Volontari: in Italia sono 4,7 milioni gli italiani impegnati, una spinta forte e solidale verso gli altri

L'impegno tiene tra le fasce più anziane, i pensionati, mentre calano leggermente i giovani

Nel 2023 il 9,1% della popolazione di 15 anni e più, pari a circa 4,7 milioni di persone, ha svolto attività di volontariato in forma organizzata e/o con aiuti diretti (-3,6 punti percentuali rispetto al 2013), con forti differenze territoriali e generazionali. Raddoppiano rispetto al 2013 i volontari attivi sui due fronti: circa un milione di volontari combinano entrambe le modalità (+13,6 p.p.).

Aumentano i volontari organizzati nei settori ricreativo e culturale (+6,4 p.p.), assistenza sociale e protezione civile (+7,7 p.p.) e ambiente (+1,7 p.p.); calano in quelli religioso (−5,8 p.p.), sportivo (−1,9 p.p.) e sanitario (-1,3 p.p.). Diminuiscono quanti offrono aiuto diretto a persone conosciute (-10,1 p.p.), mentre aumentano quelli che, con questa stessa modalità, si dedicano a collettività, ambiente e territorio (+14,7 p.p.).

Tra le motivazioni dell’attività di volontariato sono più spesso menzionati gli ideali condivisi (31,1%) e il bene comune (21,5%) nel volontariato organizzato, le emergenze (27,5%) e l’assistenza a persone in difficoltà (24,6%) nell’aiuto diretto. Pur con un trend in diminuzione, osservato anche nel tempo medio complessivo dedicato a queste attività (da 19 a 18 ore nelle quattro settimane), l’impegno volontario si conferma come pilastro della coesione sociale.

La partecipazione presenta un chiaro divario territoriale: nel Nord l’8,2% partecipa ad attività promosse da organizzazioni e il 6,0% offre aiuti diretti; il Nord-est è l’area più attiva (9,1% e 6,2%). Seguono il Centro (5,8% e 4,9%) e il Mezzogiorno (3,6% e 3,4%).

Rispetto al 2013 si osserva un calo generalizzato della partecipazione: il volontariato organizzato scende dal 7,9% al 6,2%, quello non organizzato dal 5,8% al 4,9%. La flessione è stata più contenuta nel Nord (−1,5 punti percentuali per l’organizzato, stabile il diretto), più marcata nel Centro (−2,1
e −1,9 p.p.) e nel Mezzogiorno (−1,9 e −1,3 p.p.).

Nel 2023 uomini e donne hanno svolto attività di volontariato con frequenze simili: il 6,6% degli uomini e il 5,8% delle donne è coinvolto in attività organizzate; negli aiuti diretti le percentuali si invertono (4,8% i primi, 5,1% le seconde). In termini di composizione percentuale ciò significa che per le attività organizzate si registrano il 51,9% per gli uomini e il 48,1% per le donne; per gli aiuti diretti gli uomini sono il 46,9% e le donne il 53,1%. Rispetto al 2013, il calo è stato più marcato tra gli uomini che tra le donne: nel volontariato organizzato i primi scendono dall’8,9% al 6,6% e le seconde dal 7,0% al 5,8%. Anche nell’aiuto diretto la flessione è maggiore tra gli uomini (dal 5,7% al 4,8%) rispetto alle donne (dal 5,9% al 5,1%). Le donne si confermano quindi leggermente più attive negli aiuti diretti, gli uomini nelle attività organizzate, ma i livelli di partecipazione si sono avvicinati soprattutto per il calo maggiore tra gli uomini.

Negli ultimi 10 anni le modalità di partecipazione hanno subito cambiamenti significativi. Tra i volontari, quelli attivi solo in forma organizzata scendono dal 54,3% al 46,1% e anche chi offre solo aiuti diretti passa dal 37,6% al 32,2%. Al contrario, aumenta in modo marcato la partecipazione ibrida: dall’8,1% al 21,7% (+13,6 punti percentuali).

“I dati diffusi da Istat nelle scorse ore sul volontariato ci offrono nuove, interessanti chiavi di lettura su un fenomeno che è in grado di raccontare molto del nostro Paese, delle trasformazioni sociali in atto e di una irriducibile spinta alla solidarietà degli italiani che sfida l’indifferenza e l’individualismo, anche trovando nuove vie di espressione per adattarsi ai contesti mutati. Se, da una parte, l’indagine ci conferma il calo del numero dei volontari nell’ultimo decennio, dall’altra, rispetto ai dati diffusi nel 2023 (riferiti al 2021), ci comunica che siamo ora in una fase di stabilizzazione, se non addirittura di timida ripresa dell’impegno volontario”. Lo dichiara Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore commentando i dati Istat sul volontariato in Italia. 

“Elementi come la crescita delle forme di volontariato che tengono insieme gli aiuti diretti e l’impegno nelle organizzazioni, ma anche l’aumento dei volontari nelle attività culturali e assistenziali, evidenziano l’emergere di nuovi bisogni sociali che necessitano di nuove tipologie di risposte. Da questo punto di vista – prosegue Pallucchi -, le organizzazioni sono direttamente chiamate in causa, nel compiere passi avanti nella comprensione di una realtà che cambia e nell’adeguamento ad essa. Senza perdere, ma anzi rafforzando ciò che le contraddistingue: in primis la capacità di costruire una rete sociale, di offrire una cornice di valori condivisi nella quale operare, di favorire l’acquisizione di competenze e, ancora, di porsi come facilitatrici tra il desiderio e l’effettiva possibilità di realizzare azioni concrete di cittadinanza attiva. Questa evoluzione da parte delle organizzazioni è a maggior ragione necessaria per intercettare quel desiderio – che Istat indica in netto aumento – di indirizzare il proprio contributo verso cause collettive, ambientali e civiche piuttosto che verso relazioni dirette. Questo desiderio è il segno che, davanti a un’umanità che mostra sempre più segnali di crisi, si fa più forte la presa di coscienza dell’importanza del bene comune” conclude.

Nel 2023 il volontariato è una pratica diffusa soprattutto nella popolazione adulta: i tassi più alti interessano le persone di 45-64 anni (7,2% per l’organizzato e 5,9% per il diretto) e le persone di 65 anni e più (6,2% e 5,5%). I giovani (15-24 anni) prediligono le forme organizzate (5,3%) rispetto all’aiuto diretto (2,9%), mentre tra le persone di 25-44 anni le due modalità si equivalgono (4,8% e 4,9%).

Nel decennio 2013-2023 il calo ha riguardato soprattutto le generazioni più giovani. Le persone  di 25-44 anni registrano le contrazioni più marcate in entrambe le forme di volontariato: -2,7 punti percentuali nel volontariato organizzato e -1,4 punti percentuali negli aiuti diretti. Anche tra i più giovani (15-24 anni) il calo è netto: -2,2 p.p. nell’organizzato e -0,7 p.p. nel diretto.

In lieve controtendenza, le persone di 65 anni e più evidenziano stabilità sia nel tasso di volontariato organizzato (dal 5,8% al 6,2%), sia nell’aiuto diretto (dal 4,5% al 5,5%). Un segnale di continuità dell’impegno civico nella fascia più anziana della popolazione.

Le dinamiche di cui sopra trovano conferma anche analizzando la condizione occupazionale. Nel 2023 i ritirati dal lavoro sono i più attivi nelle attività organizzate: il 7,8% partecipa ad attività organizzate e il 5,2% offre aiuto diretto. Seguono gli occupati (6,3% e 5,3%) e le persone in cerca di occupazione (5,9% e 6,0%). Più limitato è l’impegno tra gli studenti (5,5% e 3,4%) e le casalinghe (4,6% e 4,4%).

Rispetto al 2013, il calo più marcato si osserva tra gli studenti: −4,0 punti percentuali nel volontariato organizzato (dal 9,5% al 5,5%) e −0,9 punti percentuali nell’aiuto diretto (dal 4,3% al 3,4%). Seguono gli occupati (−2,8 punti percentuali nell’organizzato e −1,6 punti percentuali nel diretto). Al contrario, i ritirati dal lavoro e le casalinghe mostrano una sostanziale stabilità nel tempo, a conferma del ruolo centrale delle generazioni più anziane nel mantenere vivo l’impegno volontario.

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