggi un principio assoluto e senza limiti. O se, piuttosto, dobbiamo iniziare a parlare di autonomia responsabile o comunque vincolata al criterio di base di non creare gravi danni al sistema, non solo d’immagine».
Parole che saranno riprese con maggiore forza dal presidente Azzi nella sua relazione che, in vista degli stati generali del prossimo anno, ha messo sul piatto del laboratorio proprio l’autonomia delle singole Bcc e un ipotetico -per ora- gancio alle Federazioni regionali. Banca d’Italia. La prima giornata di lavori ha visto la partecipazione di Salvatore Messina, direttore della sede milanese di Banca d’Italia. Messina ha fatto il suo, partendo proprio dai casi delle Bcc di Offanengo e Mantovabanca, commissariate da palazzo Koch, per sottolineare gli aspetti di vulnerabilità del Credito Cooperativo e rilanciare il ruolo della Federazione: «Il modello per il futuro delle Banche di Credito Cooperativo non potrà prescindere dal perseguimento del difficile equilibrio tra gestione sana e prudente, efficienza, crescita dimensionale e servizio al territorio. Un’efficace risposta deve basarsi sulla solidità patrimoniale e sul presidio dei rischi, sugli equilibri degli assetti di governo e sulla corretta applicazione delle norme, sul recupero di efficienza e sul supporto della Federazione». Ma non solo richiami e raccomandazioni. Facendo sue le parole del governatore Mario Draghi, Messina ha elogiato il sistema Bcc perché è stato capace di «mantenere e valorizzare il rapporto con l’economia», ma soprattutto perché «le grandi banche si giudicano da come organizzano l’attività sul territorio» laddove sono capaci di valutare la clientela sulla base di «conoscenze accumulate nel corso di anni, ben più accurate di quelle desumibili da modelli quantitativi; significa -ha concluso- saper discernere l’impresa meritevole anche quando i dati non sono a suo favore; significa saper fare il banchiere».
Il futuro. «Condividiamo la necessità di un nuovo quadro di regole, ma non si può non considerare che alcuni comportamenti di alcune banche sono stati all’origine della crisi. Sarebbe pertanto paradossale che il rigore garantito dalle nuove norme vada a penalizzare proprio quegli intermediari che non hanno causato la crisi, ma ne hanno subito pesantemente gli effetti». Si apre così la relazione di Alessandro Azzi, presidente della Federazione lombarda delle Bcc e numero due di Abi (Associazione banche italiane) che, prima di entrare nel merito del “laboratorio”, ha voluto tracciare un quadro piuttosto dettagliato sul futuro normativo che attende il movimento cooperativo. «L’impianto della nuova direttiva presentata il 12 luglio dalla Commissione europea prevede novità di grande impatto tra le quali spicca la dotazione di un fondo pari all’1,5% dei depositi che, per il movimento delle Bcc, sarebbe di 1,2 miliardi di euro. Per questo ci stiamo muovendo sul triplice fronte “governo italiano-associazione europea delle Bcc-associazione europea dei fondi di garanzia”. Ma dobbiamo anche riuscire a muoverci in anticipo costituendo un fondo di garanzia che sia in grado di prevenire gli effetti di queste nuove norme e scongiurare interventi dall’alto che intacchino l’autonomia del Credito Cooperativo». In vista degli Stati generali del 2011, Azzi ha messo sul piatto una serie di proposte che saranno discusse in questi mesi per arrivare, come ha precisato, «a una serie di progetti condivisi». Su tutti, una nuova concezione del modello di crescita del sistema Bcc: «Dobbiamo ridiscutere il nostro modello di crescita che, fino a oggi, è stato orizzontale e ragionare sul modo di realizzare una crescita verticale, in profondità, soprattutto nelle aree di nuova espansione. Le Bcc corrono dei rischi se si allontanano dal proprio territorio, inteso come confine geografico e metaforico e se dimentichiamo o sviliamo la nostra identità. Non tornerà l’era della crescita a doppia cifra, perciò dobbiamo attrezzarci, rivolgendoci a fasce di clientela e proponendo famiglie di prodotti, che non significa concentrazione tra le Federazioni regionali, ma mettere assieme prodotti e servizi offerti dalle singole Federazioni, anche in una logica di riduzione dei costi». In pratica, prodotti condivisi dalle singole Bcc su impulso della Federazione, allargamento della base sociale aprendo anche alle cooperative, politiche di espansione più severe e coordinate. Gli Stati generali saranno il banco di prova per queste innovazioni in un sistema che è stato capace di reggere alla crisi, ma che si trova a dover affrontare il post-crisi. I commenti. «I lavori di Praga hanno dimostrato quanto la nostra Bcc abbia da tempo intrapreso strade che, oggi, sono quasi obbligate per l’intero sistema -commenta il nostro presidente Roberto Scazzosi-. Fin dal 1999, anno della fusione, passando per i ricambi generazionali che hanno interessato il nostro management fino all’adesione e la collaborazione con Confcooperative Varese. Aspetti che da un lato ci dicono che abbiamo visto giusto e che il nostro modello di fare banca può, e forse deve, essere imitato per una migliore qualità territoriale del sistema Bcc». Per il consigliere di amministrazione Graziano Porta, alla sua prima convention della Federazione, il meeting «è stato tanto bello quanto proficuo e interessante. Sono affiorati moltissimi spunti sui quali non avrei disdegnato più tempo a disposizione per un maggiore dibattito, ma il tempo, come si dice, è quello che è. Ho molto apprezzato, oltre alle relazioni dei singoli relatori in generale e la lectio magistralis del professor Sapelli su “cooperare è donare”, anche le tavole rotonde, in cui ho notato tanta vivacità ed entusiasmo contagiosi. In molti casi, come durante il dibattito tra mondo cattolico, artigiani e sistema Bcc, sono emerse visioni parallele che si sovrappongono nella volontà comune di fare del bene per i propri territori di riferimento. E questo mi pare un segnale positivo per lavorare in futuro». Più attento alla questione manageriale il commento di un altro consigliere della nostra Bcc, Andrea Rinaldi: «Dagli atti del convegno emerge chiaramente che il cammino intrapreso dalla nostra Banca è stato sia lungimirante sia in linea con il futuro delineato dalla Federazione.
Ringiovanimento della governance e aumento delle quote rosa. Oggi, il sistema lombardo delle Bcc ha una percentuale di donne nel management bancario che corrisponde al 40%. Un dato che, paragonato alla media nazionale, è molto elevato e che dimostra appieno la filosofia sociale del Credito Cooperativo». «Se da un lato -è il commento del nostro direttore generale Luca Barni-, riguardo ai flussi e alla composizione della redditività, il convegno ci ha dato conforto circa le scelte aziendali fatte nell’ultimo biennio e Banca d’Italia ci ha rassicurato sul futuro del medio periodo perché gli elementi strutturali che lo garantiranno sono già stati approntati nella nostra struttura, dall’altro è emerso chiaramente che non è questo il momento di fermarsi e di attendere, anzi: i dati positivi che sono stati illustrati rappresentano un incoraggiamento molto limpido dell’attività che ci aspetta nella riorganizzazione della nostra Banca».