Contro la fuga dei cervelli all’estero sosteniamo una giovane ricercatrice

L'intervento della nostra Bcc al fianco della dottoressa Barbara Mora per portare all'Ematologia dell'ospedale di Varese nuove terapie cellulari nei linfomi e nel mieloma

Formarsi all’estero per portare in Italia nuove conoscenze e nuove competenze. Contro la cosiddetta fuga dei cervelli, la nostra Bcc ha scelto di valorizzare il territorio permettendo ad una giovane ricercatrice di fare un’importante esperienza in Germania, ma con il vincolo che le conoscenze acquisite siano messe a disposizione in Italia; a Varese, in particolare. A fronte degli oltre 50.000 giovani che ogni anno lasciano il Belpaese per cercare fortuna all’estero, questa è una goccia nel mare (o addirittura nell’oceano), ma è un segnale in controtendenza perché «i giovani meritevoli devono poter avere le possibilità di crescere nel nostro Paese, contribuendo così allo sviluppo e alla crescita stessa, non solo economica ma anche culturale e sociale, di quel territorio che alla nostra Bcc sta tanto a cuore», premette il presidente della nostra banca Roberto Scazzosi.
Lei è Barbara Mora, ricercatrice di 30 anni che, dopo la laurea in Medicina con una tesi sperimentale svolta nel reparto di Ematologia a Varese, ha proseguito l’attività di ricerca traslazionale e clinica nell’ambito delle leucemie croniche. Autrice di studi e relatore a diversi convegni internazionali, grazie al sostegno della nostra Bcc, sta facendo un training formativo al Centro trapianti di cellule staminali allogeniche dell’Ematologia dell’Università di Amburgo, diretto dal professor Nicolaus Kroger -primo centro europeo per i trapianti delle leucemie croniche-, con l’esplicito obiettivo di portare a Varese nuove terapie cellulari nei linfomi e nel mieloma. L’iniziativa è stata presentata nella conferenza stampa che si è svolta a Varese, nella filiale della nostra banca, lo scorso 21 giugno, data non casuale in quanto Giornata Nazionale per la lotta contro le Leucemie.
«Assistiamo continuamente a giovani promettenti che, non trovando spazio in Italia, sono costretti ad andare all’estero per realizzarsi», prosegue Scazzosi. «Ma per crescere un territorio ha bisogno di giovani preparati e specializzati. Come istituto di credito cooperativo abbiamo raccolto la richiesta che ci è stata presentata e ci siamo messi al fianco della giovane ricercatrice Mora, già premiata in ambito internazionale, sostenendo il suo training formativo ad Amburgo presso il primo centro europeo per i trapianti. Le conoscenze acquisite saranno a beneficio dell’Ematologia varesina e dei malati di leucemia». Sottolinea: «È un investimento per il futuro; un investimento per il nostro il territorio nell’ottica di fare rete con l’Ematologia di Varese, la sezione varesina dell’AIL – Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma – e tutti coloro che sono impegnati a migliorare la qualità della vita e le aspettative dei pazienti e delle loro famiglie».
Per quanto nata solamente nove anni fa, l’Ematologia di Varese è oggi un centro di riferimento internazionale per le leucemie croniche. «Ha avviato attività a complessità sempre maggiore, fino ai trapianti di midollo autologhi -70 quelli fatti con l’utilizzo delle staminali del paziente stesso- ed è ora in grado di rispondere in maniera quasi esaustiva alle esigenze ematologiche del territorio», spiega Francesco Passamonti, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia – ASST Sette Laghi di Varese e professore ordinario di Ematologia dell’Università degli Studi dell’Insubria. «Tra i protocolli di cura a Varese manca però il trapianto allogenico. Utilizzando un donatore di cellule staminali, aumenta la complessità del programma. Per perfezionarsi, la strada è formarsi presso i centri più avanzati». L’opportunità di un training formativo ad Amburgo è arrivata al momento giusto. «La possibilità di poter fare ricerca nel primo centro europeo dei trapianti allogenici non poteva essere sprecata», prosegue Passamonti. E sul nome della ricercatrice non c’erano dubbi: Barbara Mora è stata premiata in diversi meeting internazionali e nazionali (l’American Society of Hematology nel 2018, l’European Hematology Association nel 2017, 2018 e 2019, la Society of Hematologic Oncology nel 2016 e 2017 e la Società Italiana di Ematologia nel 2017); inoltre, lo scorso giugno al congresso della Società Europea di Ematologia di Amsterdam ha presentato uno studio realizzato con l’equipe del professor Passamonti e condiviso con Ematologie europee ed americane sulle leucemie croniche con lo scopo di definire il rischio di evoluzione in leucemia acuta. «La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate ha compreso l’importanza di questa formazione e ha dato disponibilità a sostenere l’impegno di Barbara Mora», sottolinea Passamonti. «Ad Amburgo la ricercatrice sta sviluppando competenze in alcune terapie cellulari come le CAR T Cell, che saranno disponibili a breve anche in Italia nei linfomi e nel mieloma. Le competenze che acquisirà saranno inserite nell’attività dell’Ematologia varesina, anche perché il trapianto allogenico è nel piano di sviluppo dell’Ematologia di Varese».
Per Barbara Mora questa non è solamente una grande opportunità, ma anche un’importante responsabilità. «Grazie alla collaborazione creatasi negli anni tra il professor Passamonti e il Dipartimento trapiantologico di Amburgo in merito alla gestione dei pazienti affetti da leucemie croniche, si è creata l’opportunità di poter frequentare questo eccellente centro tedesco. Sono entusiasta di poter assimilare nuove conoscenze in merito alle terapie ematologiche più innovative ed efficaci, per poi condividerle al rientro con il gruppo di lavoro varesino. È per me motivo di orgoglio, ma ovviamente anche di grande responsabilità. Ritengo sia inoltre molto importante fare “rete” con altre realtà, anche a livello europeo, per poter realizzare studi clinici e analisi di dati essenziali a migliorare le possibilità di cura in ambito ematologico». Aggiunge Mora: «Le prospettive per un giovane ricercatore in Italia sono purtroppo spesso precarie, pertanto sono davvero riconoscente di potermi formare tramite questa esperienza per poi ritornare nel nostro territorio. Sono grata per il sostegno alla Bcc ed al professor Passamonti, senza dimenticare come in questi anni io abbia ricevuto il supporto di una realtà locale molto significativa, la sezione AIL di Varese».
Non capitano però di frequente occasioni come questa. I giovani talenti devono spesso fare i conti con un sistema ancora profondamente ingessato e lento, dove non sono molte le possibilità di poter crescere e dare sfogo alle proprie capacità. Nel 2017, più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero (52,6%) aveva un titolo di studio medio-alto: circa 33 mila diplomati e 28 mila laureati. Si tratta, però, di un fenomeno in crescita: considerando uno spettro temporale di cinque ani (2013-2017), gli emigrati diplomati sono aumentati del 32,9% e i laureati del 41,8%. La fotografia scattata dall’Istat non descrive meramente un fenomeno migratorio, ma racconta un processo di impoverimento del Belpaese. Per la precisione, stando a quanto dichiarato dall’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria nel luglio scorso, la fuga dei cervelli dall’Italia costa 14 miliardi di euro all’anno, l’1% del Pil. Trattandosi di capitale umano formato nel nostro Paese, le risorse pubbliche investite per l’istruzione di questi individui non vanno a contribuire al nostro sistema produttivo. «Guardando soltanto al nostro piccolo, è logico che se investiamo su un dipendente, in termini di nuove conoscenze e maggiori competenze, cerchiamo anche di fare in modo che quella persona possa dare un contributo fattivo alla crescita della nostra banca», osserva il direttore generale della nostra Bcc, Carlo Crugnola. Del resto, però, «leggendo di giovani che vanno all’estero alla ricerca di esperienze di crescita, non ci dobbiamo stupire più di tanto: viviamo in una società sempre più globalizzata, dove gli scambi con l’estero -economici, culturali, sociali- sono all’ordine del giorno e dove l’internazionalizzazione degli studi e delle carriere rappresenta un valore aggiunto per studenti e lavoratori». Ma il rapporto non deve essere a senso unico. «Quella che manca in Italia non è solamente la capacità di dare vita ad un sistema che possa offrire reali possibilità ai giovani talenti, ma anche essere attrattivo per i laureati stranieri -prosegue Crugnola-. Operare in controtendenza rispetto ad un fenomeno che va sempre più acuendosi significa creare reti per lavorare insieme. Significa anche conoscenza. E per conoscere i talenti, è necessario non rinunciare alla relazione, senza però perdere lo sguardo d’insieme. Ecco perché una Bcc come la nostra può diventare modello di sviluppo capace di porre le basi per una reale crescita. Come le piccole realtà possono trovare una nuova dimensione nel sostegno ai giovani, così la nostra Bcc trova maggiore forza all’interno del Gruppo bancario cooperativo Iccrea di cui facciamo parte». La logica è quella dell’interscambio, valorizzando le eccellenze di ciascuno. Al momento, le azioni governative messe in campo hanno operato nella direzione di riportare “i cervelli” che se ne erano andati dall’Italia attraverso l’introduzione di una serie di sgravi fiscali; strada che il primo governo Conte, attraverso il Decreto Crescita, ha ulteriormente potenziato. I risultati, come in parte emerge dalla ricerca della PwC illustrata nelle pagine seguenti, non ha portato a grandi stravolgimenti: i rimpatri rimangono pressoché stabili nel tempo. Nel complesso, come rimarcato nel report elaborato dal think-tank di studenti di Economia e giovani professionisti Tortuga, la miglior risposta alla fuga dei cervelli è nel saper diventare attrattivi . E un territorio che è capace di investire sui giovani è indubbiamente motivo di attrazione di talenti, grazie anche alla presenza di una Bcc.

 

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