Il nostro è un Natale di solidarietà con il sostegno alle mense dei poveri

Roberto Scazzosi: «per dare risposte concrete alle famiglie in difficoltà e a chi vive nella povertà assoluta serve il supporto continuo di tutti. È confortante vedere che cresce la disponibilità delle nostre comunità, come ha dimostrato la giornata nazionale della colletta alimentare»

Come è ormai tradizione, la nostra Bcc celebra il Natale all’insegna della solidarietà e torna anche per il 2023 il dono dei pasti caldi alle cosiddette “mense dei poveri”, con il sostegno a quattro delle molte realtà del territorio che operano quotidianamente a fianco degli ultimi e che fanno fronte a un bisogno esponenzialmente in crescita. Come negli scorsi anni, la nostra banca scende a fianco dell’associazione Il Pane di Sant’Antonio di Varese, della mensa dei poveri di via Bernardino Luini sempre a Varese, della Casa della Carità di Legnano che opera nell’ambito della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù e della Mensa del Padre Nostro di Castellanza. Una collaborazione storica, dunque, con realtà che vanno ben oltre il “solo” servizio mensa, arrivando a sostenere le famiglie in difficoltà anche con altri interventi, come il servizio doccia, la distribuzione di indumenti, lo sportello farmaceutico e l’emporio solidale. Sono associazioni che riescono a garantire i servizi grazie ad una nutrita schiera di volontari e, soprattutto, grazie alle donazioni che durante tutto l’anno arrivano da aziende, enti, associazioni e privati.
Ma quello che si fa non è mai abbastanza, perché quello che fino a una decina di anni fa sembrava un dramma solo di altre parti del mondo, si è via via ingigantito, dando vita a un esercito silenzioso e costantemente in crescita di famiglie e persone che cercano di sopravvivere, tra dignità e vergogna, con l’aiuto delle mense dei poveri e delle organizzazioni caritative. Stando ai dati diffusi ad ottobre scorso, che certificano la situazione del 2022, infatti, cresce la povertà assoluta: una condizione che oggi coinvolge poco più di 2,18 milioni di famiglie, cioè l’8,3% del totale, in crescita rispetto al 7,7% registrato nel 2021, e oltre 5,6 milioni di individui, e anche in questo caso si tratta di un numero in crescita rispetto all’anno precedente, per l’esattezza del 6,6%. O, almeno, così è stando alle analisi dell’Istat, mentre la Caritas italiana nel suo rapporto 2023 indica che sono 14 milioni e 304 mila le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale.
«Il peggioramento della situazione, dopo gli anni della pandemia e dei rincari dei costi energetici, è in larga parte imputabile alla forte accelerazione dell’inflazione, il cui impatto è risultato particolarmente elevato per le famiglie meno abbienti», spiega il nostro presidente, Roberto Scazzosi. In effetti le spese per i consumi di questa fascia di popolazione, che include anche le famiglie in povertà assoluta, non hanno tenuto il passo dell’inflazione, determinando un calo in termini reali della loro spesa equivalente del -2,5%.
«La situazione di difficoltà mette a rischio i bisogni primari delle famiglie e la ricerca di un pasto caldo o di qualcosa da mettere in tavola diventa una necessità sempre più impellente per un gran numero di persone -riprende Scazzosi-. L’opera dei tanti volontari che si impegnano a dare una risposta a questa esigenza è davvero lodevole, ma necessita del supporto continuo di tutti. Ed è confortante vedere che di anno in anno cresce la disponibilità delle nostre comunità, come è stato in occasione della recente giornata nazionale della colletta alimentare, che ha visto le nostre due province guidare la classifica della raccolta in Lombardia, con tantissime famiglie che, con grande generosità, hanno scelto di fare un gesto concreto a favore di chi ne ha più bisogno».
I dati di raccolta nelle province lombarde di sabato 18 novembre, giornata dedicata alla colletta alimentare, li pubblichiamo nell’infografica sotto; venendo ai nostri territori, va detto che delle oltre 597 tonnellate donate in provincia di Milano, 12,3 sono state raccolte nella città di Legnano, 5 a Rescaldina, 4,1 a Parabiago, 2,8 a Canegrate, 2,2 a San Vittore Olona, 1,4 a Nerviano e una a Dairago. 590 i chilogrammi di prodotti a lunga conservazione raccolti a Busto Garolfo, 575 a Cerro Maggiore, 465 a Villa Cortese e 279 a San Giorgio su Legnano. Delle 201 tonnellate raccolte in provincia di Varese, 102 sono arrivate dai comuni della zona nord, le restanti dal basso Varesotto, dove guidano la classifica della solidarietà le comunità del gallaratese, nei cui comuni (Gallarate, Albizzate, Arsago, Besnate, Cairate, Cardano, Cassano, Cavaria, Jerago, Oggiona e Somma Lombardo) sono state donate 33 tonnellate.
I prodotti donati, tra quelli più difficili da reperire come eccedenze, in queste settimane sono stati distribuiti da Banco Alimentare Lombardia ad oltre 1.100 organizzazioni partner territoriali convenzionate (mense per i poveri, case-famiglia, comunità per i minori, centri d’ascolto, unità di strada, e così via) che sostengono più di 200mila persone nella nostra regione. Per la cronaca, diamo conto del fatto che la raccolta complessiva in Italia è stata di 7.350 tonnellate, avvenuta grazie all’impegno di oltre 140mila volontari presso 11.800 supermercati.
«Lo straordinario risultato di raccolta e partecipazione della 27° edizione della Giornata Nazionale della Colletta Alimentare -ha detto Dario Boggio Marzet, presidente di Banco Alimentare della Lombardia- è segno della presenza nel cuore di ognuno di noi del desiderio d’incontro tra le persone e di condivisione del bisogno. Siamo grati a tutte le persone che hanno aderito all’iniziativa facendo una spesa per chi è povero, a chi ha fornito mezzi e servizi, e ai volontari che hanno donato il loro impegno, il loro tempo e soprattutto tanto cuore per la riuscita di questa giornata; è per noi una gioia ed un dono vivere insieme questo grande momento di carità».

CONTRASTARE I PAVIMENTI APPICCICOSI

Quante probabilità esistono per i minori cresciuti in un contesto di povertà di accedere, una volta adulti, a una vita agiata? È questa la domanda a cui ha cercato di dare una risposta la Caritas lombarda con l’indagine «Pavimenti appiccicosi. La povertà intergenerazionale in Lombardia» che si basa sull’analisi di dati ed esperienze riguardanti 1.700 beneficiari dei centri Caritas delle 10 diocesi lombarde. Il confronto tra la condizione degli assistiti lombardi e quella delle loro famiglie di origine ha permesso di misurare il grado di mobilità intergenerazionale delle persone in stato di povertà, con particolare riguardo a tre dimensioni specifiche: istruzione, occupazione, condizione economica.
Riguardo all’istruzione, i genitori si collocano su livelli formativi molto bassi: tra le madri prevale la licenza elementare (46%), tra i padri la licenza media inferiore (37,3%). Significativa anche la presenza di persone senza titolo di studio (6,1% tra le madri e 4,6% tra i padri) o l’incidenza di chi risulta analfabeta (4,6% tra le madri, 1,2% tra i padri). Bassa la percentuale di laureati e diplomati: il 9% dei padri e il 3,9% delle madri hanno conseguito il diploma di media superiore; tra le madri non figurano laureate, solo il 3,9% tra i padri. Nel passaggio tra generazioni, non si registra una grande mobilità ascendente. Tra i figli lombardi prevale la licenza media inferiore, come tra i genitori, anche se con percentuali doppie (65,2%, contro il 37,3% del padre e il 31,7% della madre). Addirittura, c’è una mobilità discendente rispetto al grado di studio più elevato: solo il 2% dei figli è laureato (i padri sono il 3,9%).
Riguardo al lavoro, i beneficiari Caritas si collocano per lo più nel gruppo delle occupazioni non qualificate (44,7%) e a seguire nel gruppo delle professioni qualificate delle attività commerciali e servizi (25,2%). Dal confronto con le occupazioni dei padri, emerge che il 45,9% dei figli si sono collocati su posizioni occupazionali più qualificate rispetto ai padri, il 19,4% è rimasto allo stesso livello e più di un terzo ha peggiorato la posizione (34,8%).
Sul versante della condizione economica, il 63% ritiene di essersi impoveriti rispetto alla famiglia di origine, il 21,3% di vivere in continuità con lo standard dei propri genitori, solo il 15,8% pensa di avere migliorato le proprie possibilità economiche. Una ripartizione analoga a quella nazionale, ma la percezione di impoverimento tra i lombardi è maggiore rispetto al dato italiano (63% contro il 55,3%) e peggiore è quella di miglioramento (Lombardia 15,8%, Italia 19,8%).
I casi di povertà ereditaria pesano quindi per il 59,3%: quasi sei persone su dieci, insomma, risultano vivere una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine, mentre i poveri “di prima generazione” sono il 40,7%. Tali dati dimostrano, quindi, l’esistenza di una condizione di trasmissione intergenerazionale delle fragilità, che richiama i cosiddetti sticky grounds, i “pavimenti appiccicosi” della letteratura sociologica. Il rapporto sottolinea che per spezzare la catena della povertà intergenerazionale i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall’inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità.

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