Chimica, la ripresa c’è. E parte da innovazione e specializzazione

Dal convegno per i 100 anni di Federchimica emerge la solidità del settore: produzione +1%, nell'export siamo secondi solo alla Spagna, bassa incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari

Ieri a Milano Federchimica, l’associazione di categoria delle imprese del settore, ha festeggiato al Teatro Dal Verme i suoi primi 100 anni. Proprio nel capoluogo lombardo è cominciata la storia di alcuni imprenditori chimici che, tramite la nuova realtà associativa, hanno portato l’Italia ad avere un ruolo di primo piano nel settore chimico in Europa e nel mondo. Sono nate infatti in Italia tante scoperte che hanno rivoluzionato il mondo.
“In questi 100 anni tutto è cambiato, ma non la capacità dell’industria chimica di anticipare le sfide destinate a diventare proprie di tutta l’industria. Scelte coraggiose in ambiti strategici come la ricerca, la sostenibilità, le relazioni industriali”.
Così commenta Cesare Puccioni, Presidente di Federchimica. “La nostra storia si intreccia indissolubilmente con lo sviluppo industriale, economico e sociale del Paese, con profondi cambiamenti ma anche forti elementi di continuità.
La Chimica è “cambiamento”: della materia, dei processi produttivi, dei prodotti, della qualità della vita; cambia se stessa e fa cambiare gli altri e ha bisogno di un’Associazione che anticipi i tempi”.
L’industria chimica è stata la prima a introdurre quelle innovazioni capaci di rivoluzionare interi settori produttivi, di generare ondate di cambiamento anche nella società e di creare progresso, non solo economico. Lo fece in Italia con Giacomo Fauser e il processo di sintesi dell’ammoniaca e con Giulio Natta e il polipropilene, che, insieme alle altre plastiche, nel Dopoguerra, consentì, ad ampie fasce della popolazione, di accedere ai beni di consumo e al benessere.
Una vocazione al rinnovamento, alla ricerca e allo sviluppo determinanti anche per resistere alla gravissima crisi di questi anni.
Puccioni commenta la situazione congiunturale: “Nel 2015 l’industria chimica in Italia ha visto un recupero della produzione (+1.0%,circa 52 miliardi di euro), anche se la ripresa fatica a rafforzarsi in uno scenario internazionale che risulta denso di rischi e dominato dall’incertezza”. I dati mostrano infatti un posizionamento più solido dell’industria chimica rispetto a molti altri comparti industriali italiani: ad esempio l’incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari (5,8%) si conferma la più bassa del panorama industriale. Nonostante i gravi condizionamenti del Sistema Paese, la performance all’export della chimica italiana è tra le migliori in Europa: dal 2010 l’Italia è seconda solo alla Spagna, con un risultato lievemente migliore anche della Germania, principale produttore chimico europeo. Spicca, in particolare, la chimica fine e specialistica, che si conferma un’area di specializzazione italiana con un surplus commerciale in continua espansione dal 2010, che nel 2015 ha raggiunto quasi i 2,8 miliardi di euro.
“Siamo stati primi anche nella grande sfida del futuro, lo sviluppo sostenibile” ha proseguito Puccioni. “La chimica ottimizza i processi produttivi utilizzando sempre meglio le risorse, minimizzando l’uso di quelle più preziose, riutilizzandole o sostituendole con altre meno rare e costose, e anche più sicure, valorizzando anche gli scarti”.
Con la concorrenza dei Paesi emergenti, basare l’innovazione sulla ricerca diventa una necessità per tutto il Made in Italy. Nella chimica questa consapevolezza si è fatta avanti da tempo, portando all’affermarsi di imprese, anche piccole e medie, fortemente votate alla ricerca, specializzate in particolari famiglie di prodotti di qualità e orientate ai mercati internazionali: dall’automobile alla casa, dall’abbigliamento all’arredamento e in tanti altri settori, la chimica contribuisce decisamente a difendere dalla competizione internazionale le produzioni realizzate in Italia e, con esse, tanti posti di lavoro.
Proprio perché innovazione e qualità sono le chiavi del suo successo, l’industria chimica da sempre valorizza la centralità strategica delle risorse umane, considerate come persone da formare e coinvolgere, superando le logiche di contrapposizione tra lavoro e capitale tipiche del Novecento.
Puccioni sottolinea, perciò, il ruolo innovativo nelle relazioni industriali: “Le nostre idee e il modo in cui le abbiamo realizzate nel CCNL, negli anni, hanno anticipato tutti e in alcuni casi hanno ispirato anche il legislatore: ad esempio con le normative contrattuali in materia di sicurezza e con il Progetto Ponte noto anche come Staffetta generazionale. È accaduto anche con la scala mobile conglobata nei minimi contrattuali, con la flessibilità sugli orari di lavoro, con l’avvio dei Fondi settoriali di Previdenza e Sanità integrativa Fonchim e FASCHIM e, ancora, con le deroghe contrattuali e l’abolizione degli scatti di anzianità.
Anche l’ultimo rinnovo conferma la solidità e la validità di questo sistema, che, attraverso il CCNL, ha anche l’obiettivo di preparare e di indirizzare le Parti sociali aziendali verso sfide e confronti innovativi e responsabili, ad esempio introducendo la formazione congiunta obbligatoria degli attori sociali.
Fare ricerca porta anche all’esigenza di migliorare l’interazione con la formazione scolastica e universitaria e con la ricerca pubblica, attraverso iniziative volte a creare nel sistema una più forte sensibilità industriale. In questa direzione si pone una nuova iniziativa che Federchimica ha lanciato in occasione della sua Assemblea: “Scienza e Industria chimica insieme”, con la quale si sostengono tesi di laurea di interesse industriale con premi e tirocini. Federchimica ha già messo a disposizione dieci premi a cui si sommano quelli delle imprese.
“I passi avanti di cui la chimica è capace servono a tutto il Paese: vorremmo perciò che il Paese la guardasse in modo diverso e finalmente positivo” ha concluso Puccioni.

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