Crisi, dalle parole ai fatti

Il direttore Luca Barni
L'editoriale del direttore della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate

Afferma un’autorevole scuola di pensiero che le conseguenze di una crisi economica si facciano sentire nei due anni a venire. Questo per dire le cose come stanno: la crisi non è ancora finita, se come crisi vogliamo intendere -e noi lo vogliamo- le ricadute che un fenomeno di così vasta proporzione porta con sé anche a distanza di tempo; anche quando i titoli dei giornali raccontano che il tempo si è rimesso al bello e gli indici di Borsa segnano il ritorno di fiducia degli investitori. Noi una crisi la consideriamo per gli effetti che piombano sul sistema produttivo a scoppio ritardato, e non solo in tempo reale, come sempre più si è propensi a fare nei tempi della connessione ultraveloce alla rete. La realtà, però, è un’altra cosa. C’è chi la mette fra parentesi, perché considera ricchezza ed economia in termini sempre più immateriali, se non addirittura virtuali. Chi, insomma, la considera in termini di finanza, per cui i soldi si fanno con i soldi e non con le idee, gli investimenti e il lavoro delle imprese. Ma c’è anche -e noi fra questi- chi la realtà la considera in quanto tale, perché abituato a guardarsi attorno e perché abituato a parlare con gli imprenditori, le associazioni di categoria, i lavoratori; tutti quei soggetti che dell’economia sono il motore e che ci raccontano di un’altra storia. Ce la raccontano da tempo, perché sono nostri interlocutori abituali, ma ce la raccontano anche perché, insieme, si possa passare dalle parole, dalle riflessioni ai fatti. Nascono così, in risposta a una crisi dura da smaltire, iniziative come gli Univa Bond, il prodotto che la nostra Bcc e l’Unione Industriali di Varese hanno studiato per le imprese. E nasce, sempre da una tavolo di lavoro locale con gli artigiani della provincia di Varese, dell’Alto Milanese e l’Università dell’Insubria, l’Osservatorio economico della microimpresa. Progetti che realizziamo perché, per tutto quello che è in nostro potere, è un dovere attivarsi. È un dovere verso il territorio dove operiamo, dove siamo nati e cresciuti; è un dovere per una banca locale di fatto, e non soltanto di nome, continuare a giocare quando il gioco si fa duro e servono idee e volontà per invertire la tendenza. E adesso, checché se ne dica, la strada è ancora in salita. Lo dimostrano le difficoltà delle imprese e lo dimostra anche il nostro bilancio, non brillante come quello degli esercizi precedenti. E del resto, come poteva essere altrimenti? La Bcc non vive sotto una campana di vetro; la Bcc è sul territorio, e della condizione di salute del territorio non può che risentire. Di mestiere la Bcc fa la banca tradizionale e lo fa sul serio, cioè concede il credito e garantisce i depositi. E fare credito di questi tempi non è la cosa più facile; soprattutto non è esente da una dose di rischi superiore alla norma. Ecco perché noi, che vogliamo continuare a fare il nostro dovere di banca, quindi a far credito alle imprese per aiutarci a crescere, abbiamo anche il dovere di farlo in maniera corretta. Ecco perché parola d’ordine della nostra Bcc è, oggi più che mai, qualità del credito; ossia finanziamenti a chi ha idee, progetti e, realisticamente, le possibilità di farcela. Tenere le antenne ben alzate non è tirare i remi in barca, anzi. Chi vuole che il credito dia frutti deve selezionare attentamente i soggetti meritevoli di fiducia. È un dovere anche questo. Verso la nostra storia di banca, verso i nostri soci, verso di voi.

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