Pagamenti, la PA lascia a desiderare

È di 40 giorni il tempo medio dei pagamenti nella pubblica amministrazione, contro il termine di legge di trenta. È il risultato dell’indagine del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) condotta sugli enti che hanno adempiuto all’obbligo della comunicazione dei dati relativi alla fatturazione elettronica. Ancora prima di parlare di rispetto della scadenza è opportuno soffermarsi su questo aspetto preliminare: soltanto il 28% delle 20mila amministrazioni fornisce infatti in tempo reale le informazioni richieste sui pagamenti. Le fatture registrate dal 1° luglio 2014 al 30 giugno di quest’anno sono state 8 milioni per un importo complessivo di 46 miliardi di euro. Fino ad allora, però, i dati sui pagamenti sono disponibili su 2 milioni di fatture (per 10 miliardi) e danno appunto un tempo medio di 40 giorni. Sia chiaro: non voleva essere l’elenco dei buoni (mentre i cattivi, risultano, in questo caso, assenti), ma stimolare l’effetto emulazione il documento redatto nei mesi scorsi dal MEF. Era indispensabile, del resto, fare il punto: gli enti pubblici hanno metabolizzato la legge che impone loro la fatturazione elettronica e il rispetto del termine dei trenta giorni per il pagamento? La norma è entrata in vigore nel giugno 2014 per le amministrazioni centrali, nel marzo 2015 per tutte le altre. Da qui la “Top cento” della puntualità che vede in testa la Provincia di Arezzo, che liquida i fornitori, in media, in tredici giorni (77% l’importo pagato su quasi 5mila 300 fatture), cui segue l’Agenzia delle Entrate che di giorni ne impiega due in più, ma realizza una percentuale più alta (97% l’importo pagato su oltre 45mila 500 fatture) e il Comune di Pavia: in 19 giorni paga il 99% dell’importo di oltre 10mila 600 fatture. Se si guarda poi agli enti che comunicano con maggiore solerzia i propri dati sui pagamenti (quel 28% virtuoso di cui sopra) la media scende ancora a 32 giorni. I numeri, in altre parole, andranno rivisti proprio perché, e lo ha chiarito il MEF sul suo sito, “il numero e l’importo delle fatture effettivamente pagate è superiore a quello registrato dalla piattaforma di monitoraggio perché soltanto alcuni enti comunicano i dati relativi ai pagamenti”. L’obiettivo dichiarato è quello di promuovere la comunicazione delle fatture saldate arrivando al 60% di quelle registrate già quest’anno per giungere alla totalità dei dati disponibili entro giugno 2017. Da notare che, ancora una volta, risalta la frattura Nord-Sud: nella top cento rientrano infatti soltanto due enti del Mezzogiorno (il Comune di Gravina di Catania, con il 96% delle fatture saldate in 29 giorni, e la Prefettura di Brindisi, con il 93% delle fatture pagate in 34 giorni). Come si può vedere entrare nella top cento non significa soddisfare in toto la legge; soltanto 44 degli enti che figurano, infatti, rispetta la fatidica scadenza dei 30 giorni. Fra le realtà elencate soltanto due rientrano nel territorio di competenza della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate; i Comuni di Legnano e Cerro Maggiore, rispettivamente 21esimo e 25esimo nella classifica assoluta, ma ottavo e dodicesimo se si considerano soltanto i Comuni. Nei cento, invece, non figura alcun ente pubblico dell’altra porzione di territorio di riferimento per la banca, la provincia di Varese. Non sarà un caso, viste le difficoltà dei pagamenti che avevano guadagnato gli onori della cronaca mesi fa; problemi che, anche se non occupano più le colonne dei quotidiani, restano.

14_bisLa BCC aveva già affrontato anni fa il problema dei pagamenti dal proprio punto di vista, quello di istituto che presta risorse che non sono restituite, un male che ha afflitto tutto il sistema del credito con particolare virulenza negli anni della crisi. Si parlò, al proposito, di un effetto “domino”, con effetti simili a quelli di una reazione a catena sulla filiera economica e finanziaria. Qui gli attori sono altri, ma medesima resta la logica: un danno pecuniario e le crepe nella fiducia, che dell’economia è motore al pari della professionalità in gioco e delle doti imprenditoriali. Ecco quindi alcune voci che testimoniano le difficoltà di essersi pagati in quel di Varese. «Stiamo lavorando da tempo per smobilizzare i crediti che le nostre imprese vantano nei confronti della Provincia di Varese –spiega Juri Franzosi, direttore generale dell’Associazione nazionale costruttori (Ance) Varese–. All’inizio di maggio abbiamo siglato un protocollo d’intesa con Villa Recalcati che prevede la cessione del credito a Finlombarda a un tasso del 2-2,5%. Stiamo palando di un importo fra gli otto e i dieci milioni di euro. A causa delle difficoltà finanziarie e organizzative in cui versa la Provincia questo protocollo è rimasto al momento poco utilizzato. Stiamo quindi ridefinendo una parte del protocollo perché questo diventi operativo nel 2016. Sulla falsariga di questo protocollo ne abbiamo stipulato uno anche con Upel, l’unione provinciale enti locali, che raccoglie i 138 comuni del territorio provinciale di Varese». Conferma il problema anche Mauro Frangi, presidente di Confcooperative Insubria: «Nonostante le tante iniziative assunte dai Governi negli ultimi anni la questione dei ritardi nei pagamenti rimane. Consideriamo che sono molti i casi in cui le prestazione rese dalle cooperative sono al 100% di lavoro, quindi con il problema degli stipendi, dei contributi e degli oneri fiscali da regolare con regolarità. È una questione su cui a vari livelli lavoriamo con il Credito cooperativo e il nostro consorzio fidi creando prodotti specifici per supportare le imprese. Detto questo, e fermo restando che se una cooperativa non è pagata per le proprie prestazioni non avrà mai le risorse per investire, oggi la situazione è migliorata rispetto al passato. Ed è migliore in questa porzione della Lombardia rispetto ad altre zone d’Italia, con particolare riferimento al sud». Altra voce critica che si leva dal territorio quella del presidente di Confartigianato Varese Davide Galli: «Nonostante il protocollo di impegni sul pagamento dei debiti della PA firmato da Rete Imprese Italia con il Ministero dell’Economia nel luglio 2014 e l’obbligo alla Pubblica Amministrazione, dal 1° gennaio 2013, di pagare i propri fornitori entro 30 giorni per le imprese il problema dei debiti della PA persiste, così come c’è ancora un nodo da sciogliere di cui non si parla frequentemente: il mancato pagamento delle imprese ad altre imprese. I due problemi, messi insieme ad altri, hanno atrofizzato il sistema economico italiano». Confartigianato cita a tal proposito un documento di Banca d’Italia dell’ottobre 2015 in cui si stima  che l’importo per i ritardi dei pagamenti della PA ammontasse, a fine 2014 a 70 miliardi di euro, in linea con quello registrato a fine 2008 (inizio della crisi) dopo i picchi del 2012-2013. I tempi di pagamento delle Amministrazioni Pubbliche, sempre secondo la Banca d’Italia, arrivano a 125 giorni con un ritardo medio stimabile in 110 giorni. «La provincia di Varese non è avulsa da questo fenomeno –prosegue Galli–: secondo un sondaggio di Confartigianato Varese risalente a inizio 2015 su un campione di 1.500 imprese il 67% degli intervistati dichiarava di vantare crediti nei confronti della PA: il 48% con i Comuni, il 22% con lo Stato, il 17% con il Sistema Sanitario Nazionale e il 13% con imprese pubbliche». L’ammontare del credito era di circa 2omila euro per impresa e i pagamenti, con buona pace della Direttiva europea introdotta nel 2013 (saldo fattura entro i 30-60 giorni), andavano ben oltre i 90 giorni per il 67% del campione. I tempi di pagamento, in questo ultimo anno, sono scesi di 21 giorni, ma la PA italiana si conferma la peggiore pagatrice di tutta l’Europa: salda i fornitori dopo 144 giorni contro la media UE di 38 giorni. «Si tratta di ritardi ingiustificati – conclude il numero uno di Confartigianato Varese – anche perché sembra che alla PA sia permesso di tutto, mentre a un’impresa questi ritardi comporterebbero seri guai legali. Nel frattempo il Governo è fin troppo timido nel tagliare quella spesa pubblica che libererebbe risorse a favore delle imprese a caccia di liquidità. Eppure non è difficile pensarci: a fine mese un imprenditore deve pagare gli stipendi, onorare i debiti con le banche, saldare le bollette, versare le tasse. Come può farlo se non viene pagato per quello che fa?».

PER APPROFONDIRE

Il caso 1/Legnano:

Ha “salutato” con un comunicato stampa l’ottavo posto fra i comuni virtuosi nei pagamenti Legnano: «Abbiamo accolto questa classifica con grande soddisfazione –ha commentato il sindaco Alberto Centinaio– perché certifica il pieno rispetto dei termini di legge previsti per i pagamenti ai privati da parte delle pubbliche amministrazioni. È un riscontro oggettivo e concreto degli effetti positivi della politica da noi annunciata nel secondo semestre 2014 di dare la massima priorità ai pagamenti alle imprese per immettere senza indugio liquidità nel sistema produttivo locale e contribuire così allo sviluppo dell’economia e del lavoro nel nostro territorio».

Il caso 2/Cerro Maggiore:

«Il Comune di Cerro Maggiore ha saputo recepire la normativa sui pagamenti grazie a un grande lavoro da parte della struttura –spiega l’assessore al Bilancio Emanuela Banfi –. Riuscire a pagare le fatture in 27 giorni rappresenta un risultato importante che colloca Cerro Maggiore come dodicesimo Comune nella classifica stilata dal Mef. Non è stato facile perché il Patto di stabilità pone limiti alla spese correnti e non è semplice arrivare a eseguire tutti i pagamenti. Siamo ben consapevoli che rispettare il termine di legge per i pagamenti significhi garantire le tante imprese locali fornitrici del Comune».

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