Non capita spesso di partecipare a convegni o dibattiti e di alzarsi con la sensazione di aver fatto qualcosa di concreto. Dico sensazione, perché sempre di parole si tratta, ma dico concreto perché se nelle parole c’è onestà intellettuale, riconoscimento dei veri problemi sul tavolo e delle responsabilità connesse, allora non sono più le parole vuote o i proclami che riempiono gli interventi delle cronache. La mia esperienza è fresca: sabato 13 settembre, nel “Cassano Magnago Business Forum”, iniziativa che mutua nella dimensione locale la filosofia del World Business Forum milanese di un mese prima. Non conta la dimensione, ce lo siamo detti tante volte: il locale può riprodurre in scala le dinamiche macro, specie in un territorio dinamico come il nostro. Quindi c’erano tutti gli elementi per un confronto franco fra le parti. Il sindaco Nicola Poliseno non ha usato giri di parole: è alla guida di un’azienda di 112 persone, un’azienda in cui i conti devono tornare, altrimenti addio mission, ossia il servizio ai cittadini. Rossella Locatelli, economista dell’Università dell’Insubria, sottolinea l’importanza di inserire nuove forze qualificate nelle aziende, anche nelle piccole, perché non brilla il grado di scolarità nelle nostre imprese rispetto ai competitor stranieri (il 18% contro il 31% europeo). Dal mondo delle imprese arriva una testimonianza diretta: l’imprenditore è contento perché vende in Germania prodotti personalizzati e chiede al consulente come vendere i prodotti standard. E il consulente non gli fa i complimenti, anzi: gli dice che non deve neanche pensare a vendere i prodotti standard, perché i tedeschi sono molto più competitivi. Morale della storia, l’imprenditore deve capire cosa vendere all’estero, prima di comprare il biglietto aereo. Dal campione di ciclismo Ivan Basso arriva una lezione di rara sincerità: passati gli anni migliori, scontata la squalifica per doping perché andare avanti come se nulla fosse successo? E quest’anno Basso ha lasciato il grado di capitano per convertirsi a gregario, in linea quindi con il tema del giorno e cioè la successione in azienda. Corre sempre, ma in un ruolo dove può rendersi più utile alla squadra. Viene anche il mio turno, come rappresentante del mondo bancario, e a darmi il “la” una frase della professoressa Locatelli “il credito non è un diritto, le imprese devono meritarselo”. E io ho detto, di fronte a 150 imprenditori, con grande franchezza, quello che penso: se è vero, come aveva appena ricordato qualcuno, che quando c’era la fiducia bastava una stretta di mano, ho sottolineato che la fiducia non è una questione romantica, ma di rispetto delle regole e quindi di certezza del diritto. È un dato di fatto: il 30% dei nostri crediti deteriorati deriva dai concordati, strumento utilizzato in modo –diciamo così– non sempre ortodosso. Se l’obbligo di una banca è restituire i soldi a chi glieli ha prestati, come posso rispondere sì alla richiesta di prestiti di un’impresa sottocapitalizzata, un’impresa che chiede alla banca di aver fiducia in un progetto in cui nemmeno lei crede fino in fondo? Il giornalista presente non ha registrato alzate di scudi da parte degli imprenditori. Forse la crisi ha insegnato a tutti qualcosa.