I lavori dei pazienti malati di cancro fatti nei laboratori di arte terapia in mostra a Saronno

Costellazioni” che propone decine di quadri realizzati, con diverse tecniche, “dalle bolle di colore a puff di stoffa colorata” dai pazienti del reparto di oncologia dell’ospedale di Saronno.

Le opere realizzate saranno esposte in Sala Nevera e in parte donate all’Ospedale per valorizzarne il contesto. La mostra è stata organizzata grazie all’iniziativa di Saronno Point. I quadri realizzati in reparto rimarranno esposti fino al 15 dicembre.

“Fare arte” significa portare bellezza e consente di tirar fuori le emozioni più profonde, “parlare” dei propri vissuti attraverso un linguaggio universale in cui ci si può riconoscere e lasciare una traccia personale per poi comunicarla agli altri, raccontarsi ed esprimere, entrando in contatto con il piacere di creare e talvolta di “rinascere”,  spiega la dottoressa Maria Marconi, psicologa e psicoterapeuta dell’Oncologia medica dell’Ospedale di Saronno, psiconcologa Breast Unit ASST Valle Olona. “a malattia porta spesso a vivere il proprio corpo come un nemico, un traditore. Questo è causato dai mutamenti fisici, come la caduta dei capelli, la corporeità modificata e deturpata dagli interventi chirurgici, che si traducono spesso nell’incapacità di guardarsi e accettarsi, determinando una mutazione e non accettazione dell’immagine di sé. Il laboratorio artistico e le opere realizzate hanno la finalità di favorire la libera espressione di tutte le potenzialità degli utenti, fino a che possano affermarsi come protagonisti delle loro azioni ed esperienze, ridefinendo sé stessi”.

“Nell’atelier di arteterapia si comunica attraverso gli strumenti dell’arte; – scrive Laura Muscarella, arte terapeuta –  Il prodotto artistico diventa un’alternativa alla parola, soprattutto nelle situazioni in cui il linguaggio verbale sia inibito, bloccato o non efficace. L’utente impara insieme all’arteterapeuta a servirsi di un linguaggio altro, basato su un codice condiviso, quello artistico. Pensieri ed emozioni diventano “simboli comunicabili”, che l’arteterapeuta è in grado di decodificare. Il manufatto prodotto dall’utente è allora il perno della relazione terapeutica: una volta messi su carta, è possibile rielaborare i contenuti affettivi emersi (spesso in maniera caotica) e cercare di riorganizzarli”.

 

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