Scattano le nuove regole europee sul default. Cosa cambia per imprese e famiglie.

Le banche e tutti coloro che concedono prestiti, o finanziamenti, potranno iniziare ad applicare a partire dal mese di giugno e comunque entro il termine del 1 gennaio 2021.

Le nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in “default” (ovvero, in stato di inadempienza di un’obbligazione verso la banca) stabiliscono criteri e modalità più stringenti rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari finanziari italiani. Le nuove regole in materia di default devono essere applicate non solo dalle banche, ma anche da tutti gli intermediari finanziari non bancari, che esercitano il servizio di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma (es. società di leasing).

Le disposizioni attualmente vigenti prevedono l’automatica classificazione in default delle imprese che presentano arretrati di pagamento rilevanti per oltre 90 giorni consecutivi sulle esposizioni che esse hanno nei confronti della propria banca.

Le principali Associazioni di rappresentanza delle imprese – Alleanza delle Cooperative Italiane (AGCI, Confcooperative, Legacoop) CIA-Agricoltori Italiani, CLAAI, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confimi Industria, Confindustria e Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti) – e l’ABI hanno definito una guida sulle nuove regole europee in materia di definizione di default che le banche potranno iniziare ad applicare a partire dal mese di giugno e comunque entro il termine del 1 gennaio 2021.

Con le nuove regole si specifica che per arretrato rilevante si intende un ammontare superiore a 500 euro (relativo a uno o più finanziamenti) che rappresenti più dell’1% del totale delle esposizioni dell’impresa verso la banca. Per le persone fisiche e le piccole e medie imprese con esposizioni nei confronti della stessa banca di ammontare complessivamente inferiore a 1 milione di euro, l’importo dei 500 euro è ridotto a 100 euro.

Diversamente dal passato, l’impresa non potrà più impiegare margini ancora disponibili su sue linee di credito per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare la classificazione in default.

I giorni di arretrato si calcolano a partire dal giorno successivo alla data in cui gli importi dovuti per capitale, interessi e commissioni non siano stati corrisposti e abbiano superato le soglie di rilevanza previste dalle nuove regole. Nel caso in cui i pagamenti definiti nel contratto di credito originario siano stati sospesi e le scadenze siano state modificate, previo specifico accordo formalizzato con la banca, il conteggio dei giorni di arretrato segue il nuovo piano di rimborso.

In linea generale, la classificazione dell’impresa in stato di default, anche in relazione ad un solo finanziamento, comporta il passaggio in default di tutte le sue esposizioni nei confronti della banca. Inoltre, potrebbe avere ripercussioni negative su altre imprese ad essa economicamente collegate, esposte nei confronti del medesimo intermediario finanziario.

Il default di un’impresa può avere conseguenze su un’altra impresa ad essa connessa. Secondo le nuove regole, le banche dovrebbero censire le connessioni tra i propri clienti, in modo da identificare i casi in cui il default di una impresa possa ripercuotersi negativamente sulla capacità di rimborso di un altro debitore ad essa connesso (c.d. effetto contagio), con la conseguenza che anche quest’ultimo possa essere considerato in default. La connessione tra diverse imprese può essere determinata da legami di controllo o di natura economica (es. società facenti parte della stessa filiera).

Secondo la nuova regolamentazione, per uscire dal default, devono trascorrere almeno tre mesi dal momento in cui non sussistono più le condizioni per classificare l’impresa in default. Durante tale periodo, la banca valuta il comportamento e la situazione finanziaria dell’impresa e, trascorsi i tre mesi, può riclassificare l’impresa in uno stato di non default qualora ritenga che il miglioramento della qualità creditizia di quest’ultima sia effettivo e permanente.

Sono previste misure di tolleranza, ovvero modifiche dei termini e delle condizioni contrattuali nonché il rifinanziamento totale o parziale del debito, possono essere concesse dalle banche a imprese che si trovano o sono in procinto di trovarsi in difficoltà a rispettare le proprie obbligazioni finanziarie nei confronti della banca. La banca finanziatrice potrebbe comunque avere elementi per sostenere che l’operazione di rinegoziazione del debito del cliente non si configuri come una misura di tolleranza dal momento che l’impresa beneficiaria non si trova o non è in procinto di trovarsi in difficoltà a rispettare le proprie obbligazioni finanziarie verso la stessa banca. In questa fattispecie la banca non segnalerà alla Autorità di vigilanza l’esposizione come in default come oggetto di misura di tolleranza. Questo può ad esempio essere il caso di un’operazione di sospensione o allungamento del finanziamento, realizzata ai sensi dell’Accordo per il Credito 2019, nell’eventualità in cui la banca possa sostenere che l’impresa non avrebbe comunque avuto problemi nel servizio del debito. Un’impresa che, nonostante abbia ricevuto misure di tolleranza sul proprio debito, venga poi comunque classificata in default, dovrà osservare prescrizioni aggiuntive, per uscire da tale stato. In ogni caso, deve trascorrere almeno un anno dal momento della concessione della misura.

Per le imprese è dunque fondamentale conoscere le nuove regole e rispettare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente, per non risultare in arretrato nel rimborso dei propri debiti verso le banche anche per importi di modesta entità. Ciò al fine di evitare che la banca sia tenuta a classificare l’impresa in default e avviare le azioni a tutela dei propri crediti, secondo quanto richiesto dalle disposizioni di vigilanza europee.

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