Soltanto riducendo le diseguaglianze si costruisce una società “completa”

Lavorare tutti assieme per il bene comune e riportare l’educazione civica al centro del cammino formativo delle giovani generazioni: sono questi i messaggi chiave che arrivano dalla quinta edizione del Festival nazionale dell’economia civile organizzato da Federcasse, NeXt, SEC e Confcooperative

«Oggi si avverte un urgente bisogno di un’economia nuova e “illuminata”, per affrontare il cambiamento d’epoca e le temibili sfide che abbiamo di fronte. In particolare, quella della povertà cioè delle diseguaglianze in un modello economico che produce scarti e scartati, che destabilizzano la convivenza a tutte le latitudini e creano un problema di impoverimento di senso del vivere. L’Economia civile ha molti strumenti per affrontare questi problemi, per inquadrarli nel modo corretto e offrire piste di risposta. Perché ciò sia sempre più comune ed efficace, bisogna superare riduzionismi e luoghi comuni. Approfondendo un’antropologia dove la persona è capace di dono e di quella superiore forma di razionalità che è l’intelligenza sociale, fatta di fiducia e cooperazione, potremo pervenire ad una ricca diversità di forme di impresa e vedere crescere il numero di quegli imprenditori più “ambiziosi”, che non guardano semplicemente al profitto ma anche all’impatto sociale e ambientale. Questa economia “illuminata” ha bisogno di direzioni di largo respiro, che aiutino la nostra società e percorrere la via del ben vivere e della generatività, e di una politica, anche economica, arricchita dalla partecipazione, dalla cittadinanza attiva e dalle scelte responsabili dei cittadini, nella logica della sussidiarietà che è il fondamento della democrazia. A tutti voi chiedo non solo di elaborare teorie in questa direzione, ma di fare vostra la missione di unire tutte le persone di buona volontà. Sappiate guardare all’economia e al mondo con gli occhi dei più poveri, degli emarginati, degli scartati. Lavorate con loro e per loro».
Questo il messaggio che il Santo Padre ha rivolto alla comunità del Festival nazionale dell’economia civile, la manifestazione voluta da Federcasse, NeXt, SEC e Confcooperative che da cinque anni promuove un grande dibattito pubblico su quali soluzioni siano, nell’Italia di oggi, davvero in grado di costruire soluzioni efficaci e inclusive, e che si è tenuta dal 28 settembre al primo ottobre a Firenze.

In primo piano il tema del ritorno dell’educazione civica come disciplina che interessa ogni ordine e grado del cammino formativo dei ragazzi, per una scuola che non crea diseguaglianza ma una cittadinanza consapevole. Com’era nelle intenzioni del ministro della Pubblica istruzione, Aldo Moro, che nel 1958 introduce per la prima volta la materia nelle scuole italiane, perché, come scriveva nel decreto attuativo «l’educazione civica si propone di soddisfare l’esigenza che tra Scuola e Vita si creino rapporti di mutua collaborazione. La scuola a buon diritto si pone come coscienza dei valori spirituali da trasmettere e da promuovere, tra i quali acquistano rilievo quelli sociali, che essa deve accogliere nel suo dominio culturale e critico. Le singole materie di studio non bastano a soddisfare tale esigenza. La scuola giustamente rivendica il diritto di preparare alla vita, ma è da chiedersi se, astenendosi dal promuovere la consapevolezza critica della strutturazione civica, non prepari piuttosto solo a una carriera. Il desiderio di “essere un cittadino” più o meno consapevole, è radicato nei giovani, connaturale alla loro personalità, ed è un dato fondamentale positivo per la loro completa formazione umana».
L’argomento è stato poi approfondito nella “Lectio civilis” svolta dal presidente della Scuola di economia civile, Luigino Bruni, e dallo scrittore Eraldo Affinati dal titolo «We care. L’identità di don Milani per un’educazione civile». Bruni, nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani, ha letto alcuni brani del priore di Barbiana, tra cui la famosa “Lettera a una professoressa” in cui si legge: «Ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia».
Uscirne tutti assieme significa promuovere la “cittadinanza attiva”, che nella visione di un’economia civile è un motore di sviluppo che riesce a mettere in relazione responsabilità individuali e percorsi collettivi. Tra le testimonianze portate al Festival, quella di Annalisa Savino, preside del liceo Leonardo Da Vinci di Firenze, che ha detto: «Noi lavoriamo sull’educazione civica e sulla costruzione del senso di comunità. Abbiamo un progetto con un calendario che stimola la partecipazione dei ragazzi su determinati temi. Il 25 novembre, ad esempio, parleremo di violenza contro le donne: in quella data non ci saranno le materie tradizionali, come il latino o la matematica, ma diamo spazio ad iniziative organizzate dai ragazzi per far riflettere e coinvolgere gli studenti. L’obiettivo è stimolare la partecipazione e l’elaborazione del pensiero critico, attraverso un percorso pensato e organizzato dai ragazzi stessi. Le famiglie hanno reagito bene, mentre la reazione dei docenti è stata più complessa e questo comporta fatica. Ci sono, infatti, delle sacche di resistenza da parte di alcuni insegnanti, che ancora pensano che per arrivare alla maturità serva solo trasmettere nozioni per superare l’esame. Serve, invece, un equilibrio per offrire una preparazione più completa, anche attraverso la partecipazione degli studenti, che su molti temi sono più avanti di noi». E, ancora, Elsa Maria Fornero, economista e già ministro del Lavoro e delle Politiche sociali: «Per i giovani le parole chiave sono due: l’istruzione, perché sappiamo che fin dall’asilo si creano le basi per il futuro delle persone, è la partecipazione. È fondamentale che i giovani partecipino alla vita sociale del Paese, esattamente come accade qui a questo festival: avere giovani indeboliti, frustrati, che non partecipano alla vita pubblica e vivono ai margini della società, significa costruire una società che non ha futuro».
Al centro del dibattito durante il Festival anche il “Manifesto per una Nuova Economia”, firmato da 210 professori universitari italiani e stranieri. Partendo dal Manifesto, sono tre i punti fondamentali da sviluppare: inserire la sostenibilità e l’economia civile come materie trasversali in tutti i corsi di laurea; lo sviluppo di alleanze tra università, terzo settore e imprese a supporto delle comunità locali e, infine, avere a disposizione strumenti di valutazione della sostenibilità integrale per le università e i progetti realizzati.

Il tutto per combattere l’ampliamento delle diseguaglianze, come ha detto Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, che ha aggiunto: «è questo un fenomeno che si traduce in povertà energetica, digitale, lavorativa, abitativa, formativa e sanitaria. Le cooperative ci sono. Possono offrire risposta alla povertà energetica e allo sviluppo dei territori. Sono già protagoniste nel welfare dove sono sussidiarie allo Stato, ma possono dare di più nella riorganizzazione dell’assistenza primaria. Dobbiamo avere la forza di rendere concreti progetti che diano al Paese una visione di futuro».
«Per risolvere il problema della diseguaglianza, dobbiamo analizzare le cause -ha detto Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, già capo economista della Banca mondiale e oggi docente di economia e finanza alla Columbia University di New York-. Le principali fonti di diseguaglianza sono due. La prima sono le diseguaglianze ereditarie, di tipo finanziario e nel capitale umano. In molti Paesi, ad esempio negli Stati Uniti, i sistemi educativi servono effettivamente ad aumentare la disuguaglianza, fin dall’asilo. La seconda grande fonte di disuguaglianza è l’esercizio del potere. Ci sono diverse espressioni di potere: monopoli, sfruttamenti, discriminazioni, tutte utilizzate per creare enormi disuguaglianze nella nostra società. E il rimedio è abbastanza ovvio: dobbiamo avere leggi forti per fermarle».
E se per Leonardo Becchetti, direttore del Festival nazionale dell’economia civile e co-fondatore di NeXt (Nuova Economia per Tutti), «la nostra felicità personale, sociale ed economica, è quella cosa che si decide mentre siamo con il fiato sospeso aspettando le mosse della Bce e della prossima legge finanziaria», per Augusto dell’Erba, presidente di Federcasse, la federazione delle banche di credito cooperativo e delle casse rurali, «questo Festival che ci ha mostrato ancora una volta quanto nel nostro Paese vi sia già “tanta” economia civile alla quale possiamo guardare con fiducia e speranza. Qui a Firenze abbiamo incontrato e apprezzato tanti giovani motivati, consapevoli delle emergenze e anche degli orizzonti che hanno di fronte e mi sembrano tutti decisi ad intervenire. Abbiamo anche conosciuto giovani sindaci che lavorano in silenzio per costruire comunità “integralmente “sostenibili, partecipate, davvero ispirate al bene comune. Questa freschezza e questa energia aiuteranno l’economia civile a diffondersi anche dal basso. Noi, come banche cooperative di comunità, continueremo con convinzione a sostenere questo momento essenziale di confronto e dibattito e sui territori a lavorare per sostenere le comunità in chiave di inclusione e nella logica della mutualità bancaria».

PRESENTATA AL FESTIVAL LA QUINTA EDIZIONE DEL «RAPPORTO SUL BENVIVERE DELLE PROVINCE ITALIANE»

Nel corso del Festival di Firenze è stata presentata l’edizione 2023 dello studio che contiene le nuove classifiche sul BenVivere e sulla Generatività delle province italiane. Curato da Leonardo Becchetti, Dalila De Rosa e Lorenzo Semplici e realizzato dalla Scuola di economia civile in collaborazione con “Avvenire” e con il contributo di Federcasse e Confcooperative, lo studio ha evidenziato che non si registrano miglioramenti significativi fra le macroaree del Paese rispetto allo scorso anno e, a parte qualche piccola eccezione, nel complesso il Sud non ha recuperato sul Nord e sul Centro e quest’ultimo non ha recuperato sul Nord.
Per quanto riguarda, nello specifico, la classifica 2023 del BenVivere, al primo posto si conferma, ancora una volta, Bolzano, pur perdendo 0,13 punti rispetto all’anno scorso. Completano il podio, come nel 2021, Pordenone (+3 posizioni rispetto al 2022) e Prato (+2). Scendono, invece, Firenze e Siena (entrambe -3). Questa la top 10: Bolzano, Pordenone, Prato, Milano, Firenze, Siena, Trento, Ancona, Bologna, Gorizia. Le province che hanno migliorato di più (15 posizioni) rispetto al 2022 sono Sud Sardegna, Sondrio, Bergamo, Rimini, Terni e Alessandria. Chiude la classifica 2023 Crotone, che perde 3 posizioni rispetto all’anno precedente. Nella “flop” 10, oltre alla provincia calabrese, anche Reggio Calabria, Caltanissetta, Foggia, Taranto, Napoli, Benevento, Nuoro, Caserta e Vibo Valentia. Le Province “flop” 2023, che perdono più di quindici posizioni, sono Rieti, La Spezia e Trieste.
Secondo la classifica 2023 della Generatività invece (che consiste nell’impatto atteso delle azioni della cittadinanza), al primo posto si colloca nuovamente la provincia di Bolzano, seguita da Trento e Milano. Il quarto e il quinto posto sono occupati da Pordenone e Reggio Emilia. Nel complesso, questa classifica mostra una certa stabilità (- 0,37 punti) rispetto allo scorso anno, in particolare per indicatori come l’età media della madre al parto, il numero medio di figli per donna, le banche del tempo, la raccolta differenziata e il numero di Neet (i giovani che non studiano né lavorano). A registrare le variazioni maggiori, in riduzione quasi ovunque, sono soprattutto due criteri esaminati: il numero di cooperative iscritte all’albo e il numero di startup innovative. Basti pensare che solo 16 province su 107 non hanno subito una riduzione del numero di cooperative iscritte all’albo: Pistoia, Lecce, Sassari, Cosenza, Reggio di Calabria, Catania, Agrigento, Matera, Trapani, Parma, Macerata, Savona, Crotone, Grosseto, Isernia, Verbano-Cusio-Ossola, mentre il numero di start up si riduce per molti territori.
Alla presentazione dello studio è intervenuto anche Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, che ha ricordato come «Il modello italiano della mutualità bancaria va in controtendenza rispetto alle conseguenze della desertificazione bancaria che poi è seguita anche dalla desertificazione dei piccoli esercizi commerciali, dei presidi sanitari, dei presidi scolastici nelle nostre aree interne che si spopolano. Le banche mutualistiche, invece, restano nei territori. In questo momento sono 749 i comuni italiani in cui l’unica presenza bancaria è rappresentata da una banca di credito cooperativo. Questo non è un merito particolare, è semplicemente l’applicazione della normativa contenuta nel testo unico bancario che richiede alle nostre banche di trasformare il risparmio in credito erogandolo per almeno il 95% nel territorio dove quel risparmio è stato raccolto. È quello che chiamiamo la finanza geo-circolare. Restare nei territori vuol dire valorizzare il risparmio e trasformarlo in finanza per il lavoro. E’ un modo concreto, statisticamente confermato e anche dimostrato a livello internazionale: dove c’è una banca mutualistica, il ‘ben vivere’ è più elevato».

0 replies on “Soltanto riducendo le diseguaglianze si costruisce una società “completa””