5 maggio: giornata europea per il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità

Tutti hanno diritto a una vita autonoma. Condividiamo questa filosofia perché cambi la mentalità delle persone.

Si celebra il 5 maggio la Giornata europea per il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità. Una “filosofia” che nasce a Berkley nel 1972 dalla prima agenzia per la vita indipendente. Da qui partirono i primi tentativi di autodeterminazione e partecipazione alle attività comuni sociali delle persone con disabilità. Avere una vita indipendente significa un’assistenza autogestita tramite un progetto educativo individualizzato e una somma di denaro gestita in prima persona dal diretto interessato.

Il Comitato lombardo per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, Abbatti le Barriere, Disabili Pirata e ComodalBasso chiedono

  • finanziamenti sufficienti per assumere assistenti personali e norme che li prevedano,
  • investimenti per abbattere le barriere architettoniche e per impedire che ne vengano costruite di nuove,
  • parità di accesso a scuola, lavoro, casa, trasporti, sanità, servizi urbani e tutto quanto una società civile mette a disposizione di tutti i cittadini e le cittadine.

Ricordano che la disabilità è solo una delle tante caratteristiche che contraddistinguono gli uomini e le donne della nostra specie. Le diverse disabilità comportano diversi tipi di svantaggi che, secondo la Costituzione italiana, vanno superati per il raggiungimento di una pari dignità sociale e del pieno sviluppo della persona umana. Questi obiettivi possono essere conseguiti soltanto assicurando alle persone con disabilità il diritto a una VITA INDIPENDENTE, affinché possano autodeterminare la loro esistenza e fare delle scelte come tutte le persone libere e uguali.

Ancora oggi purtroppo le persone con disabilità sono considerate un imprevisto. Di conseguenza le società e i governi non sono preparati ad accoglierle e mettono a disposizione soluzioni organizzative ancora inadeguate o addirittura ostili. I risultati sono: discriminazione, emarginazione, segregazione, umiliazione e sofferenza.

Si può essere segregati in casa propria se non c’è un’assistenza personale o gli ausili giusti per poter uscire di casa quando lo si desidera o quando necessita; così come è emarginante essere inseriti in qualche residenza, struttura, comunità, perché non ci sono alternative. È umiliante e discriminante non poter accedere, per la presenza di barriere architettoniche o per la mancanza di assistenti personali che ci accompagnino o rimangano a disposizione per bisogni e necessità, ai luoghi dove vanno tutte le altre persone.

C’è chi dice che è una questione di costi, ma non è così. È una questione di modo di pensare, di cultura. I costi ci sono, devono esserci, perché i lavoratori vanno pagati. Il problema è: per fare cosa? Non certo per confezionare le persone con disabilità come patetici bambolotti lavati, vestiti e piazzati davanti a un televisore o “animati” con giochetti di società, ma per permettere loro di essere se stesse, di esercitare la propria capacità di autodeterminazione, come ogni essere umano vorrebbe.

È un sentiero che tutte e tutti dobbiamo calcare sia per solidarietà che per investimento sul proprio futuro. Provate a girare con una carrozzina anche solo per un imprevisto temporaneo e vedrete quanto c’è ancora da fare!

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