Il piano di eradicazione dell’epatite C, così anche come stabilito a livello nazionale, in Lombardia si avvarrà “dell’amplificazione dello screening per classi di età (1969-1989) ma soprattutto per quelle popolazioni identificate come fragili- ha ricordato Chiesa- i PWID (People who inject drugs, ndr), cioè i soggetti che assumono sostanze per via endovenosa ma non solo; gli MSM (Men who have sex with men, ndr), cioè gli uomini che praticano attività sessuale con altri uomini, ma anche i detenuti e i migranti. Ma non dimentichiamo neppure gli alcol dipendenti, poiché il 15% di questa popolazione è risultata essere positiva all’epatite C”.
I Ser.D. della Lombardia, intanto, sembrano pronti a recepire questo piano: “In Lombardia si è fatto e si sta facendo uno sforzo importante per identificare il Servizio per le tossicodipendenze, con i suoi professionisti, come centro di esecuzione dello screening ma anche della terapia (point of care), che è molto ‘semplice’ e quindi praticabile su vasta scala. Questa è la strategia”. La difficoltà, ha però sottolineato Chiesa, risiede nel fatto che “non tutti i Ser.D. della Lombardia si sono nel tempo attrezzati per fare questo tipo di attività, né a livello formativo né organizzativo”. Quanto alle terapie per combattere l’epatite C, oggi efficacissime, Chiesa ha raccontato: “La mia esperienza, soprattutto con I soggetti tossicodipendenti, parte da lontano, quando ancora le terapie erano a base di interferone ribavirina. Già da allora ho potuto sperimentare una grande compliance in questa popolazione, con il raggiungimento di risultati di efficacia pari alla popolazione generale”.
Ma è “chiaro” che con i nuovi strumenti Daa (agenti antivirali ad azione diretta), che sono “in sostanza due classi di farmaci, ma che fanno sempre riferimento ad un tipo di approccio ‘interferon free’, quindi con un’assoluta mancanza di effetti collaterali e con una maneggevolezza anche in termini di tempo- ha spiegato Chiesa- perché non dimentichiamo che le nuove terapie si articolano su uno spazio temporale di 8/12 settimane, oggi dal punto di vista delle cure abbiamo a disposizione una grande innovazione. Con questi strumenti in mano trattare popolazioni da sempre definite ‘difficili’ potrà essere solo una strada in discesa, cioè sarà un grande beneficio per tutti in termini di rapidità ed efficacia”, ha concluso.
“In Lombardia, nonostante le difficoltà dovute al Covid, siamo riusciti lo stesso a riunire il tavolo tecnico, composto da gastroenterologi, infettivologi e tecnici, e sta per andare in delibera un documento che prevede come attuare e utilizzare i fondi per lo screening dell’epatite C nelle carceri e nei Ser.D.. E questo sfruttando un modello che nella nostra regione era già preesistente e che è stato guidato, mi permetto di dire, da me insieme ad altri colleghi. In Lombardia la situazione è insomma assolutamente avanzata, ora è solo da chiarire la questione dei test da utilizzare, che sono già indicati nel decreto attuativo”. Lo ha detto il dottor Roberto Ranieri, responsabile dell’Unità operativa di Sanità Penitenziaria nella Regione Lombardia, coordinatore degli infettivologi degli istituti penitenziari di Milano e vicepresidente della SIMPSE (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria), nel corso di una intervista rilasciata alla Dire in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie.
Il corso, dal titolo ‘Diagnosi precoce e trattamento dell’epatite C nel paziente utilizzatore di sostanze’, rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane. “In Lombardia il tavolo tecnico già esisteva- ha spiegato Ranieri- ed eravamo alla firma del documento proprio in prossimità di quello sciagurato 20 febbraio 2020, quando scoppiò l’epidemia. Ma siamo stati abbastanza fortunati, perché è stato sufficiente riprenderlo in mano nel corso di due o tre riunioni e licenziarlo. Il documento è in fase di delibera nei prossimi giorni, si stanno solo valutando alcuni aspetti tecnici riguardanti i test da acquistare”.
“A livello nazionale sono stati stanziati 71 milioni e mezzo di euro con il decreto Milleproroghe, e successivamente con il decreto attuativo, per l’attività di screening spalmata su due anni (2021-2022). La Regione Lombardia potrà godere di uno stanziamento pari circa a 13 milioni di euro, di cui 5,5 milioni per l’anno in corso e con la prospettiva anche di allungare il passo fino al 2023″. Lo ha fatto sapere il dottor Alberto Chiesa, dirigente medico dell’azienda socio-sanitaria territoriale di Melegnano e della Martesana (Lombardia), in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. Il corso, dal titolo ‘Diagnosi precoce e trattamento dell’epatite C nel paziente utilizzatore di sostanze’, rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.
“Si utilizzerà quindi questo importante afflusso di capitali per le attività di screening con la strategia del test rapido- ha proseguito Chiesa- che potrà essere sia orale sia su prelievo capillare, applicato a livello dei Ser.D. e delle carceri e comunque sulle popolazioni fragili. Cosa che, tra l’altro, è già stata fatta negli anni scorsi in maniera attenta e con risultati molto importanti dal dottor Roberto Ranieri su tutte le carceri milanesi. L’obiettivo dunque è individuare la popolazione affetta, attraverso una strategia di testistica rapida, e curarla immediatamente”.
Quanto alle altre Regioni, adesso ciascuna deve “prendere atto della decisione presa lo scorso dicembre in conferenza Stato-Regioni, elaborando un documento che dia luogo alle attività di implementazione dello screening”. Certo è che ancora una volta, a causa delle risorse impiegate per l’emergenza Covid, prima per il trattamento e poi per le vaccinazioni, le regioni “hanno subito una battuta di arresto”.
Dunque, a differenza della Lombardia, in “molte Regioni si devono ancora costituire i tavoli, in altre sono appena all’inizio. Ma sono abbastanza ottimista- ha sottolineato Ranieri- per quelle Regioni in cui già esiste un circuito tra Serd.D. e istituti penitenziari, ora si tratta soltanto di metterlo a regime. E non sarà complicato per quelle regioni che hanno già delle reti stabilite”. In conclusione, secondo Ranieri, serve “al più presto una cabina di regia a livello nazionale”.