Cosa esporta Varese e la sua provincia? Macchine, abbigliamento, farmaci e materie plastiche

Gli ultimi dati provvisori disponibili sul commercio estero varesino, relativi al primo semestre 2018, confermano una crescita dei flussi commerciali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

L’export della provincia ha registrato una crescita del 10,3%, raggiungendo i 5,4 miliardi di euro; è aumentato anche l’import, segnando un +8,2% (sempre rispetto al primo semestre 2017) e raggiungendo i circa 3,3 miliardi di euro. Queste dinamiche hanno portato ad un saldo commerciale positivo (+2,1 miliardi di euro) ed in crescita rispetto al primo semestre del 2017 (+13,8%). Questi i dati emersi dall’ultimo rilevamento dell’Ufficio Studi dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese.

MERCATI

Riguardo i mercati di riferimento, rispetto al primo semestre 2017, l’Unione Europea (UE28) si è confermata la prima area di destinazione delle merci varesine con un export in aumento del 14,6%. Variazioni degne di nota sono state registrate anche verso l’Asia Orientale (+25,7%), gli altri paesi europei non UE (+10,9%) e l’Oceania (che ha visto quasi raddoppiare l’export). Tra i paesi, la Germania e la Francia, in confronto allo scorso trimestre, hanno riguadagnato rispettivamente un primo ed un secondo posto nella classifica dei mercati di destinazione dei prodotti varesini. La Polonia continua a segnalare un tasso di crescita molto elevato (con un export triplicato rispetto al primo semestre dello scorso anno), sebbene l’effetto determinato in parte da alcune consegne legate al settore aerospaziale, e registrato nel trimestre precedente, si sia parzialmente esaurito. Fuori dall’UE, la Cina ha registrato un tasso di crescita a doppia cifra (+27%). Considerevole è stata anche la crescita dell’export registrato verso la Russia (+27,6%) e l’Australia (circa raddoppiato), sebbene questi mercati siano fuori dalla classifica delle prime dieci destinazioni dei prodotti varesini.

PRINCIPALI SETTORI

In termini di composizione settoriale, con riferimento ai comparti maggiormente rappresentativi del territorio, si evidenzia che il 61% delle esportazioni ha avuto origine dal settore metalmeccanico, il 9% dal tessile-abbigliamento, l’11% dal chimico-farmaceutico e l’8% dal settore gomma e materie plastiche. Sotto l’aspetto della dinamica si rilevano delle differenze tra i settori analizzati, sebbene l’export di quasi tutti i principali comparti produttivi abbia registrato variazioni tendenziali (rispetto al primo semestre 2017) positive.

Le vendite all’estero del metalmeccanico hanno registrato la crescita maggiore tra i comparti più rappresentativi dell’economia locale: rispetto al primo semestre 2017, l’export è infatti aumentato del 13,7%, le importazioni invece hanno registrato una crescita dell’8,2%. All’interno del settore si evidenziano però delle profonde differenze di risultato tra i diversi comparti. Le esportazioni aerospaziali trainano la crescita del commercio estero nel settore, l’aumento infatti registrato rispetto al primo semestre 2017 risulta pari a +66,6%; cresce anche l’export di computer e prodotti di elettronica e ottica (+11,4%); dei prodotti della metallurgia (+5,7%), dei prodotti in metallo (+5,1%), e degli autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (+3,4%); restano stabili sui livelli del primo semestre 2017 le apparecchiature elettriche; calano invece i macchinari    (-1,9%).

Sempre rispetto al primo semestre 2017, il settore tessile, abbigliamento e pelletteria ha registrato un aumento delle esportazioni (+5,1%), a fronte di un’importante riduzione delle importazioni (-6,6%). In termini di export, si registra una crescita, sebbene di intensità diversa, in tutti i comparti: i prodotti tessili segnano un +1,5%; gli articoli di abbigliamento un +9,5%; gli articoli in pelle un +11%.

Tra i comparti produttivi più rappresentativi dell’economia locale, l’export del settore chimico-farmaceutico ha registrato la seconda maggiore variazione, rispetto al primo semestre 2017. Il settore ha infatti visto un incremento delle esportazioni pari al +9,4%, accompagnato anche da un incremento delle importazioni (+10,2%). Riguardo i comparti che compongono il settore, mentre le esportazioni di prodotti chimici sono rimaste stabili (+0,3%), l’export dei prodotti farmaceutici è cresciuto del 72,5%. Anche l’import è aumentato in entrambi i comparti, rispettivamente dell’11,1% e del 4,1%.

Il settore gomma e materie plastiche, rispetto al primo semestre dello scorso anno, ha registrato una stabilizzazione dell’export (+0,7%) ed un contemporaneo leggero aumento dell’import (+2,5%). In termini di export, ci sono però delle differenze tra i comparti: mentre gli articoli in gomma registrano un -3%, le materie plastiche segnano un +1%. Le importazioni risultano invece in aumento sia nel comparto gomma (+3,6%), che in quello delle materie plastiche (+2,2%).

Tra i comparti più di nicchia, rispetto al primo semestre del 2017, si è registrata una crescita delle esportazioni nel settore del legno (+13,3%), ed in quello della carta e stampa (+11,4%). In rallentamento invece il settore degli alimentari e bevande (-5,1%).

“Il dato che emerge dalla rilevazione del nostro Ufficio Studi – commenta il Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Riccardo Comerio – è sicuramente positivo. Ma in questi mesi, da quando abbiamo acquisito a fine giugno queste prestazioni sul mercato ad oggi, sta cambiando il mondo. E lo dico letteralmente, per non cadere nell’equivoco che l’aumento dell’incertezza delle imprese dipenda soltanto dal quadro politico nazionale. Lo è, bisogna ammetterlo, in parte. Ma non solo. L’inasprirsi delle misure che potrebbero portare ad una guerra commerciale a suon di dazi non può che essere un elemento destabilizzante della tenuta di economie, anche locali, come quella varesina, con una propensione all’export più spiccata rispetto a quella di altri territori. Un’industria, come quella del Varesotto, che esporta oltre il 40% del valore aggiunto prodotto, non può che guardare con apprensione questo alzarsi di muri tariffari. Il libero scambio è una di quelle certezze che stanno venendo meno nel sistema economico e imprenditoriale ed è il primo elemento di timore e di freno alla fiducia nel prossimo futuro. I timori per il momento non si stanno concretizzando in un calo delle nostre vendite all’estero, come ci dimostrano i numeri, ma siamo solo all’inizio di questa nuova fase internazionale che sta minando le basi di quel multilateralismo commerciale che poteva fare la fortuna di paesi come quello italiano dove il bello e ben fatto ha alti tassi di apprezzamento sui mercati. Proprio in un momento come questo di incertezza internazionale sul fronte del commercio le imprese hanno bisogno di sentire vicino il proprio Governo e le proprie istituzioni. Come proposto da Confindustria in un documento inviato all’Esecutivo per suggerire delle misure da inserire in sede di Legge di Bilancio, occorre oggi più che mai pensare ad un piano di promozione del Made in Italy a cui affiancare strumenti finanziari e incentivi all’internazionalizzazione che potrebbero impattare ben poco sui bilanci pubblici. Confindustria stima 230 milioni all’anno. Cifre ben diverse rispetto a quelle che richiedono altre misure di cui sentiamo parlare, ma non per questo meno efficaci in termini di difesa del lavoro. Ve lo assicuro. Ci sono numerose aziende, anche in provincia di Varese, che danno lavoro a tanti giovani, e che esportano oltre l’80% del proprio fatturato. Penso alla meccanica, ma anche al tessile, alla chimica, alla gomma, all’occhialeria. Affiancare queste realtà nella presenza e presidio dei mercati vuol dire tutelare il lavoro esistente e creare le opportunità per crearne di nuovo”.

 

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