Le mense dei poveri rappresentano molto più di un luogo dove si distribuiscono pasti caldi. Sono spazi di accoglienza, ascolto e dignità, dove chi vive in condizioni di fragilità trova non solo nutrimento, ma anche un conforto umano e un senso di appartenenza. Queste realtà, tipicamente gestite dalla Chiesa, associazioni, enti religiosi e volontari, si configurano come un vero e proprio presidio sociale, capace di intercettare e alleviare le difficoltà quotidiane di chi è rimasto indietro. In un tempo in cui il divario sociale si amplia sempre più, il loro ruolo è diventato imprescindibile, ponendosi come un argine alla solitudine e all’indifferenza.
Argine che stava per rompersi a Varese, dal momento che nel mese di ottobre le Suore della Riparazione hanno cessato il servizio della mensa serale di via Luini, perché dopo 150 anni di attività ininterrotta hanno deciso di lasciare la città. I motivi? «Sono molti -si legge in una nota dell’istituto Suore della Riparazione- ma determinante è l’avanzare dell’età delle religiose, la mancanza di nuove vocazioni, insieme a costi di manutenzione della struttura non più sostenibili. È sempre doloroso lasciare una realtà dove le nostre sorelle, addirittura la nostra Venerata Madre Fondatrice, hanno prestato il loro servizio gratuito per più di 150 anni, ma è saggio e doveroso comprendere quando i segni dei tempi ci dicono che è giunto il momento per passare il testimone».
Scelta comprensibile, dunque, ma di fronte alla quale la città, la Caritas e il decanato si sono dovuti organizzare per fronteggiare l’emergenza ed evitare che il servizio ai poveri potesse venire meno. La prima, importante risposta è arrivata dalla Casa della Carità, che ha aperto le sue porte anche a cena, anche se per ragioni logistiche e di dimensioni della cucina e degli spazi può garantire un massimo di 150/200 pasti, a fronte dei 350/400 che la struttura delle suore poteva ospitare. «Abbiamo dato il via al servizio lunedì 11 novembre, nel giorno di San Martino, il vescovo che con il dono del mantello fece fiorire l’estate e che è considerato il Santo dei poveri -spiega don Marco Casale, presidente dell’associazione Pane di Sant’Antonio che gestisce la Casa della Carità-. Prima di aprire il servizio abbiamo incontrato le nuove persone che oggi si servono alla nostra mensa, perché per accedere alla nostra Casa è necessario effettuare un colloquio conoscitivo, a seguito del quale diamo a chi ne ha bisogno la tessera per accedere ai nostri servizi. Poi abbiamo accolto quei volontari che operavano presso la struttura delle suore e che hanno deciso di continuare la propria opera presso la Casa della Carità».
«Di fronte a questa situazione, come banca locale del Varesotto e dell’Altomilanese abbiamo deciso di fare la nostra parte, con una prima donazione che copre i costi di 10mila pasti che saranno consumati presso la Casa della Carità -dice Diego Trogher, vice presidente della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate-. La speranza, che è una certezza conoscendo la comunità di Varese, è che in tanti si mettano in gioco in questa cordata di solidarietà, perché crediamo fermamente che la forza di un territorio risieda nella capacità di prendersi cura dei suoi membri più fragili».
«Essere presenti e sostenere chi ha bisogno è un valore che guida ogni nostra azione e già da molto tempo operiamo a sostegno delle povertà alimentari con concreti gesti di vicinanza e supporto alle cosiddette mense dei poveri -aggiunge Roberto Scazzosi, presidente della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate-.
Con don Marco Casale collaboriamo già da alcuni anni e la sua presenza con un videomessaggio alla nostra ultima assemblea annuale è stata un momento importante per ribadire l’importanza di unire le forze a favore della comunità, perché è solo attraverso la collaborazione che possiamo affrontare le sfide più grandi e dare risposte concrete a chi si trova in difficoltà».
«Un grazie di cuore alle suore per ciò che in tutti questi anni hanno significato per Varese e grazie alla Bcc, con cui sento una profonda sintonia di valori fra le cooperative e le associazioni di volontariato che gestisco e quello che i soci della banca di credito cooperativo cercano ogni giorno di realizzare», conclude don Marco Casale (nella foto sopra). Che aggiunge: «Sono settimane che ci stiamo coordinando nell’ambito del decanato per non lasciare nulla di intentato e prevenire quella che si sarebbe davvero potuta trasformare in un’emergenza sociale».


