Da Banca nata e cresciuta all’ombra del campanile a Banca del territorio, da Cassa Rurale a punto di riferimento per gli imprenditori e le associazioni di categoria, dalla crisi agricola di fine Ottocento ai sobbalzi ciclici dell’economia postmoderna. La nostra Bcc, 110 anni dopo la firma posta da don Giovanni Besana e altri quindici Soci alla costituzione della Cassa Rurale Cattolica di depositi e prestiti Santa Margherita, guarda all’anniversario del 6 ottobre 1897 per una conferma della propria vocazione, più che per una celebrazione d’ordinanza del tempo passato. Dai solchi dell’aratro alle autostrade del web, le vie battute dai processi economici ai due estremi di questa storia, soltanto la missione sociale (oggi mission) della nostra Banca è rimasta immutata: servire il territorio, la sua economia, le sue specificità per favorirne lo sviluppo. Ecco il fil rouge che tiene la Cassa Rurale che si affacciava al secolo breve e la Bcc entrata con tutte le carte in regola ad affrontare le sfide del terzo millennio. Certo impressiona sfogliare l’album dei ricordi, riesce difficile raccontare il come eravamo senza un po’ di incredulità. Come accennato, la Cassa prese le mosse dalla crisi agricola delle seconda metà dell’800, particolarmente penalizzante per un’attività basata su cereali e bozzoli come a Busto Garolfo. Anche allora l’imperativo era la ripresa, e la fondazione di quella «società a nome collettivo e responsabilità illimitata» con cognomi del parroco e del coadiutore nella ragione sociale (Besana Longoni e C.) provava a sostenere il settore primario e a integrare i redditi delle famiglie contadine.
La misura dell’interesse dell’iniziativa in paese è nei numeri, dei Soci -dai sedici iniziali ai 198 del 1914-, ma anche dei capitali, scarsi al principio, rimpinguati via via, tanto da passare dalle 12mila 607 lire di depositi nel 1898 alle 242mila 595 alla vigilia della Grande Guerra. Del 1908 è il primo cambio alla presidenza: al fondatore Don Besana successe il professor Alessandro Grosso, al timone sino al 1955. Un cenno merita l’attività di prestito. Fra 1898 e 1914 la Cassa mise a disposizione 340mila lire: 165mila andarono all’agricoltura, di cui la metà per l’acquisto di bestiame bovino; 87mila finanziarono «esigenze famigliari» e altrettanti sovvenzionarono acquisti, fabbricazione o sistemazione di edifici destinati a sede di cooperativa o abitazione civile. Ma la Cassa finanziò anche l’acquisto di beni di largo consumo e non si sottrasse dal prestare aiuto alle nascenti attività industriali. Nel trentennio che abbraccia le due guerre mondiali l’economia conobbe la progressiva trasformazione da agricoltura a industria, che per i bustesi era soprattutto tessile. Dopo gli sconvolgimenti della Prima Guerra mondiale si registrò il boom degli iscritti: dai 201 elencati alla cessazione delle ostilità, ai 244 del 1922, ai 356 del 1930, ai 482 del 1933 (risultato dell’apertura della sezione agraria) fino ai 534 del 1936, valore massimo nella storia della Cassa. Fu un periodo, quello del trentennio “bellico”, caratterizzato da scarsissimi utili e da un andamento dei depositi in decisa anche se discontinua crescita, ma pure del primo progetto di ampliamento del raggio d’azione della Cassa, visti i possedimenti di molti Soci in altri comuni, che però si concretizzò soltanto nella frazione di Villa Cortese.
L’iniziativa più significativa fra le due guerre fu l’apertura della sezione agraria, chiamata a sostenere i contadini fornendo loro anticipazioni dietro conferimento di grano e diffondendo mezzi e conoscenze per migliorare la redditività delle colture. Certo questa seconda attività, di consulenza, restò in penombra rispetto alla concessione di anticipazioni, la cui crescita è misurata dalla quantità di grano ammassato: dai 325 quintali del 1931 ai quasi 20mila e 600 del 1937. Sempre degli anni Trenta furono gli “attentati” all’esistenza della Cassa stessa: la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde propose l’assorbimento dell’istituto bustese, ipotesi che guadagnò un numero sempre maggiore di sostenitori sino alla deliberazione di scioglimento fatta dall’assemblea dei soci nel 1941. Fu l’Istituto per la tutela del credito e del risparmio a opporsi, pronunciamento bissato dal cardinale Schuster. Il secondo Dopoguerra partì con l’affermazione progressiva sul territorio dell’industria e con il testo unico delle Casse rurali approvato dall’assemblea nel 1956, in cui si stabiliva che “la Cassa non potrà mai essere assorbita da altre aziende di credito”. Sempre per tenere il raffronto nell’ordine dei trentenni, il segmento 1945-1975 vide uno sviluppo molto più intenso dell’attività, con un aumento di 23 volte del valore dello Stato Patrimoniale e del credito a medio termine; contemporaneamente si affermò con forza la natura non lucrosa della Cassa: gli utili di gestione passarono dal 39% dei componenti positivi del reddito al 4,9% del 1955 e all’1,3% del 1960. La palma della dinamicità va comunque ai conti correnti, cresciuti dal 1950 al 1975 di 52 volte. Del 1955 è il passaggio di consegne alla presidenza: ad Alessandro Grosso subentrò, sino al 1969, Antonio Morandi. Caratteristiche che andarono affermandosi in quel periodo furono la stabilità delle cariche -dalla presidenza al CdA- indice della fiducia e del consenso verso gli amministratori, e l’elevata partecipazione alle assemblee, spia dell’interesse verso l’attività dell’istituto e la vita della società bustese. Se la Cassa, nella prima parte del secolo, era riferimento per l’attività agricola, nel secondo Dopoguerra divenne fonte di credito indispensabile a tante famiglie per l’acquisto e/o ristrutturazione della casa. Nel 1974, sotto la presidenza di Egidio Zanzottera, cominciò l’espansione sul territorio, con l’autorizzazione a operare ad Arconate, Dairago, Legnano, San Giorgio su Legnano, Canegrate, Parabiago, Casorezzo e Inveruno. Per venire all’ultimo trentennio, del 1994 è il cambio della ragione sociale da Cassa rurale in Banca di credito cooperativo, del 1999 la fusione con l’omologa di Buguggiate e il primo passo per segnare il processo di unione di Altomilanese e Varesotto, strada percorsa in questi anni e che sigillerà il 110° con l’apertura in autunno della filiale di Somma Lombardo. Anni, gli ultimi, caratterizzati da un diverso posizionamento sul mercato, da rapporti sempre più stretti con gli attori del territorio -dalle associazioni di categoria alle imprese piccole e medie ai commercianti- ad abbracciare tutte le realtà economiche, e con le istituzioni pubbliche.
Anni di novità e cambiamenti continui e sempre più rapidi per la Banca di credito cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate, che ora conta 15 sportelli; solo lo spirito del 1897 resta. E scusate se è poco.