Marciamo convinti verso il futuro a dispetto di gufi e civette

Il presidente Roberto Scazzosi

Ci risiamo. Da qualunque parte la si guarda piovono critiche e previsioni funeree sul cammino che stiamo percorrendo. E così, per la seconda volta di seguito, mi ritrovo ad utilizzare lo spazio di questo mio editoriale non solo e non tanto per rispondere a gufi e civette, che hanno abbandonato il buio della notte per proliferare sui media e sui social, quanto per ribadire con chiarezza la consapevolezza di una scelta. Perché se lasciamo sempre senza risposta i richiami inquietanti dei rapaci notturni, c’è il rischio della proliferazione incontrollata degli uccelli del malaugurio.
Ricordate? A marzo citavo La Repubblica, che attaccava le Bcc per i suoi «profili deteriori del localismo bancario», vagheggiando di un sistema fatto solo di grandi banche. E così cercavo di spiegare che la forza del nuovo gruppo sta proprio nel nostro «localismo».
Questa volta, a colpirmi è stato un intervento che gira con insistenza sulla rete, da alcuni rilanciato via WhatsApp anche a tanti nostri soci e clienti, che parla di «morte delle Bcc», con un’orazione funebre che è l’esatto contrario dell’intervento apparso su quel quotidiano.
In questo caso si parla della nostra casa comune come di una holding tesa a far sparire la pluralità delle nostre banche «per averne un numero ridottissimo che risponderanno alle logiche del mercato finanziario internazionale», con il risultato di avere perso «il valore dello spirito mutualistico, cooperativo e localistico, che era una tradizione culturale italiana», per creare una rete di «sportelli locali di prodotti standardizzati».
Il fatto bizzarro è che nell’orazione funebre prima si tessono le lodi di quello che siamo («anticiclici … vicini ai risparmiatori e alle piccole imprese … attenti a sostenere i territori»), per poi darci per spacciati e sacrificati sull’altare dei fondi speculativi esteri, che sarebbero pronti «a condizionare il potere nell’assemblea del nuovo gruppo».
Ma, mi chiedo, davvero qualcuno pensa che tutti noi, io per primo, saremmo pronti a gettare alle ortiche cento e più anni di storia, di lavoro e di sacrifici, prima dei nostri padri fondatori e, oggi, di ognuno di noi?
Lo dico con chiarezza: se pensassi anche solo per un istante che il gruppo bancario cooperativo potrebbe snaturare quello che siamo, mai acconsentirei a firmarne la partecipazione e mi batterei fino in fondo per difendere la bontà del nostro modello di banca locale, confermato una volta di più anche dai risultati del nostro bilancio di quest’anno e dalle iniziative a favore del territorio che abbiamo messo in campo. Tutte cose di cui parliamo diffusamente in altra parte del giornale.
La verità, con buona pace dei pennuti crepuscolari, è che il nuovo gruppo bancario cooperativo Iccrea è il naturale punto di approdo della nostra storia e del nostro ruolo: garantire il credito ai piccoli e essere vicini alle famiglie, alle imprese e alle comunità dei nostri territori.
L’avere deciso di conferire al gruppo il potere di indirizzo e controllo sulla banca che ho l’onore di presiedere è una scelta meditata e convinta, che rafforzerà l’intero sistema del credito cooperativo, farà mantenere ad ognuno la sua presenza autonoma sulle zone di riferimento e ci permetterà, tutti assieme, di fare meglio quello che abbiamo sempre fatto: valorizzare e sostenere la crescita dei nostri territori.
Questo è il cammino che stiamo facendo verso l’unico futuro in cui crediamo e che abbiamo deciso di intraprendere con convinzione.

 

 

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