La Signora dei cortili regnerà ancora a lungo

09Felice di essere… Musazzi. Il più bel complimento Antonio Provasio alias la Teresa, legnarellese doc classe 1962, l’ha ricevuto lo scorso anno a mezzo stampa, quando, sulle colonne de Il Corriere della Sera, la vedova del grande Felice, Mariuccia Musazzi, dichiarò: “mi sembra di rivedere mio marito”. Frase che fiumi di inchiostro versati dalle penne dei critici teatrali laureati non eguaglierebbero mai. L’apprezzamento di chi accanto a Musazzi ha trascorso una vita e il pubblico che gremisce le sale a ogni rappresentazione della Compagnia teatrale dialettale Felice Musazzi, garanzia per il futuro delle fortune del teatro in vernacolo in nomine Felice, sono i riconoscimenti migliori della sua arte. Sacro fuoco che fu proprio il creatore della Teresa ad alimentare in un’indimenticabile serata del lontano 1979. Provasio, allora 17enne, rappresentava al cine teatro Angelicum di Legnarello Papissimo, un testo scritto da lui. Il tempo di tornare dietro le quinte dopo il primo tempo e in camerino si presentò proprio lui, Felice Musazzi, per esprimergli apprezzamento e per proporgli di lavorare. Ma la Patria chiamava e Provasio potè aggregarsi alla compagnia solo due anni più tardi, smaltita la naja. Vi rimase sino al 1989, quando Musazzi scomparve. Dalle luci della ribalta Provasio tornò per otto anni a gestire i distributori del caffè. La chiamata alla sua vera vocazione giunse nel 1997, quando don Norberto, parroco di Legnanello, gli richiese uno spettacolo. Nacquero i Baloss, capitanati dallo stesso Provasio nelle vesti ciabattanti della sciura Maria. E lo spettacolo fu clonato per trenta date. Forse era davvero il caso di insistere. Come quasi vent’anni prima fu una presenza nel pubblico a dare una mano, quella della figlia di Musazzi, Sandra. Lì fu concepita la compagnia teatrale come oggi la vediamo. Cosa accadde? “Con Sandra concordammo di poter utilizzare i testi scritti dal padre – ricorda Provasio -, un’intesa che si è tradotta recentemente in un contratto decennale. Questo significa che chiunque voglia utilizzare i testi di Musazzi non dovrà più rivolgersi alla famiglia ma alla compagnia.” Da quell’intesa la compagnia spiccò il volo sino a registrare una serie di tutti esauriti che dura tuttora e che vi porta per un mese sulla piazza milanese, al Nuovo di piazza San Babila. “Sì, il primo spettacolo fu Teresa e Mabilia show in famiglia, seguì Il cortile dei miracoli e, da questa stagione, Va là batèl. Da notare che in questa avventura si sono imbarcati, oltre che Sandra Musazzi, che si occupa di regia con me, Enrico Dalceri, sul palco nelle vesti della Mabilia e curatore di scenografia e baletti, Luigi Campisi, memoria storica della compagnia, che interpreta Giovanni Colombo, e Alberto Destrieri a dar vita alla Pinetta. In totale siamo 40 persone, delle quali solo io, da un paio d’anni, dedico tutto il mio tempo al teatro”. Una raffica di tutto esaurito (alla fine di questa stagione si parla di 100mila spettatori in 100 spettacoli circa), la ribalta televisiva con il Teregiornale (Rete 55 l’anno scorso, Telelombardia quest’anno), ultimamente anche un programma di interventi nelle scuole. Cosa dà più soddisfazione? “La for10te presenza di giovani nel pubblico. Fino a qualche stagione fa, osservavo in platea spettatori di un’età che aveva conosciuto e parlato il dialetto. Adesso scorgo quarantenni, persone che hanno probabilmente solo sfiorato l’esperienza dei cortili, ma che mostrano di apprezzarla. Significa che riusciamo a trasmettere loro quel mondo lontano ma non troppo in cui affondano le nostre radici, spesso colpevolmente dimenticate”. Dai giovani che accorrono per vedervi ai giovanissimi; siete approdati fra i banchi. Qui, i legami con il mondo della Teresa sono del tutto assenti. Cosa raccontate agli alunni delle elementari? “Stiamo portando nelle scuole in provincia di Varese la storia dei cortili; dall’anno prossimo entreremo nelle aule con giocatori e dirigenti dell’Ac Legnano. Faremo uno spettacolo nello spettacolo: ai bambini sarà trasmessa la cultura della sportività accanto a elementi di storia locale, la vita dei cortili appunto, dove si ambientano le vicende della famiglia Colombo”. La maschera della Teresa dal volto di Musazzi al suo; è una responsabilità pazientemente cercata, frutto dell’osservazione dal basso in alto di Musazzi o qualcosa di naturale? “Non ho mai pensato di imitare Musazzi; se qualcuno in me lo rivede è solo perché la Teresa è nelle mie corde. Musazzi era un grandissimo, secondo me al livello di Govi e De Filippo; verso di me ha sempre nutrito una simpatia speciale. Non so se fosse per il nostro comune humus – siamo entrambi di Legnarello – o per altro. Ricordo che non mi ha mai assegnato un ruolo femminile, non mi sono mai dovuto travestire da donna, ero uno dei boys piuttosto che il medico”. Il 25 maggio alla festa della Bcc vedremo un estratto del Va là batèl; una riduzione vera e propria? “E’ una versione che non contempla, per ragioni di spazio, tutti i cambi di scena previsti. Ma non mancherà una sola battuta. E’ lo spettacolo che portiamo ovunque il palco non si presti tecnicamente alla versione scenografica completa, ma il copione, che, d’accordo con Sandra, ricalibro con qualche riferimento al presente, c’è tutto”. Provasio ci regala anche una chicca, anticipando lo spettacolo che la Compagnia teatrale dialettale Felice Musazzi porterà in scena nella prossima stagione, il celebratissimo Chi vusa pusé la vaca l’è sua. Davanti a sé la compagnia ha la riscoperta di quarant’anni di teatro dialettale che segnarono la parabola artistica di Musazzi. La Teresa, nostra signora dei cortili – statene certi – regnerà ancora a lungo.

 

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