La crisi diventa spettacolo ed emozione da rivivere e capire sul grande schermo

Come tutti i grandi avvenimenti della storia, anche la crisi economica di dieci anni fa ha dato vita a documentari e film di finzione, a grandi metafore o storie parallele con cui il circo Hollywood, negli ultimi 6 anni, ha cercato in ogni modo di raccontarla e spiegarla

E, così, sono fiorite le pellicole, alcune delle quali hanno davvero fatto «cassetta », cioè record al botteghino per numeri di biglietti staccati.

Del resto, il cinema e la televisione da sempre si nutrono dell’attualità e Hollywood in particolare è uno dei sistemi di produzione più reattivi nei confronti degli accadimenti del mondo, che riesce a mettere in scena ad una velocità che spesso ha dell’incredibile. Infatti, praticamente da subito, cioè da fine 2007, in produzioni cinematografiche e serie televisive sono apparsi tra i co-protagonisti figure nuove, come lavoratori licenziati, personaggi senza lavoro, famiglie sfrattate, che nel piccolo e nel grande schermo hanno cambiato il punto di vista sul mondo e il modo di raccontare l’America rispetto agli anni precedenti.

Ma per avere dei film interamente dedicati alla crisi si deve arrivare al 2009, quando escono le prime pellicole che prendono di petto l’argomento, cercando di raccontarne e spiegarne origini, motivazioni e responsabili.

Di quell’anno, il lavoro forse più interessante è «Capitalism: A Love Story», un film documentario prodotto e diretto da Michael Moore con un budget di 20 milioni di dollari, presentato in concorso alla 66ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Leoncino d’Oro Agiscuola per il Cinema e il premio Open 2009.

Il film si pone come un atto di accusa nei confronti del sistema economico statunitense e di quello capitalistico, denunciando la «mentalità da casinò» che regna a Wall Street e mette a rischio l’intero sistema bancario. Telecamere di denuncia puntate anche sul sistema immobiliare, sull’enorme influenza esercitata al colosso bancario Goldman Sachs sulle decisioni del governo, sulla disparità sociale e sui bassissimi salari percepiti da un enorme numero di operai americani.

Ma, forse, il film simbolo del 2009 sulla crisi, anche se è stato ripreso da un romanzo scritto nel 2001, è «Tra le nuvole», che nel 2010 ha vinto il Golden Globe per la migliore sceneggiatura e ha ottenuto sei candidature agli Oscar come miglior film, miglior regista, miglior attore a George Clooney, miglior sceneggiatura non originale e la doppia candidatura per la categoria miglior attrice non protagonista a Vera Farmiga e Anna Kendrick. Nel racconto, George Clooney è un tagliatore di teste, che, passando tantissimo tempo negli spostamenti aerei, fisicamente si reca nelle società in crisi e licenzia le persone per conto dei capi. Nel film, le molte persone a cui fa il suo letale discorso di licenziamento non sono attori, ma sono vere persone che hanno perso il lavoro in quella medesima maniera, cioè congedati da uno sconosciuto per conto della società per cui lavoravano.

L’opera che ancor oggi è forse la più completa ed esaustiva in materia è «Inside Job», un documentario del 2010 prodotto, scritto e diretto da Charles Ferguson, vincitore dell’Oscar al miglior documentario nel 2011.

Divisa in cinque capitoli, la pellicola viviseziona la crisi globale, definita «tsunami economico», e mostra come e perché si sia arrivati impreparati a quei drammatici giorni in cui non si è riusciti ad aggiustare un meccanismo che, quando si è inceppato, ha travolto l’economia e causato una recessione senza precedenti. Con il suo lavoro, Charles Ferguson rende facilmente comprensibili termini quali cartolarizzazione, strumenti derivati, prestiti predatori.

Tre sono le pellicole che meritano ancora di essere citate (e viste).

Le prime due sono del 2011. «Margin Call» (che è il nome tecnico dei livelli di prezzo di un titolo ai quali scatta l’escussione di un collaterale -cioè una garanzia, in genere in denaro- messo, appunto, a garanzia di un finanziamento), scritto e diretto da J. C. Chandor ed interpretato da Kevin Spacey, Jeremy Irons, Zachary Quinto e Simon Baker, si svolge in 24 ore dentro una grande banca di investimenti come Lehman Brothers o le altre che sono fallite (ma con un altro nome) e cerca di mettere in scena in maniera drammaturgica quel che può essere successo. Le ventiquattr’ore si svolgono attraverso la storia di Sam, un broker di Wall Street, combattuto tra il condividere la scelta del suo amministratore delegato, che è intenzionato a svendere tutti i titoli tossici della società in modo da salvarla dal fallimento, e la consapevolezza che questa decisione potrebbe causare il tracollo di milioni di persone e devastare i mercati mondiali.

L’altra pellicola del 2011 è «Too Big to Fail», letteralmente «Troppo grande per fallire», che è un’espressione entrata nell’uso comune del linguaggio politico degli anni della crisi per definire banche, istituti creditizi o aziende considerate troppo grandi all’interno delle rispettive economie perché possano essere private dell’intervento pubblico in caso di rischio di bancarotta. Il film, che ha vinto un «Writers Guild of America Award» per la miglior sceneggiatura non originale e ha ottenuto 11 candidature agli Emmy Award, è sicuramente completo e dettagliato ma complesso e ostico per il pubblico, nonostante i grandi interpreti, come James Woods e William Hurt.

In ogni caso, «Too Big to Fail» si concentra sui tre mesi tra Agosto e Ottobre del 2008 e aiuta davvero a fare ordine negli eventi della crisi. Più recente, è infatti uscito nelle sale nel 2015, è «The Big Short» (La grande scommessa), diretto da Adam McKay, con Christian Bale, Steve Carell, Ryan Gosling e Brad Pitt. Vincitore dell’Oscar 2016 alla miglior sceneggiatura non originale (la pellicola è tratta dal libro di Michael Lewis «The Big Short – Il grande scoperto») e candidato ad altri quattro premi Oscar, tra cui quello per il miglior film, è ispirato ad eventi e personaggi reali. Il film segue le storie simultanee di tre gruppi di persone (il manger di un fondo di investimento, un investitore navigato e due giovani investitori arrivisti) che hanno scoperto le basi per la crisi finanziaria del 2007-2008 e riescono a ricavarne enormi profitti.

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