Il report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana sulla povertà in Italia diffuso lo scorso giugno, attraverso le informazioni provenienti da 3.124 centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane, dislocati in 206 diocesi in tutte le regioni italiane, fotografa la situazione delle persone che si rivolgono alle cosiddette mense dei poveri. E se nell’ultimo anno è calata la quota dei nuovi poveri, che passa dal 45,3% al 41,0%, è cresciuta invece la percentuale delle persone con povertà “intermittenti” e croniche, riguardanti in particolare quei nuclei che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno o che permangono da lungo tempo in condizione di vulnerabilità: una persona su quattro è infatti accompagnata da una Caritas diocesana da 5 anni e più. Sembra quindi mantenersi uno zoccolo duro di povertà che si trascina di anno in anno senza particolari scossoni e che è dovuto a più fattori; il 55,4% dei beneficiari ha manifestato contemporaneamente due o più ambiti di bisogno. Venendo all’identikit di chi si rivolge alla Caritas, dal report si scopre che si tratta di donne (51,5%) e uomini (48,5%), con un’età media che si attesta sui 47,2 anni. Cala l’incidenza delle persone straniere che si attesta sul 57%. Alta, invece, l’incidenza delle persone con figli: due persone su tre (66,2%) dichiarano di essere genitori. Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non è dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro è un lavoratore povero. Inoltre la percentuale dei percettori del reddito di cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà sostituita oggi dall’assegno di inclusione, si attesta al 15,9%, dato in calo rispetto agli anni precedenti.

