Facciamo un giro d’orizzonte per inquadrare il panorama bancario italiano e focalizzare meglio la nostra dimensione di banca locale, che ha la caratteristica di essere vicina all’andamento dell’economia del territorio, come dimostrano i risultati del bilancio 2011, ma che comunque fa parte e risente delle dinamiche di un sistema più grande. Facciamolo andando in parallelo con la disanima fatta recentemente dal direttore generale di una banca grande. Questi, partendo dalla crisi economica, ha incentrato il suo intervento sulle banche, in particolare sui luoghi comuni che, in un momento di crisi, trovano alimento. Quattro sono le accuse oggi mosse alle banche. Le banche non impiegano a favore dello sviluppo economico le risorse ricevute dalle Banca centrale Europea; le banche non fanno più credito o lo fanno a condizioni fortemente sfavorevoli per il cliente; le banche guadagnano troppo; i costi medi delle intermediazioni sono eccessivi e più alti rispetto agli istituti stranieri. Alla prima accusa il direttore generale risponde che i circa 1600 miliardi di euro fra depositi e obbligazioni bancarie raccolti in Italia sono impiegati in crediti a famiglie, imprese e pubblica amministrazione e che sono state le banche italiane i maggiori acquirenti dei titoli di Stato negli ultimi mesi, acquisti che hanno permesso la discesa dello spread con benefici per tutti. Come Bcc noi aggiungiamo che degli 85 milioni di euro ricevuti dalla nostra banca, ne abbiamo rimessi nell’economia ben 60. All’accusa di selettività il direttore oppone un dato: l’80% delle domande di credito riceve risposta positiva dal sistema bancario, percentuale in calo rispetto al passato, ma spiegabile alla luce della crisi economica e di liquidità delle stesse banche. La nostra Bcc, in questa situazione, è addirittura in controtendenza, avendo aumentato gli impieghi negli ultimi tre anni rispettivamente del 4, 5 e 6%. Sulla presunta, eccessiva redditività stiamo ai dati: le previsioni di ROE per il settore bancarie sono fra il 2 e il 3%, quando chi investe in azioni bancarie richiederebbe il 12%. Quarto e ultimo punto i costi medi di intermediazione: la forbice fra interessi attivi e passivi è del 3%, una differenza che si è assottigliata negli anni e fra le più basse in Europa. Quanto a noi, banca locale, non credo ci si possa accusare di essere cari: i nostri servizi e l’attenzione che ogni giorno dedichiamo ai soci e clienti ne sono la miglior dimostrazione. Noi in questo ultimo triennio abbiamo puntato a conseguire la massima efficienza attraverso la razionalizzazione delle risorse; non vogliamo però intervenire sulle voci notoriamente più forti dei costi, personale e filiali, come stano facendo le banche grandi, perché questo genererebbe tensioni sociali da un lato e perché è la missione stessa delle Bcc essere sul territorio, quindi anche su piazze poco redditizie. A questo si aggiunga che le banche italiane, contrariamente agli istituti stranieri, non hanno ricevuto soldi dallo Stato, e hanno conosciuto in soli 5 anni 250 provvedimenti. Se agli oltre 20 miliardi di crediti inesigibili appostati dalle banche italiane nell’ultimo biennio, si aggiungono 30 miliardi di svalutazioni dei goodwill nell’ultimo biennio, arriviamo all’incredibile cifra di 50 miliardi; di fatto una manovra finanziaria pagata interamente dal nostro settore. A questo aggiungiamo le manovre dell’agosto 2011, che hanno colpito le banche come imprese e le Bcc due volte, perché cooperative, e i due decreti del Governo Monti che di certo non sono stati teneri verso il settore. Alla luce di questi fatti dove vanno a finire i luoghi comuni e soprattutto dove andremmo a finire con banche meno forti, come qualcuno vorrebbe?