Nel DNA di un antenato preistorico c’è la chiave per comprendere e combattere una rara patologia umana. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, finanziati anche dalla Fondazione Telethon. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
Stiamo parlando della sindrome di Lesch-Nyhan, una rara malattia caratterizzata dall’accumulo eccessivo di acido urico nel sangue , che ha come conseguenze gotta, problemi renali e gravi deficit neurologici. La malattia, che colpisce individui maschi, è di origine genetica: si eredita dalla madre (portatrice sana) e il gene “difettoso” è collocato sul cromosoma X. Questo gene contiene le informazioni per una proteina che ha il compito di riciclare le purine, componenti essenziali di DNA e RNA.
I ricercatori dell’Università di Parma hanno studiato un’altra proteina coinvolta nel metabolismo delle purine, che si chiama urato ossidasi, che è presente in tantissime specie animali ma che la specie umana ha perso nel corso della sua storia evolutiva. Nell’uomo il gene risulta inattivato: la ricostruzione in laboratorio dei mutamenti genetici della specie umana avvenuti durante l’evoluzione fa capire di più sul ruolo e sul funzionamento della proteina urato ossidasi.
È stato quindi confrontato il patrimonio genetico di otto diverse specie di scimmie antropomorfe (uomo incluso) con quelli di altri vertebrati, sono state mappate cinque mutazioni del gene codificante per la urato ossidasi e poi è stata studiata una particolare variante, che oggi potrebbe rivelarsi in grado di funzionare per evitare l’accumulo di acido urico nel sangue.
Il primo passo per sviluppare una terapia enzimatica sostitutiva della sindrome di Lesch-Nyhan.