Non si rigenerano soltanto cellulari, computer, automobili: oltre ai dispositivi tecnologici, anche i pezzi più usurati delle nostre città hanno speranza di essere restituiti a nuova vita e riguadagnati alla causa delle comunità locali. Nascono, o meglio rinascono, così l’ex caserma di Sansepolcro già adesso sede di mostre ed eventi, prossimamente spazio per coworking e per una startup culturale; la piazza Gasparotto a Padova che, dopo la chiusura dei negozi con lo stato di abbandono che ne è seguito, accoglie uno spazio di coworking, la sede di un circolo sportivo e diventa orto sfruttando le fioriere messe a disposizione dal Comune. Se all’inizio la rigenerazione urbana è stata intuizione di “visionari”, scoccata dove c’erano ferite da sanare, oggi questa consapevolezza si trova nella città di Piero della Francesca come in quella della Cappella degli Scrovegni, a Torino come a Milano e Bologna. A stimolarla ci associazioni come Kilowatt, Dynamoscopio, Su Misura, Avanzi che, partendo dalle magagne dei quartieri più difficili, sperimentano modi diversi di pensare e abitare le città che si riconoscono nella formula dei community hub. Le politiche di rigenerazione urbana prendono di mira una porzione di città pensando ai suoi cittadini: non ci potrà essere progetto senza il loro coinvolgimento attivo, non ci sarà rigenerazione urbana senza innovazione sociale. E siccome sono tanti gli strappi nei tessuti urbani, le iniziative si moltiplicano e si istituzionalizzano. Al bando Culturability per la rigenerazione degli spazi emesso dalla Fondazione Unipolis hanno concorso 522 progetti. Ma anche il Pubblico si muove: il Bando Periferie ha stanziato 500 milioni per progetti di riqualificazione; il Progetto ValoreFari dell’Agenzia del Demanio, insieme con il Ministero della Difesa e gli enti locali, concede in affitto i vecchi fari per convertirli al turismo sostenibile; l’Anas mette a disposizione le case cantoniere per concederle a terzi che le dovranno convertire in strutture ricettive. Idee cercansi… purché inclusive.
Piazze, edifici in disuso: in tutto lo Stivale cominciano a diffondersi progetti di rigenerazione urbana partecipata e inclusiva