Diffidare da ciò che non è trasparente, non è controllato e, pertanto, non si conosce e non si può conoscere. È la regola base che si dovrebbe tenere a mente quanto si investe. Bisogna ricordarsela oggi che si parla moltissimo di Bitcoin: il sistema di criptovaluta più famoso del mondo, oggetto di clamore mediatico nell’ultimo anno per le prospettive di guadagno che hanno attirato gli investitori. All’inizio del 2017, infatti, un bitcoin (B maiuscola per indicare il sistema, b minuscola per indicare la valuta) valeva 960 dollari; a metà dicembre aveva sfiorato i 20mila. Il più grande picco di sempre per la criptovaluta, seguito però dal più grande crollo di sempre: all’inizio di febbraio era tornata sotto gli 8mila e, in queste ultime settimane, la volatilità continua a essere molto forte. In questo scenario il consiglio che la nostra Bcc può dare ai risparmiatori è solo uno: starne lontani. «Bisogna diffidare da facili promesse di guadagno in un ambito che a oggi non è del tutto chiaro e si hanno informazioni molto frammentate», commenta il vicedirettore generale e responsabile Area Finanza della nostra Bcc Carlo Crugnola (nella foto). La mancanza di trasparenza e di controllo è proprio l’elemento chiave, ed è ciò che, di fatto, rende il Bitcoin una cosa diversa da una valuta. «Il Bitcoin non lo è per due ragioni –spiega Crugnola–. Per prima cosa, con una valuta si possono comprare beni e servizi ovunque nel mondo, con i bitcoin no; possono essere usati solo all’interno del loro circuito. Il loro valore è dettato dalla legge di mercato della domanda e dell’offerta, ma non sono ancorati all’economia reale e manca un parametro che ci possa dare il valore di scambio dei bitcoin. Secondo, una valuta è emessa e controllata da una Banca centrale. Dei bitcoin sappiamo solamente che saranno emessi in numero limitato e l’unico strumento di controllo che abbiamo è attraverso le transazioni, che sono tracciabili, ma anonime. Ci sono quindi ampie zone grigie per il riciclaggio». In fin dei conti, non sappiamo neppure chi il Bitcoin l’ha inventato: Satoshi Nakamoto è un nome di fantasia dato alla persona (o al gruppo di persone) che nel 2009 ha creato un sistema di valuta elettronica che funzionasse senza un’autorità centrale, tramite il principio della blockchain (vedi box a pagina 19). Il resto ha tutte le caratteristiche tipiche della bolla, con enormi problemi di affidabilità, convertibilità e volatilità. «Sul Bitcoin la risposta più sensata è quella data dal governatore della BCE Mario Draghi, “Non mi riguarda” –continua Crugnola–. Non perché l’argomento non lo interessi, anzi le banche stanno studiando attentamente la blockchain, una tecnologia estremamente promettente per velocizzare alcuni processi. Ma il Bitcoin è qualcosa su cui non ci sono strumenti di intervento e regolamentazione, e questo dovrebbe tenere lontani gli investitori più avvertiti». La Bcc, per scelta, tutela il cliente e non propone prodotti e operazioni che non sono chiari e possono essere rischiosi per il cliente. «Il Bitcoin non è trasparente per antonomasia –rimarca Crugnola–. Il Credito Cooperativo, invece, è vicino all’economia reale, fa vera consulenza e vende ai clienti solo ciò che conosce bene».
Come funziona la Blockchain
La blockchain è un database distribuito in una rete che sfrutta la tecnologia peer-to-peer. Qualunque utente del web può diventare un nodo della rete. La blockchain è come un libro contabile aperto a tutti che registra tutte le transazioni fatte in Bitcoin: perché una transazione sia possibile, deve essere approvata dal 50%+1 dei nodi, senza che serva l’autorizzazione di una terza parte “fidata”, come la banca. La blockchain si può applicare a numerosi ambiti oltre a quello finanziario, come passaggi di proprietà, identità digitale e, in sostanza, tutti quelli in cui deve essere garantita l’attendibilità di un’informazione.