Molti di noi li hanno ricevuti in regalo da nonni previdenti in occasione di un compleanno, della Prima Comunione, qualcuno addirittura già alla nascita. E, se da bambini eravamo abbastanza coscienziosi, lasciavamo nelle mani dei nostri genitori le “mancette” di numerosi Natali e compleanni, o i primi soldi guadagnati con piccoli lavoretti, affinché li depositassero proprio lì. Sono i libretti del risparmio al portatore, uno strumento che per decenni ha fatto parte della quotidianità di tante famiglie. E non erano certo solo cosa per bambini: fino non molti anni fa sono stati di uso comunissimo (e qualcuno li usa ancora oggi) per depositare e prelevare piccole somme, praticamente per tutti gli italiani. La loro storia è lunga e affonda le radici nei tempi dell’unità d’Italia. I libretti al portatore, rilasciati da banche e poste, furono ideati nel 1875 dall’allora ministro delle finanze Quintino Sella, colui che si trovò a “fare l’Italia” post unitaria dal punto di vista dello sviluppo economico. In un Paese dove la modernizzazione era ancora tutta da avviare, con pragmatismo il ministro promosse provvedimenti volti a riformare anche il credito e il risparmio; questo tenendo presenti le abitudini di un’Italia che perlopiù teneva i soldi sotto il materasso, un popolo poco istruito che non aveva dimestichezza con gli istituti di credito. Quintino Sella propose quindi strumenti facili da usare e istituì tre forme di raccolta di denaro che esistono ancora oggi: il conto corrente, il buono postale fruttifero e, appunto, il libretto di risparmio. Che, essendo “al portatore”, si poteva usare senza bisogno di atti o annotazioni formali, quindi ideale per l’ambito familiare. Le somme erano modeste e i risparmi accumulati spesso erano “di scopo”: pagare una dote, la scuola dei figli, avere una rete di salvataggio se fossero sopraggiunte spese impreviste. Inoltre, con i libretti al portatore non si correva il rischio di andare in rosso, perché si poteva prelevare solo quanto si è depositato. In più di 140 anni, milioni di italiani hanno conosciuto questo strumento, per moltissimi la prima e più basilare forma di risparmio e investimento per il futuro. Oggi i libretti al portatore vanno in pensione: dal 4 luglio di quest’anno gli sportelli bancari e gli uffici postali non possono più rilasciarne di nuovi, mentre quelli esistenti andranno estinti entro il 31 dicembre 2018. Motivo? L’Italia ha recepito la IV direttiva europea sul risparmio, volta a prevenire con norme più stringenti il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.
Già, perché la non tracciabilità dei depositi e dei prelievi, col tempo, aveva reso i libretti al portatore uno strumento utile anche ai riciclatori di denaro sporco, agli evasori fiscali e in generale a chi cercava di finanziare attività illecite. Se ci si fa caso, anni fa nelle cronache giudiziarie non di rado si trovava notizia di ingenti sequestri di libretti al portatore, a volte anche per valori esorbitanti, perché si scopriva che criminali e malavitosi li usavano per finanziare i loro traffici e per occultare fondi neri. Proprio per questi motivi, in realtà, i libretti al portatore vivevano in una sorta di “zona grigia” già da tempo, e negli ultimi anni soprattutto una serie di provvedimenti ne ha limitato fortemente l’importo e anche la caratteristica alla quale i disonesti erano più interessati, cioè l’anonimato. Nel 1991 un decreto rese obbligatoria l’identificazione e la registrazione di chiunque aprisse un rapporto bancario, di fatto rendendo anche i libretti al portatore molto simili ai nominativi. Nel 2005 fu fissato un massimo di 12.500 euro per l’importo, che nel 2011 fu ulteriormente abbassato a 999.99 euro con il decreto salva-Italia del governo Monti. Ora, il colpo finale: la necessità di uniformarsi alla direttiva di Bruxelles fa sparire anche ciò che rimaneva dell’antico titolo. E adesso? Chi possiede ancora un libretto al portatore ha tempo fino a fine 2018 per andare in banca o in posta, restituire il supporto cartaceo e poi fare una di queste tre operazioni: ritirare i contanti, trasferire il denaro su un conto corrente oppure chiedere la conversione del libretto al portatore in libretto nominativo. Chi si presenterà oltre la scadenza fissata sarà multato e dovrà comunque ritirare la somma accumulata. Ci sono tanti strumenti moderni e comodi per gestire i propri risparmi: e la Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, come sempre, è pronta a consigliare i clienti per il meglio.
L’idea giusta per il futuro dei giovani è il fondo pensione
Educare al risparmio è un impegno quotidiano per la Bcc. La prossima estinzione dei libretti al portatore non rappresenterà certo un terremoto per la nostra Banca –il numero di libretti attivi è andato scemando in modo importante fin dagli anni ‘90–, ma è una buona occasione per ricordare, una volta di più, quali sono gli strumenti migliori per assicurare a figli e nipoti un “tesoretto” utile per cominciare con il piede giusto l’età adulta. Lo conferma il vice direttore generale della Bcc Carlo Crugnola: «Qualche nostalgico affezionato ai libretti al portatore c’è ancora, ma questo “salvadanaio”, un tempo apprezzato perché comodo e senza spese, è ormai in disuso. Se si desidera accumulare risparmi in favore dei giovani si possono fare scelte più vantaggiose e lungimiranti».
La principale è senz’altro la previdenza complementare, strumento sul quale il Credito Cooperativo ha focalizzato la comunicazione con ottimi risultati: nel giro di un anno e mezzo, infatti, sono stati 1.500 i fondi pensione attivati, un numero di tutto rispetto per una banca delle dimensioni della nostra Bcc. E anche aprire un fondo per i propri rampolli comincia a essere una scelta praticata. «Aprire una posizione previdenziale presto, poniamo a dieci anni, già dopo otto, quindi al compimento della maggiore età, permette di riscattare parte del capitale maturato.
Da tenere in considerazione anche la deducibilità dei versamenti fino a 5mila euro circa l’anno, con un risparmio fiscale medio intorno al 27%» commenta Crugnola. Altro plus dei fondi pensione è che sono uno strumento sicuro: «I fondi non sono aggredibili da terzi–spiega Crugnola–. Andranno solo al beneficiario, che a diciott’anni potrà riscattare il premio della previdenza integrativa per le prime spese importanti della sua vita, come pagarsi gli studi o acquistare casa».
Ma il valore della previdenza complementare risiede soprattutto nel fatto che il risparmio è pianificato in modo sistematico. «Con i vecchi libretti era tipico versare in modo occasionale, per compleanni o ricorrenze. Con un fondo pensione, invece, i versamenti sono regolari, e una volta maggiorenne il beneficiario può continuare di persona. Ci si abitua quindi a formulare un piano di lunga durata in previsione della pensione: un argomento al quale gli italiani purtroppo pensano troppo poco».
La nostra Bcc reputa questa mancanza di educazione al risparmio un problema, e mette in campo iniziative concrete per superarlo: «La previdenza complementare è un tema in cui crediamo molto –conclude Crugnola–. Per questo la nostra Banca ha deciso di mantenere gratuiti i versamenti sui fondi pensione per gli under 18, senza spese amministrative e senza commissioni».