«Le cooperative costruiscono un mondo migliore». Questo lo slogan con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2012 come Anno Internazionale delle Cooperative. E nella forma cooperativa di impresa, l’ONU ha riconosciuto un modello in grado di incidere positivamente sullo sviluppo economico e sociale di tutte le persone. «Le cooperative ricordano alla comunità internazionale che è possibile conciliare la produttività economica con la responsabilità sociale», ha motivato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. In un momento in cui le difficoltà economiche hanno costretto a fermarsi e a ripensare il modo di fare impresa e di puntare allo sviluppo, alle cooperative viene attribuito in ruolo primario di responsabilità perché possono “costruire un mondo migliore”. «È un dato che ci rende molto orgogliosi», afferma il presidente di Federcasse Alessandro Azzi. «Lo slogan scelto si è dimostrato vero soprattutto in questo tempo di crisi. Parliamo di cooperative non residuali o relegate in un lontano spazio temporale, ma realtà vive, vere ed utili allo sviluppo dei territori e dell’intero sistema Paese. In generale il pluralismo è una ricchezza. E questo è vero anche per quanto riguarda gli operatori economici e bancari, per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato dei territori e delle comunità». Emergono gli elementi che contraddistinguono il mondo cooperativo. Innanzitutto l’unità. «Nel movimento cooperativo c’è la volontà di una pluralità di soggetti di muoversi in un’unica direzione secondo dei principi ben precisi: il mutualismo e il non perseguimento del lucro», ricorda il presidente della nostra Banca di Credito Cooperativo, Roberto Scazzosi. Nella consapevolezza che “l’unione fa la forza”, come recita un vecchio adagio, le cooperative hanno saputo essere promotrici di valore in ambito sociale e in ambito economico. Continua Scazzosi: «L’azione che hanno svolto nel tempo è stata importante: sono state motore di solidarietà, testimoni di un dato territorio e occasione di risposte concrete. In un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo, il movimento cooperativo non solamente ha saputo dimostrare il ruolo anticiclico svolto ma, adesso più che mai, è modello di sviluppo. Si candida quindi ad essere artefice di una risposta credibile e concreta alla crisi». Le idee e le strategie che il mondo della cooperazione porta con sé possono essere vincenti. «Sono idee che si fondano sul concetto della responsabilità sociale», aggiunge il vicepresidente vicario della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, Ignazio Parrinello. «Per tanto tempo questo tema è stato tralasciato; adesso, in un momento di crisi che per certi aspetti si sta rivelando devastante, ci si è resi conto che è stato un grave errore non averlo considerato. Nell’ottica di una ripartenza, le banche di credito cooperativo assumono un ruolo importante: rappresentano, in un certo senso, la parte più avanzata del modello cooperativo e quindi possono, anzi: devono giocare un ruolo fondamentale nell’attuazione dei principi di responsabilità sociale. Nelle Bcc la responsabilità sociale non è un concetto astratto, ma un principio applicato e praticato quotidianamente». Responsabilità è anche restare ancorati profondamente al proprio territorio, senza tentare voli pindarici e senza guardare esclusivamente al tema del guadagno. «È rimanere ancorati alla realtà, o meglio, per quanto ci riguarda, all’economia reale», prosegue il vicepresidente della nostra Bcc, Mauro Colombo. «La formula cooperativa è considerata un elemento fondamentale di coesione sociale che coinvolge migliaia di persone e aziende socie. È una formula di impresa specifica, basata su cooperazione, mutualità e localismo, e che dallo scoppio della crisi si è rivelata non solo una formula attuale e moderna, ma -soprattutto nell’esperienza della cooperazione di credito- un antidoto essenziale alle distorsioni della finanza speculativa e creativa che, ancora in questi periodi, imperversano nella nostra economia. La nostra cooperativa, la nostra Bcc è una formula d’impresa economica differente dove, soprattutto negli ultimi anni, ha ben dimostrato di saper rispondere adeguatamente alle esigenze di sostegno alle comunità, alle famiglie e alle imprese del nostro territorio, contribuendo – nel proprio piccolo – a costruire un modello di impresa cooperativa dove è possibile perseguire sia la redditività economica a sostegno dell’economia reale, sia la responsabilità sociale, non il profitto economico a qualsiasi costo». Il mondo cooperativo si basa e non può fare a meno di un sistema valoriale sul quale costruire le proprie azioni. Pluralità, responsabilità sociale e localismo sono tre termini che qualificano concretamente un comportamento orientato allo sviluppo, sia questo sociale, culturale o economico.
«Esiste un quarto elemento che può qualificare il mondo cooperativo», aggiunge il direttore generale della nostra Bcc, Luca Barni, «l’equilibrio. E questo vale soprattutto per il Credito Cooperativo. Bcc e banche popolari, che costituiscono il sistema bancario cooperativo italiano, nel 2011 hanno superato i 500 miliardi di euro negli impieghi all’economia reale svolgendo una insostituibile funzione: hanno conferito stabilità ai sistemi bancari e finanziari, promosso la tenuta e lo sviluppo dei territori, diffuso la cultura della partecipazione nella gestione del risparmio nelle stesse comunità dove esso viene generato». Le cooperative trovano la loro genesi in tempi di difficoltà economica. Nate a metà del XIX secolo in Gran Bretagna, sotto la spinta delle tensioni innescate dalla rivoluzione industriale, oggi le cooperative riuniscono oltre un miliardo di membri sparsi in tutto il mondo e danno lavoro a più di 100 milioni di persone. In Italia sono affermate dall’articolo 45 della Costituzione: «La Repubblica italiana riconosce la funzione della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità». Il rapporto Euricse, fondazione di ricerca europea che fa capo all’università di Trento, pubblicato proprio in occasione del 2012, descrive un comparto che nel nostro Paese, quanto meno sul piano numerico, continua a crescere: alla fine del 2008 sono state censite 71.578 società operative (il 7,5% del totale di quelle tenute alla pubblicazione dei bilanci) con 1.155.290 lavoratori dipendenti, intorno al 5% dell’occupazione totale e al 9% dell’occupazione dipendente totale extra agricola. Il fatturato complessivo (senza contare la Banche di Credito Cooperativo e includendo i Consorzi cooperativi) era di oltre 108 miliardi di euro, pari al 3,5% del valore della produzione delle imprese private italiane. Le imprese cooperative sono risultate nel corso dell’ultimo decennio particolarmente dinamiche. Oltre la metà è stata costituita tra il 1998 e il 2007, in controtendenza con la sostanziale stagnazione dell’economia italiana. Solo nel 2008 ne sono nate oltre 5mila. Discorso a parte meritano invece le Bcc: più dell’83% ha una storia che risale a prima del 1992. Se con l’Anno Internazionale delle Cooperative si vuole affermare l’importanza che queste hanno avuto e hanno nello sviluppo della società, il mondo cooperativistico va oltre: punta ad affermarsi come modello contro la crisi. Ed è il direttore generale dell’ILO (International Labour Organization), Juan Somavia, a ricordarlo: «Oggi nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo le persone stanno reclamando il loro diritto ad avere dignità, giustizia sociale, possibilità di espressione e libertà, nonché una giusta opportunità di lavoro dignitoso: e le cooperative rappresentano un importante canale per collegare i valori di mercato con i valori umani». Il 2012 è quindi una grande occasione, ribadita anche dagli obiettivi posti dall’ONU: far conoscere il ruolo delle cooperative; promuovere la formazione delle cooperative; incoraggiare i governi ad adottare politiche che favoriscano la crescita e la stabilità delle cooperative.
PER APPROFONDIRE:
Bcc e Popolari, nuovo modello di impresa
La cooperazione bancaria italiana come esempio. Banche di Credito Cooperativo e Banche Popolari hanno ribadito l’unicità del loro modello di impresa -quello cooperativo- e il ruolo anticiclico svolto dall’inizio della crisi ad oggi. Per questo, non solamente chiedono una maggiore attenzione, ma addirittura si candidano a svolgere una funzione trainante nel delicato e complesso processo di rilancio. È quanto emerso dalla conferenza stampa che si è svolta a gennaio a Milano. Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, e Carlo Fratta Pasini, presidente dell’Associazione nazionale fra le Banche popolari, hanno affermato il valore e il ruolo delle banche cooperative nell’economia italiana. La cooperazione bancaria è una realtà di primo piano che conta oggi 511 aziende con circa 14mila sportelli, oltre 2 milioni e 300mila soci con 121mila dipendenti. Una realtà che «anche con la crisi non ha mai smesso di sostenere l’economia reale», ha ricordato Azzi.

«Nonostante il calo nella raccolta non abbiamo mai smesso di investire sul territorio e per il territorio». Quale realtà «viva, vera, utile», la cooperazione bancaria chiede allora di poter essere tenuta in considerazione. Infatti «nel tentativo di mantenere in sicurezza il sistema, la proliferazione normativa che c’è stata dallo scoppio della crisi sta condizionando pesantemente le banche italiane ed in particolare le banche locali e cooperative», ha proseguito il presidente di Federcasse. «Le regole devono tener conto del fatto che le banche sono al servizio dell’economia reale, quindi non dovrebbero aggravare le situazioni già esistenti». Alle Bcc in particolare «deve essere consentito di poter crescere, ma anche di poter mantenere le dimensioni territoriali», ha proseguito Azzi. «Il Credito Cooperativo ha cercato di mantenere la propria dimensione ritenendo in questo modo più facile coinvolgere la comunità e dare delle risposte in termini finanziari. Tuttavia, davanti ad un’economia di scala, la piccola dimensione deve portare a recuperare altrove gli spazi della propria azione: innanzitutto esternalizzando attività e funzioni, in secondo luogo creando delle strutture di rete. In questo modo ci si può concentrare su un elemento fondamentale: la relazione. E questo può essere un buon modello per le imprese italiane».

