«Nel 1974 eravamo a circa un decennio dalla conclusione del Concilio Vaticano II, e c’era un grande fermento che agitava la comunione ecclesiale, come del resto anche oggi, perché è di tutti i tempi. E appunto il nostro arcivescovo ha scelto questa parola: “Siate semplici come le colombe e prudenti come i serpenti». Siete stati generati nel popolo di Dio, siete stati scelti dal Signore per ritornare al popolo di Dio con queste due caratteristiche», ha ricordato Don Ambrogio Colombo durante la messa di commiato dalla comunità di Busto Garolfo, che ha servito per gli ultimi 14 anni.
«La semplicità delle colombe, così la commentava il nostro arcivescovo, rappresenta la fiducia e l’accoglienza verso ciò che è nuovo, tutto ciò che è fresco e intatto nelle sue promesse native. Non per nulla, nella Bibbia la colomba appare come segno dello Spirito Santo, paraclito, creatore di una mentalità nuova, di un cuore nuovo, di un mondo nuovo. Entrate dunque, diletti candidati, nel mondo di oggi, semplici come le colombe, con apertura fiduciosa verso tutti e verso tutto.
Ecco questa apertura grandiosa a cui ci invitava il nostro arcivescovo, che sapeva vedere e affrontare il nuovo. E nello stesso tempo ci diceva: «Imparate il linguaggio nuovo del nostro tempo, offrite con umiltà e cuore a chiunque incontrerete il dono della speranza, che non inganna mai». Ecco allora il primo atteggiamento sul quale ci ha invitato a camminare come sacerdoti nel ’74 il nostro arcivescovo. Questo deve essere: semplicità come la colomba, che è una semplicità di accoglienza, di apertura, di creatività nello Spirito Santo, generando sempre speranza. E siate prudenti come il serpente, che fu la salvezza di tutti nel deserto con Mosè, e lui ha detto: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”. Allora, questa prudenza dei serpenti in che cosa consiste? Consiste nella prudenza con cui Cristo ci manda nel mondo. Non può quindi essere che la sua prudenza. San Paolo la esprime con una formula programmatica: “Tutto provate, ma tenete ciò che è buono”. E questo davvero è un grande impegno, proprio per quell’apertura di cui parlavamo prima, che ci permette di incontrare tutta la realtà.
Non dovremo mai dimenticare che vivere in comunione con la Chiesa sarà sempre la vera strada maestra della nostra credibilità e della nostra prudenza cristiana, che vuol dire non fare di testa propria, ma sentirsi davvero sempre in comunione totale con la Chiesa. Non siate insofferenti dell’antico, ma neppure diffidenti del nuovo. La prudenza evangelica vi porterà a discernere ciò che è veramente nuovo da ciò che ha soltanto un’apparenza illusoria di novità. Amate il moderno e sceglietelo, ma solo quando in esso scorgete trasparire l’eterna novità dello Spirito Creatore, e sappiate seguire gli insegnamenti della Chiesa, tenendo conto che ciò che insegnate non è vostro, ma è del Signore. I sacramenti non sono vostri, neppure la liturgia è vostra, e anche la vostra linea pastorale diocesana non è vostra, ma vi viene dal Vescovo.
Devo dire che davvero questa capacità di apertura verso tutti e di legame forte alla Chiesa è stata un grande dono dello Spirito Santo in questi anni di sacerdozio, in cui, anche nei momenti più difficili, ho visto che lo Spirito Santo, in un modo semplice ma continuo, appianava la strada davanti a me. Ecco perché, nell’immaginetta che vi ho consegnato in occasione del cinquantesimo, vi ho parlato di questo fuoco, nella pagina iniziale, che arde nel cuore di coloro che si sentono chiamati. E il coraggio di rispondere, proprio nella gioia della mia comunità cristiana d’origine e della mia famiglia, per cui ringrazio grandemente il Signore. Ho potuto dire davanti alla proposta di Gesù fin da piccolo: “Eccomi, mio Signore, sono disposto come Maria a fare ciò che Tu vuoi da me”, e ho visto nel cammino verso il sacerdozio la strada del senso e della realizzazione piena della mia vita. Questa parola di Dio suggerita dallo Spirito Santo mi ha accompagnato per tutta la vita sacerdotale e mi accompagna tuttora, soprattutto nei momenti difficili», ha concluso.
La sua opera di parroco è stata spirituale, ma anche concreta. Il suo ultimo lascito alla città è stata la realizzazione di un corso per ausiliari socio assistenziali presso la locale casi di riposo, San Remigio. «L’iniziativa è il frutto maturato da un lungo percorso di aiuto alle persone in difficoltà, dal microcredito con la Bcc alla solidarietà per il lavoro, in collaborazione con la Bcc e con il Comune e con la Caritas Parrocchiale», ha spiegato presentando l’iniziativa. Il corso Asa è l’ultimo tassello di questa catena di aiuti e solidarietà per le persone che hanno voglia di fare, che lascia in eredità a Busto Garolfo, prima di ritirarsi per un periodo di meritato riposo.
Il presidente della Bcc, Roberto Scazzosi ha ricordato così la collaborazione il parroco. «La collaborazione con Don Ambrogio è sempre stata caratterizzata dal rispetto reciproco dei ruoli e dalla consapevolezza di ciò che era davvero possibile realizzare insieme. È un uomo che ha lavorato incessantemente per il bene della nostra comunità e che nell’ultimo anno ha avuto al suo fianco il bravissimo don Giovanni Patella, che sono certo ne continuerà l’opera e di cui il prossimo 22 settembre festeggeremo l’ingresso ufficiale come nuovo parroco del paese».
«Signore, tu mi chiami sempre a elevarmi, sempre di più. E io ti dico: “Ti seguo”, non contemplandoti solo sulla croce, ma guardando oltre la croce, contemplando te risorto, meta suprema della nostra vita», concludeva la sua predica nella messa di celebrazione per i 50 anni di sacerdozio. «Cosa vuoi da me, Signore? Fammi capire. Eccomi, sono pronto a camminare ancora con te. E il tuo nome lo loderò sempre, in terra e in cielo».