Leggende locali, Cairate e la storia del fantasma che non c’era: la leggenda di Manigunda e il falso mistero del monastero

Fantasma monastero di Cairate
Nel 2012, un operaio impegnato nei lavori di restauro dell'edificio sacro scattò una fotografia all’interno del monastero: in un angolo dell’immagine, tra i chiostri superiori, appariva una figura evanescente, sospesa da terra

Il Monastero di Santa Maria Assunta di Cairate, nel cuore della Valle dell’Olona, è uno dei luoghi più affascinanti e avvolti da mistero della provincia di Varese. La sua storia si intreccia da secoli con una leggenda che affonda le radici nel lontano 737 d.C., quando – secondo la tradizione – una nobildonna longobarda di nome Manigunda, legata alla corte regia di Pavia, decise di fondarlo per sciogliere un voto fatto a Dio dopo essere guarita da una grave malattia. Si racconta che la guarigione avvenne grazie all’acqua di una fonte miracolosa a Bergoro, frazione di Fagnano Olona. Da quel momento, il monastero sarebbe divenuto il simbolo della sua gratitudine e della sua fede.

Nel corso dei secoli, la figura di Manigunda si è trasformata da semplice fondatrice a protagonista di una leggenda che ha attraversato il tempo. Nel XV secolo, durante alcuni lavori, venne rinvenuto un sarcofago con i resti di una donna riccamente vestita. Accanto, una pergamena parlava di un’umile monaca, ma il lusso del corredo funebre fece nascere l’idea che si trattasse della “regina dei goti”, appellativo che nei secoli successivi avrebbe alimentato il mito. Da quel ritrovamento, il monastero non fu più solo un edificio sacro, ma un luogo di suggestione, dove storia e mistero si confondono fino a oggi.

Il monastero, che nel corso della sua lunga vita ha attraversato epoche diverse – da villa romana a fortificazione longobarda, fino a diventare centro benedettino nell’XI secolo – ha ospitato anche personaggi illustri come Federico Barbarossa, di passaggio prima della battaglia di Legnano nel 1176. Durante il Rinascimento fu arricchito da affreschi di Aurelio Luini, come quelli della Stanza dei Fiori e della Stanza della Musica, testimonianze di un patrimonio artistico di straordinario valore. Soppresso da Napoleone nel 1799, il complesso è stato oggetto di importanti restauri tra il 2003 e il 2013, dieci anni di lavori che hanno restituito splendore a un luogo capace di raccontare duemila anni di storia.

È proprio durante quei restauri che la leggenda è tornata a vivere. Nel 2012, un operaio impegnato nei lavori scattò una fotografia all’interno del monastero: in un angolo dell’immagine, tra i chiostri superiori, appariva una figura evanescente, sospesa da terra. L’immagine fece rapidamente il giro dei social e dei giornali, accendendo la fantasia dei curiosi. Per molti, si trattava dello spettro di Manigunda, tornata a manifestarsi tra le mura che aveva fatto erigere più di mille anni prima. La notizia attirò perfino la troupe della trasmissione televisiva “Mistero”, che realizzò un servizio sul caso, contribuendo a diffondere l’alone di sovrannaturale che già circondava il monastero.

Tuttavia, l’indagine condotta da diversi gruppi di appassionati e studiosi del paranormale – come gli Hunter Brothers e il gruppo R.A.R.I. – smontò progressivamente il mito. Attraverso analisi tecniche e digitali, gli esperti dimostrarono che la fotografia era stata manipolata con programmi di fotoritocco come Photoshop e Gimp. La sagoma spettrale, che aveva fatto tanto parlare, era in realtà il frutto di un’elaborazione artificiale, un falso costruito ad arte o forse per gioco. Nonostante ciò, la suggestione non si è mai del tutto spenta.

Serena Gatti, responsabile della Pro loco di Cairate, ha raccontato con passione quanto emerso durante i lavori di restauro: «Gli scavi archeologici hanno portato alla luce resti di epoca romana e longobarda, rivelando una storia più ampia di quella che conoscevamo. E poi quella fotografia, che ha acceso la curiosità di tutti». Le sue parole riassumono bene l’atmosfera che ancora oggi si respira nel monastero, dove storia e mito convivono, alimentando un fascino difficile da dissipare.

Negli anni, molti visitatori hanno riferito di aver percepito presenze insolite tra i chiostri: passi leggeri, porte che si muovono senza vento, sussurri improvvisi. Alcuni sostengono di aver visto una donna affacciarsi a una finestra o avanzare lentamente nei corridoi. Secondo la tradizione popolare, Manigunda si manifesterebbe soprattutto alle coppie innamorate, forse alla ricerca di quell’amore terreno che in vita non poté vivere, e la sua apparizione sarebbe di buon auspicio per chi è in procinto di sposarsi.

Oggi sappiamo che la fotografia del “fantasma” del monastero di Cairate è un falso, ma la leggenda di Manigunda resta viva, come parte integrante dell’identità del luogo. Il suo mito, nato dal ritrovamento di un sarcofago e alimentato da racconti popolari, continua a essere tramandato di generazione in generazione. Il monastero, con il suo ingresso sormontato da un arco del 1710 e il cartiglio che ricorda la “regina dei goti”, rimane una meta amata da storici, turisti e curiosi.

Forse il vero mistero di Cairate non è il fantasma di Manigunda, ma la capacità di questo antico edificio di intrecciare realtà e leggenda, storia e immaginazione, fede e fascino del soprannaturale. Una storia che, anche senza spettri, continua a incantare chi varca il suo portone, lasciando che ognuno scelga se credere o meno al respiro invisibile della sua fondatrice.

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