La denuncia è arrivata da un consumatore, che non trovata ricariche da 5 o 10 euro nei negozi che frequentava abitualmente e si è visto proporre piani di ricarica con costi aggiuntivi. Per l’Agicom “non è rinvenibile nessuna ragione economica/commerciale per l’eliminazione dei tagli da 5 e 10 euro da determinati punti vendita, se non quella di convogliare la domanda di ricarica da 5 e 10 euro verso l’attivazione dell’offerta Ricarica Special, con conseguente pregiudizio di un numero considerevole di utenti condizionati nella scelta da una limitata disponibilità economica ed con evidente violazione delle disposizioni legislative sopra richiamate in termini di trasparenza dei prezzi e di non discriminazione tra le varie categorie di utenti”.
Ci deve essere trasparenza nei costi e possibilità per tutti, soprattutto per le fasce della popolazione più debole, di acquistare anche ricariche piccole.
“Gli operatori TIM e Vodafone – scrive l’Agicom – hanno operato in maniera analoga a Wind Tre, eliminando i tagli di ricarica da 5 e 10 per i medesimi canali di vendita (rivendite autorizzate e, nel caso di TIM, negozi aziendali), sostituendoli con offerte del tutto simili – in particolare per quanto riguarda le componenti di costo – a quelle dell’operatore concorrente”.
Inoltre “va considerato che l’aver aggiunto al costo di ricarica effettiva (rispettivamente 4 e 9 euro) un costo fisso comune (1 euro) quale corrispettivo per una prestazione sostanzialmente ininfluente (sia per la durata limitata temporalmente e la non cumulabilità, sia per la struttura delle attuali offerte di mercato, sia per la verosimile inconsapevolezza degli utenti) rappresenta anche uno strumento potenzialmente idoneo a semplificare i problemi di coordinamento e di monitoraggio nel caso di un accordo collusivo. Va ricordato, in proposito, come già argomentato nell’ambito dell’Indagine conoscitiva del 2006 citata in premessa, che “ciascun gestore dispone di un’offerta commerciale comprensiva di numerosi piani tariffari, ciascuno dei quali connotato da vari elementi di prezzo che concorrono a formare il prezzo complessivo. A fronte di ciò, un tentativo di puntuale collusione su ciascuna delle componenti che contribuiscono a comporre l’offerta commerciale degli operatori incontrerebbe elevati costi di coordinamento tra le imprese. Invece, l’applicazione di una voce comune di prezzo capace di incidere uniformemente su tutti i piani tariffari renderebbe superflua la negoziazione sulle singole componenti e immediatamente osservabile da parte delle imprese l’effettiva attuazione dell’accordo”. In tale prospettiva, allora, il contributo per la componente aggiuntiva dell’offerta potrebbe esercitare efficacemente un simile ruolo, dato che la sua peculiarità sta proprio nella sua capacità di influenzare il prezzo effettivo del servizio per qualunque piano tariffario, producendo un incremento percentuale del prezzo pari all’incidenza del contributo sul credito acquistato.
Ne discende, dunque, che la manovra commerciale in esame confligge con il quadro normativo anche relativamente al rispetto del principio della concorrenza, per i profili che questa Autorità è deputata a preservare. CONSIDERATO, inoltre, che le modalità con le quali le predette offerte vengono attivate, nonché la loro denominazione, non garantiscono la consapevolezza da parte degli utenti circa l’acquisto di una offerta di servizi diversa dalla semplice ricarica, e dunque dell’effettivo prezzo del servizio, né la certezza circa la reale volontà di procedere a tale acquisto, e pertanto si traducono, nella sostanza, in un costo fisso aggiuntivo rispetto al traffico telefonico acquistato”.
Inoltre “la manovra commerciale, consistente nell’aver sostituito i tagli di ricarica da 5 e 10 euro, acquistabili presso i rivenditori autorizzati, con offerte di pari costo per il pubblico, denominate “Ricarica Special” sia foriera, da un lato, di generare confusione circa il reale prezzo minutario corrisposto dagli utenti per la fruizione dei servizi di telecomunicazione mobile, dall’altro, di determinare un differente trattamento economico con effetti regressivi sulle fasce più deboli, anche in considerazione del fatto che le rivendite autorizzate rappresentano il canale di acquisto più agevole per gli utenti che hanno scarsa dimestichezza con tipologie di acquisto alternative”.
Una decisione a favore della trasparenza a tutela dei consumatori.