Conferme, tutte positive, e molti segnali di ulteriore crescita per le due università del territorio tra Varese, comasco e altomilanese.
LIUC – la LIUC si conferma al secondo posto della classifica del Censis e merita il punteggio massimo, come lo scorso anno, per le strutture, oltre a confermare buoni risultati sull’internazionalizzazione (un aspetto, questo, che emerge anche dal recente rapporto del Consorzio Almalaurea, con il 44% dei laureati della LIUC che svolge un periodo di studio all’estero contro una media complessiva del 12,8%). Spicca il risultato di Ingegneria: sia per la laurea triennale che per quella magistrale, il corso di Ingegneria della LIUC si piazza infatti al primo posto, a confronto, in questo caso, con tutti gli atenei non statali a prescindere dalle dimensioni. “Un bel risultato che non mi stupisce affatto – commenta il Rettore della LIUC Federico Visconti – soprattutto guardando all’aspetto della progressione di carriera. Quando mi chiedono che cosa fa la LIUC per aiutare i propri laureati ad entrare nel mondo del lavoro, non posso non ricordare le opportunità di internazionalizzazione, l’attività del nostro Career Service ma anche la ricerca a fianco delle imprese. Il risultato? In particolar modo per Ingegneria non riusciamo a soddisfare tutte le richieste delle aziende che si rivolgono a noi per avere laureati con questi profili. Da anni, inoltre, i nostri ingegneri in molti casi trovano lavoro già prima della laurea”. Anche per Economia ottimi risultati, con un secondo posto alla triennale e un primo alla laurea magistrale e ottime performance per l’internazionalizzazione.
Insubria – Gli iscritti all’Università dell’Insubria si laureano prima rispetto ai colleghi di altre università. Lo dice il XX Rapporto sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati: l’età media alla laurea, infatti è pari a 25,5 anni per il complesso dei laureati, (24,8 anni per i laureati di primo livello e i 26,9 anni per i magistrali biennali) la media nazionale è 26; ma soprattutto nei tempi previsti: infatti ben 61,1 laureati su cento terminano l’università in corso, contro una media del 51,1 per cento a livello nazionale: in particolare, sono il 63% tra i triennali, il 45,9% tra i magistrali a ciclo unico e il 75% tra i magistrali biennali. Il voto medio di laurea all’Insubria è 100,9, a livello nazionale il voto medio è 102,7; in particolare, 99 per i laureati di primo livello e 107,6 per i magistrali biennali. Alla voce “Tirocini, studio all’estero e lavoro durante gli studi” i laureati Insubria sono nella media rispetto agli altri: il 56,7% dei laureati ha svolto tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi, 57,9% a livello nazionale e le esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di laurea (Erasmus in primo luogo) riguardano il 11% dei laureati, stesso valore a livello nazionale 11,1%. Leggermente più alto rispetto alla media è invece il valore dei laureati che ha svolto un’attività lavorativa durante gli studi universitari: è il 70,6% contro una media nazionale del 65,5%. Il Rapporto sulla Condizione occupazionale dei laureati ha riguardato complessivamente 2.268 laureati dell’Università dell’Insubria. Il 63,2% dei laureati triennali ha deciso di immettersi sul mercato del lavoro: a un anno dalla laurea il tasso di occupazione è dell’80,9%, molto più alto di quello nazionale che è del 71,1% e il guadagno medio è 1.276 euro contro 1.107 euro mensili netti. «Ma quanti fanno quello per cui hanno studiato? Si è presa in esame l’efficacia del titolo, che combina la richiesta della laurea per l’esercizio del lavoro svolto e l’utilizzo, nel lavoro, delle competenze apprese all’università – si legge nel Rapporto -. Sono il 56,3% gli occupati che considerano il titolo molto efficace o efficace per il lavoro che svolgono» la media nazionale è del 52,8%. Per i laureati magistrali a un anno dal titolo il tasso di occupazione è l’84,4% e a cinque anni dal titolo sale all’94,1%, e retribuzioni a 1659 euro mensili netti. Ma dove vanno a lavorare? Il 78,5% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 20,0% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit (0,8%). L’ambito dei servizi assorbe il 73,8%, mentre l’industria accoglie il 23,8% degli occupati. Marginale la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.