Lavorare sullo spread è diventata una necessità per tutte le banche e questa tendenza è stata in un certo modo rafforzata anche dall’indicizzazione Bce introdotta con l’entrata in vigore del cosiddetto “decreto anti-crisi”: secondo il testo di legge, dall’1 gennaio 2009, un mutuo può essere indicizzato anche al tasso Bce. E questo ha aperto un nuovo capitolo per gli istituti di credito e gli spread applicati. Il problema di base è duplice: innanzitutto, il costo del denaro fissato a Francoforte (il Bce, appunto) non è un valore di mercato; in secondo luogo occorre ricordare che le banche prendono i soldi a prestito ai tassi indicati dal mercato interbancario (Euribor). Indicizzare un prestito al tasso Bce, quindi, implica per gli istituti di credito l’assunzione di un rischio supplementare. L’innalzamento dello spread diventa perciò inevitabile. Come fa sapere l’Abi: «La banca deve coprirsi dai costi del rischio dell’intermediazione, che sono maggiori». Se però molti istituti di credito hanno conteggiato questo rischio alzando anche di un punto e oltrelo spread, la nostra Bcc si è mantenuta sul livello dello 0,25, tra i più bassi del mercato.