Viale Belforte a Varese, una strada anonima vicina a un ipermercato, custodisce un’opera d’arte. È “La cattura di Cristo” del Caravaggio. Non, però, l’originale, una tela dell’inizio del Seicento che poi sparì per secoli fino a essere ritrovata nel 1990; bensì una riproduzione, creata con le bombolette spray e firmata dall’artista italo-svizzero Andrea Ravo Mattoni.
La notizia del Caravaggio sotto il ponte di Varese sta facendo, in questi giorni, il giro del mondo.
L’opera è frutto del progetto Urban Canvas, promosso dall’associazione Wg Art.it in collaborazione con il Comune di Varese, e sostenuto da Regione e Provincia, nonché dall’Ordine degli Architetti varesini. Negli ultimi anni Urban Canvas ha dato modo a decine di street artist e writer di spicco della scena italiana e internazionale di esprimersi sui muri della città.
Gli osservatori attenti potranno trovare, nascosta nella riproduzione di Ravo, una scritta: “We will all be forgotten” (“Tutti verremo dimenticati”), che dà il titolo all’opera stessa. L’ispirazione è venuta dalla storia particolare della “Cattura di Cristo”, tela che fu commissionata a Caravaggio nel 1603 a Roma dalla famiglia Mattei, che custodì il quadro per 200 anni prima di essere costretta a venderlo. Da quel momento la tela, attribuita falsamente a un pittore fiammingo, passò da un collezionista all’altro, finendo in Scozia e in Irlanda. Nel 1990 gli ultimi proprietari, monaci gesuiti di Dublino, decisero di restaurarla, affidandola alla National Gallery of Ireland che ne comprese la corretta attribuzione: era un capolavoro di Caravaggio.