Conta più la fiducia dei soldi di Draghi

Il direttore Luca Barni
L'editoriale del direttore della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate

Voglio attenermi alla stretta attualità in questo editoriale e spendere qualche parola sull’argomento di questi giorni di metà marzo, il quantitative easing lanciato dalle BCE e le grandi aspettative che attorno a questa maxi operazione si nutrono. Lungi da me indossare i panni del guastafeste, specie al cospetto di una manovra salutata da tutti come positiva (e lo è). Il punto è: positiva per chi? Quello che preme a tutti, me compreso, è la ripresa dell’economia reale. Ebbene, mi spiace deludere qualcuno, ma i 60 miliardi mensili da destinare all’acquisto di titoli di Stato (oltre a obbligazioni e corporate bond) dei Paesi in migliore salute (la Grecia aspetta fuori) non si tradurranno in beneficio immediato per imprese e famiglie. Queste risorse, invece, entreranno immediatamente in circolo sulla Finanza. E uso la maiuscola per distinguere tra la disciplina, a livelli altissimi, fine a se stessa, e quella che dialoga con l’economia reale, ossia con le persone, la loro attività lavorativa e la loro vita personale. Infatti l’acquisto di titoli da parte della BCE, come prima cosa, deprezzerà la nostra moneta e farà calare i rendimenti, quindi, rispettivamente, da un lato aumenteranno inflazione e competitività dell’eurozona, dall’altro diminuiranno i tassi d’interesse e saranno rimodulati i bilanci delle banche. Soffermiamoci su questo ultimo effetto, perché qui si concentrano le aspettative, confidando nell’equivalenza soldi incassati-soldi impiegati nell’economia. A dirla tutta, ormai da diversi mesi a questa parte, quello che non è mancato alle banche è la liquidità. Ma questa disponibilità non ha prodotto un’inversione di tendenza. E allora potranno fare la differenza i soldi in arrivo dall’Europa? Nessun analista ci crede. Se un vero effetto avrà il quantitative easing non sarà tanto per l’iniezione di liquidità nel mondo del credito, quanto qualcosa che può sembrare meno oggettivo, ma che in economia pesa moltissimo, la fiducia. Soltanto se la liquidità immessa nel circuito genererà fiducia potremo invertire quella rotta che, dall’inizio della crisi, ha fatto calare i consumi dell’8% e gli investimenti del 25%. È fuorviante portare l’esempio dell’iniezione di denaro praticata a partire dal 2008 dalla Federal Reserve statunitense: negli Usa, fra i grandi proprietari dei titoli di Stato, ci sono anche le aziende, e da qui i benefici immediati in chiave ripresa; in Europa no, perché sono detenuti da fondi e banche, la Finanza di cui sopra. E siamo daccapo, o c’è la fiducia nell’impiegare in imprese e famiglie le risorse o il quantitative easing resterà fenomeno di alta quota, senza dirette e immediate conseguenze sulla vita di tutti i giorni. Posso parlare a ragion veduta di questo argomento, perché la nostra BCC, dallo scorso anno, ha rimesso il segno più davanti agli impieghi, senza attendere Draghi. Certo il nostro + 1 % negli impieghi anche se non fa statistica, qualche risultato concreto sul territorio lo produce. Ma gli italiani non sperino che arrivi dall’Europa quello che devono trovare in loro stessi, quella fiducia che, come dicono tanti, è la vera moneta dell’economia.

 

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