Oggi, esattamente 78 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa arrivarono al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e liberarono i superstiti. Oggi si celebra il giorno della memora. I prigionieri del campo di concentramento di Buchenwald dovettero aspettare ancora per 11 settimane.
E’ responsabilità personale di ognuno di noi ricordare quanto è accaduto perché non si ripeta mai più. Ogni uomo, donna o bambino deve contare come tutti gli altri. Il giorno della memora è un giorno in cui capire come e perché si arrivò a tanto con il nazismo, perché non accada mai più.
Ottantotto chili di occhiali. Centinaia di arti protesici. Dodicimila pentole e padelle. Quarantaquattromila paia di scarpe. Quando i soldati sovietici si riversarono ad Auschwitz nel gennaio 1945, incontrarono magazzini pieni di enormi quantità di beni altrui. La maggior parte delle persone che le possedevano erano già morte, assassinate dai nazisti nel più grande campo di sterminio e concentramento dell’Olocausto.
“Si sono precipitati verso di noi gridando, sono caduti in ginocchio, hanno baciato i lembi dei nostri soprabiti e ci hanno gettato le braccia intorno alle gambe”, ha ricordato Georgii Elisavetskii, uno dei primi soldati dell’Armata Rossa ad entrare ad Auschwitz. Dopo cinque anni di inferno, Auschwitz fu finalmente liberato.
Chi è nato dopo la seconda guerra mondiale non ha responsabilità per quello che è accaduto, ma ha il dovere di capire di ricordare, di ascoltare quei pochi rimasti che ancora ci sono e parlano di quanto è accaduto, di chi è stato imprigionato, umiliato, messo alla fame, torturato e non solo psicologicamente. Abbiamo la responsabilità di batterci contro l’antisemitismo, il razzismo, l’odio, la violenza e il totalitarismo, questo è il significato del giorno della memoria. E’ un giorno dove prendere posizione e non essere indifferenti, non è solo storia passata è la vita dei nostri antenati, nemmeno tanto lontani, dei nostri nonni, dei nostri bisnonni.
I tedeschi fecero distruggere il più possibile delle testimonianze e per persino degli edifici dei campi di concentramenti dagli stessi prigionieri. Iniziarono a distruggere le prove dei loro crimini. Uccisero la maggior parte degli ebrei che avevano lavorato nelle camere a gas e nei crematori di Auschwitz, poi distrussero la maggior parte dei luoghi di sterminio. Ordinarono ai prigionieri di abbattere molti edifici e distrussero sistematicamente molte delle loro meticolose registrazioni della vita del campo. Hanno anche preso provvedimenti per spostare gran parte del materiale che avevano saccheggiato dagli ebrei che avevano assassinato altrove. Così nacquero le marce della morte, lunghi viaggi forzati da Auschwitz verso altri campi di concentramento e di sterminio. A partire dal 17 gennaio, i prigionieri furono costretti in lunghe colonne e gli fu detto di camminare verso ovest verso il territorio ancora detenuto dalla Germania. Solo quelli in buona salute (un termine relativo nei campi tormentati dalla malnutrizione e dalle malattie) potevano partecipare, e quelli che cadevano venivano fucilati e lasciati indietro. Le marce della morte, avvenute in condizioni di freddo estremo, hanno ucciso fino a 15.000 prigionieri. Coloro che rimasero furono costretti a salire su vagoni merci aperti e spediti in altre parti del Reich, dove furono trasferiti in vari campi ancora sotto il controllo tedesco.
Ad Auschwitz trovarono circa 9.000 prigionieri in pessime condizioni di salute. Erano rimasti senza cibo, carburante, acqua. Un piccolo gruppo di prigionieri più sani si occupava dei malati.
Durante l’Olocausto sono state uccise milioni di persone, erano ebrei, Sinti, Rom, disabili, omosessuali. Una ideologia disumana, contro la pluralità, li ha additati come causa dei problemi economici e della guerra. Oggi è il giorno, non del perdono, ma del ricordo, della difesa della libertà, della diversità e della democrazia. Oggi è il giorno di schieraci dalla parte dei più deboli, di chi non può difendersi, questo è il modo perché la storia non si ripeta.
Ora spetta a noi.