I beni confiscati alla mafia diventano luoghi di aggregazione per la popolazione: il caso della Tela di Rescaldina

Da ristorante pizzeria di proprietà di una famiglia legata alla 'ndrangheta a punto di riferimento per la comunità locale

La lotta contro la criminalità organizzata in Italia ha avuto un’importante evoluzione negli ultimi decenni, con uno dei principali strumenti legislativi che è rappresentato dalla confisca dei beni. Questo processo, che prevede la sottrazione e il riutilizzo dei beni accumulati illegalmente dalle organizzazioni mafiose, è diventato un simbolo della resistenza dello Stato contro le mafie. I beni assegnati a delle associazioni diventano poi fulcro di vita e di socialità per l’intera popolazione locale.

La Tela di Rescaldina ne è un esempio importante, oggi rappresenta un faro di speranza, legalità e inclusione sociale. Prima si chiamava RE9, era un ristorante pizzeria di proprietà di una famiglia legata alla ‘ndrangheta. Nel 2010 i proprietari vengono arrestati e il locale sequestrato e successivamente assegnato al Comune di Rescaldina.
Nel 2015 il Comune di Rescaldina, con l’obiettivo di dimostrare che si può fare ristorazione nel pieno rispetto della legalità e di far diventare il locale un centro di aggregazione e di promozione sociale, culturale e civile, con un bando comunale assegna la gestione a ARCADIA Cooperativa Sociale in collaborazione con Cooperativa DireFareGiocare, IAL Legnano, ENAIP Busto Arsizio, Associazione La libreria che non c’è, Rete GAS Gasabile, Slow Food Legnano, Team Down.
Dal 5 dicembre 2015 LA TELA ha iniziato la sua attività.
In seguito ad alcune difficoltà economiche, nel luglio 2018 l’attività de LA TELA si ferma per riprendere il 28 novembre 2019 con lo stesso progetto, revisionato nell’aspetto finanziario in base all’esperienza precedente ma riconfermato per l’impegno di legalità, promozione sociale e culturale e con la gestione della nuova Cooperativa Sociale LA TELA, costituita da alcuni volontari e dai lavoratori dell’Osteria.  Al progetto collaborano le associazioni Slow Food Legnano, Team Down, Articolonove, Mescalina, Fondazione Somaschi e Stuff Cube.

La mafia al Nord Italia. “Le strategie mafiose vengono applicate anche al nord”, ha spiegato il ministro dell’Interno al Festival dell’Economia di Trento, “meno rumorose, meno violente ma non meno insidiose. Sono radicate nell’economia, che nel settentrione è anche più solida e più strutturata. Il nord è il bacino privilegiato del riciclaggio dei soldi della criminalità organizzata, ma con il lavoro d’indagine si colpiscono anche i criminali con i colletti bianchi.

Prima di arrivare a confiscare i beni ci sono il grande lavoro, la professionalità e la dedizione delle forze dell’ordine e della magistratura. Poi i beni mobili e immobili, siano essi case, strutture, veicoli o aziende (le sostanze stupefacenti vengono distrutte) vengono ridestinati a scopi sociali a favore della comunità. Nuove destinazioni d’uso di alto valore simbolico, quindi, ma non mancano anche forme di riutilizzo da parte della Pubblica Amministrazione. In ogni caso, a monte c’è sempre una ratio affinché ciò che viene confiscato venga valorizzato.

Più complesso è il recupero di aziende di matrice mafiosa, precedentemente solide solo grazie a dinamiche criminali. Sono fra i “salvataggi” di beni più delicati, perché è importante dimostrare che queste aziende possono restare in piedi ed essere floride anche nel solco della legalità, soprattutto mantenendo i livelli occupazionali per non far rimpiangere un “welfare mafioso”.

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