Tre aziende in provincia di Varese finanziate tramite private equity

Attraverso i private equity è possibile cedere quote a uno o più operatori specializzati, che investono a medio o lungo termine in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo e crescita.

Nella Provincia di Varese, tre risultano essere i deal realizzati dagli operatori di private equity, tutti di tipologia buy out: l’acquisizione di Irca (con una valutazione della società pari ad oltre 500 milioni di Euro in termini di enterprise value), condotta da The Carlyle Group, quella di Nutrilinea, a cura di White Bridge Investments (con un investimento di 40 milioni di Euro per una quota del 60%), e quella di Tekni-Plex, azienda con oltre 190 dipendenti e 80 milioni di Euro di fatturato, realizzata da Genstar Capital.

Le operazioni di private equity si caratterizzano come investimenti istituzionali in capitale di rischio e consistono nell’acquisizione temporanea da parte di un investitore finanziario specializzato, di una quota di partecipazione al capitale di una società target , generalmente non quotata, finalizzata alla realizzazione di un guadagno in conto capitale in un arco temporale medio/lungo. L’investitore diventa quindi socio a tutti gli effetti dell’azienda che finanzia e, in virtù di questo apporta ad essa risorse economiche e una serie di competenze professionali finalizzate a supportare la strategia d’impresa e la realizzazione di obiettivi preventivamente concordati con l’imprenditore.

La Lombardia è da sempre risulta essere il principale bacino per gli operatori di private equity, nel corso del 2017 ha rappresentato il 36% del mercato. Seguono Emilia Romagna (18% del totale), Veneto (17%) e Piemonte (7%). Emilia Romagna e Veneto, in particolare, confermano il trend di crescita intrapreso nell’ultimo biennio. Nel Mezzogiorno, si sono chiuse quattro operazioni (5 nel 2016), di cui due in Puglia ed una, rispettivamente, in Campania e Basilicata.

Per quanto concerne i settori d’intervento, il 2017 conferma l’ormai consolidato interesse degli operatori verso i prodotti per l’industria (38%, in deciso aumento rispetto allo scorso anno) e la tenuta del comparto dei beni di consumo (19%). A seguire, si rileva la presenza del settore terziario (servizi professionali ad eccezione di quelli finanziari) con l’8% e di quello alimentare (7%). Al quinto posto, si conferma l’industria dei servizi finanziari (6%), grazie al notevole sviluppo delle fintech. In termini di deal origination, non emergono particolari inversioni di tendenza. Le imprese private e familiari, registrando solo un leggero decremento delle preferenze (67% nel 2017, rispetto al 70% nel 2016), continuano a rappresentare larga parte delle opportunità di investimento. Le cessioni di rami d’azienda di imprese italiane scendono dall’8% al 5%. Si amplifica la rilevanza dei Secondary Buy out, che evidenziano una sostanziale crescita rispetto al 2016 (24% vs 16%). In lieve riduzione, invece, il passaggio di quote di minoranza tra operatori e le cessioni di rami d’azienda di imprese straniere (per un complessivo 4%).

Dal punto di vista delle principali evidenze, nel 2017 il mercato conferma la tendenza già registrata negli ultimi anni (dopo la parentesi del 2011 e del 2012), con una netta prevalenza delle operazioni di Buy out, che si attestano al 67% delle preferenze (anche se è da segnalare la riduzione rispetto al 77% dell’anno precedente). In ripresa, seppur faticosa, gli Expansion con una quota del 25% rispetto al 22% del 2016. Il residuo 8% del mercato è costituito principalmente dai Turnaround (6%, in decisa crescita rispetto all’1% dell’anno precedente), mentre il 2% è relativo ad interventi di Replacement.

Anche se molto probabilmente con modalità differenti rispetto a quanto avvenuto in passato, questo dato conferma come gli operatori continuino ad indirizzare l’attenzione verso operazioni in cui l’acquisizione della maggioranza consenta sia una massimizzazione dei rendimenti, sia un approccio in linea con le professionalità maturate nel tempo, pur in presenza di una leva finanziaria ormai da qualche anno sempre piuttosto contenuta. Sempre con riferimento alla tipologia di deals realizzati, sono stati registrati 15 add-on (12% del mercato complessivo), in diminuzione rispetto al dato del 2016 (23 operazioni, 23% del mercato), a conferma, comunque, di un ruolo ormai di stabile rilevanza assunto dai progetto di aggregazione industriale nel settore. Ad aggiudicarsi il titolo di operatore più attivo nel corso del 2017 sono Wise SGR ed Idea Capital SGR, che chiudono con 8 operazioni ciascuno (per Wise SGR, la metà corrisponde a deals di tipologia add-on). Segue, con 4 investimenti, F2i SGR. Nel dettaglio, risulta sostanzialmente stabile il livello di concentrazione nel 2017: 22 operatori hanno raccolto intorno a sé il 50% dell’attività d’investimento, rispetto ai 23 del 2016.

I dati sono stati diffusi dal diciassettesimo Rapporto dell’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM® della LIUC Business School.  “Il settore del private equity conferma ed anzi consolida nel 2017 il buono stato di salute già evidenziato nel corso del biennio precedente. – affermano Anna Gervasoni, Presidente PEMÒ e Francesco Bollazzi, Responsabile PEMÒ – In particolare, il 2017 ha definitivamente segnato il ritorno a livelli di attività di fatto in linea con quelli pre-crisi: il dato che emerge, 123 operazioni, non si registrava dal 2008”.

 

 

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