Abbiamo voluto intitolare questo numero della Voce “Dopo la grande crisi” non certo per fare proclami trionfalistici, che sarebbero del tutto fuori luogo, ma per fare il punto. È questo il motivo per cui dedichiamo il pezzo d’apertura a un’indagine Sda Bocconi su come le pmi hanno attraversato questi anni e su come ne sono uscite. Registriamo il dato dello studio: chi ne esce ne esce rafforzato. Si tratta di una consolazione parziale, perché sono in molti a mancare all’appello e perché le stime di Ocse e di Standard&Poor’s di metà settembre, con il 2014 che si chiuderà in recessione e il 2015 sostanzialmente piatto, non prefigurano, nel breve, orizzonti rosei. Secondo l’istituto parigino, infatti, l’Eurozona vive una crescita debole e l’Italia, unica nel novero dei Paesi più industrializzati, presenterà un andamento negativo. Questa premessa per significare che fare credito oggi continua a non essere semplice, a tutti i livelli. Dal macro al micro in cui noi operiamo l’incertezza continua a farsi sentire; se i primi mesi dell’anno sembravano aver aperto qualche spiraglio, oggi domina la cautela. In un editoriale di qualche anno fa, quando non si sapeva quanto sarebbe stato lungo il tunnel della crisi scrissi che da lì bisognava ripartire, dimenticandoci di poter riguadagnare i livelli ante 2008 per dirsi fuori dallo tsunami. Non voglio drammatizzare: negli ultimi mesi abbiamo registrato una normalizzazione nel credito e registriamo un + 3,50% negli impieghi che in un’economia convalescente non è poco. Ma certo l’andamento del nostro credito come altre iniziative di cui diamo notizia (dai pagamenti responsabili agli esempi di logica di rete) non sono sufficienti per parlare di ripresa. Una banca locale come la nostra può fare la sua parte (e l’abbiamo fatta in questi anni), ma siamo la proverbiale goccia in un mare magnum di acque sostanzialmente stagnanti. Dal basso possono nascere buone intenzioni, qualche esempio virtuoso incoraggiante, ma è inutile nascondersi: se il problema è del sistema la soluzione vera deve arrivare con provvedimenti presi ad alte quote. Il “la” per una vera inversione di tendenza può partire soltanto da Bruxelles, da Roma, dalle sedi, insomma, in cui si prendono le decisioni che contano e che pesano. Di queste siamo in attesa, dopo tanti proclami. Perché per dare una svolta più che le parole può la concretezza. C’è chi ha utilizzato l’immagine del terremoto per illustrare i danni al sistema economico negli ultimi anni; ed è bene ricordare che se non si avvertono più le scosse, sono molte le macerie da rimuovere. E per farlo conosco una strada sola: rimboccarsi le maniche.
L'editoriale del presidente del Consiglio di Amministrazione