La fiducia nelle banche è ai minimi

Tra i quattro salvataggi di fine 2015, le difficoltà di istituti storici e le fibrillazioni dei titoli in Borsa la considerazione degli italiani verso le banche scende ancora

Le banche? Degne di fiducia come il Parlamento. A riferirlo è Renato Mannheimer, ultimo sondaggio alla mano effettuato fra giugno e luglio. «Le banche sono tradizionalmente un’istituzione nei cui confronti gli italiani hanno poca fiducia –ha dichiarato il professore–. Nelle ultime rilevazioni le banche, in generale, erano ai livelli più bassi di sempre». Ma mentre il 90% dichiara la propria sfiducia nei rappresentanti politici che siedono in Parlamento, per le banche c’è un importante distinguo: «la gente ha molta più fiducia nella propria banca –aggiunge Mannheimer–. Si sviluppa cioè un fenomeno di affetto e di identificazione nei confronti della banca in cui ci si serve e in cui si conoscono le persone». In altre parole, sinché delle banche si parla in termini generali, statistici o alla luce dei fatti saliti alla ribalta della cronaca, come il decreto “Salva banche” e il caso Banca Etruria alla fine del 2015 o i problemi di bilancio di MPS emersi nel giugno 2016 con 9,7 miliardi di euro di sofferenze, per non parlare dei problemi di Deutsche Bank a livello globale, è pollice verso; se, viceversa, ci si concentra sul vissuto personale e la banca acquista il volto dell’abituale interlocutore dietro lo sportello la considerazione sale. È quello che, esattamente otto anni fa, a seguito della crisi dei mutui subprime, sperimentò la BCC di Busto Garolfo e Buguggiate: nello spazio di una settimana lavorativa (dal 6 al 10 ottobre 2008, per la precisione) quasi 11 milioni di euro furono spostati dagli sportelli delle grandi banche a sede e filiali della banca locale dell’Altomilanese e del Varesotto. In tutto, circa 240 risparmiatori chiusero i propri conti negli istituti di credito più grandi per aprirli in BCC. «In quel momento di crisi, in cui la logica dei grandi gruppi era saltata e i guadagni derivati dall’ingegneria finanziaria avevano mostrato tutti i loro limiti, il risparmiatore cercava sicurezza e fiducia -ricorda il direttore generale della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate, Luca Barni-. Così, direi quasi naturalmente, si era rivolto alla banca locale, quella che vedeva tutti i giorni sotto casa, che sapeva legata al proprio territorio e a una politica di gestione ancorata all’economia reale e non alla finanza. Del resto, da sempre la nostra banca ha investito soltanto sul locale: noi prendiamo il rischio dove lo conosciamo, operiamo per lo sviluppo economico del nostro territorio e non vendiamo prodotti finanziari complessi. Forse facciamo guadagnare qualcosa di meno al risparmiatore -chiosa Barni- , ma altrettanto certamente non faremo correre i rischi che, da quei drammatici momenti dell’autunno 2008, sono stati sotto gli occhi di tutti». Se in quei frangenti la fuga dalle grandi banche era dettata da una forte spinta emozionale, sull’onda delle immagini del crack Lehman Brothers, la questione della fiducia nelle banche è da allora argomento che, periodicamente, torna d’attualità. «Ricordo bene quel momento – riferisce Roberto Scazzosi, presidente della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate– chi se ne andava dalla banche grandi comperava le nostre obbligazioni, prodotti sicuri, che garantiamo di persona e attraverso una nostra storia lunga più di un secolo e sempre a fianco dell’economia della nostra zona. Come consiglio di amministrazione abbiamo sempre posto la massima attenzione a quello che pro poniamo ai nostri correntisti. Ad esempio, dieci anni fa, abbiamo deliberato di non vendere titoli al di sotto di un determinato rating. Una scelta che la maggior parte dei nostri correntisti ha apprezzato. E che ha pagato». Da quel momento, e stiamo parlando degli anni peggiori, quelli della crisi, la BCC di Busto Garolfo e Buguggiate non ha soltanto registrato un aumento costante della raccolta nel suo complesso, ma ha visto rafforzarsi, all’interno della voce raccolta indiretta, la componente gestita. «Ed è questa la miglior dimostrazione della fiducia dei risparmiatori nei confronti della nostra banca –commenta Scazzosi–: alla BCC non si affidano soltanto i soldi, ma si chiedono consigli per investirli». Un comportamento che, considerando la natura locale della BCC, suffraga quanto sostenuto da Mannheimer. Al di fuori di questo circuito di fiducia che nasce dalla conoscenza reciproca resta, invece, lo scetticismo. Un sondaggio realizzato da Swg in collaborazione con il Corriere Economia nella primavera inoltrata, alla domanda “Qual è la situazione attuale del sistema bancario?” restituiva, un 58% di insicuri riguardo ai provvedimenti assunti contro un 28% di sicuri. Sull’argomento banche e fiducia si sono pronunciati anche i quattro componenti del Comitato esecutivo della nostra BCC. «Nei confronti della banche, specie negli ultimi anni, l’opinione pubblica si è orientata in termini pesantemente critici –dice il vice presidente della BCC Mauro Colombo–. Se alcuni grandi scandali a livello globale rappresentano ormai delle tappe miliari nella storia della finanza e se anche nel nostro Paese ci sono stati episodi che concorrono a minare la fiducia dei risparmiatori verso le banche, il mio invito è a distinguere: non tutte le banche si comportano allo stesso modo, perché non tutte le banche sono orientate unicamente alla massimizzazione del profitto. E questi istituti, che hanno fatto e continuano a fare la loro parte per sostenere famiglie e imprese, meritano fiducia». «Il rischio di fare demagogia parlando di fiducia nelle banche arrivando a conclusioni sulla solidità del sistema bancario è forte –nota il vice presidente vicario Ignazio Parrinello–. I media prospettano dei problemi tralasciando la loro consistenza. Quanto valgono le quattro banche salvate alla fine del 2015? Meno dell’1% del sistema bancario italiano. Trattando di economia non si deve trascurare l’aspetto quantitativo. Le banche italiane hanno 1865 miliardi di euroimpieghi e 360 miliardi di crediti deteriorati. I problemi delle banche italiane, tranne alcuni casi, non discendono da una cattiva gestione (non escludo che nel paniere ci sia qualche mela marcia), ma da una crisi che ha abbattuto di dieci punti il PIL e del 25% la produzione industriale. Questi dati si sommano a una diffusa sottocapitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane. Se assumiamo un altro fattore di potenziale rischio, i derivati, quelli delle banche italiane valgono l’8,1% dell’attivo, in Germania il 29,7%, nel Nord Europa il 24,1%, in Francia il 19,8%, quindi i rischi di derivati per il nostro Paese sono di gran lunga inferiori rispetto agli altri Paesi. Passando alla leva finanziaria, ossia al rapporto tra impieghi e patrimonio netto tangibile le banche italiane sono al 17,9%, le tedesche al 26,6%, le francesi al 25,3% e quelle del Nord Europa al 28,5%. Le nostre banche sono quindi in una situazione migliore. Sono numeri da conoscere se si vuole impostare un discorso su basi serie. Si ha la ragionevole certezza, tuttavia, di ritenere che il vero problema del sistema bancario italiano, e in generale di tutte le banche europee, sia la scarsa prospettiva di reddito degli anni a venire». «Il tema della fiducia è fondamentale in economia e per le dinamiche del credito – riflette Beppe Barni–; incrinare un rapporto di fiducia significa rompere quel circuito virtuoso fra banche e imprese che è vitale per un sistema. Credo che gli anni della crisi abbiano insegnato qualcosa: ci sono banche che, in una situazione complessa, hanno chiuso i rubinetti senza sentire le ragioni delle imprese e altre che con le imprese hanno ragionato per motivare le loro scelte e per impostare in un’ottica di trasparenza reciproca il rapporto. Questo ha fatto la nostra BCC e questo significa lavorare per costruire la fiducia di cui si avverte un fortissimo bisogno ». «Il tema fiducia ha una portata vastissima –sostiene Diego Trogher–; tendenzialmente in Italia non c’è fiducia verso le istituzioni e le banche rientrano fra questi soggetti. Da quest’anno il meccanismo del bail in ha ulteriormente complicato il quadro, perché adesso di una banca non siamo più soltanto clienti, e questo significa che la scelta di un istituto deve avvenire considerando la solidità della banca. Se la fiducia diventa quindi il criterio di questa scelta, come possiamo crearla? Se in passato nasceva da un rapporto di conoscenza diretta, oggi è determinante valutare i comportamenti che la banca tiene con i clienti. Se a un imprenditore si nega un finanziamento, questo fatto può essere una porta in faccia senza possibilità di replica o una spiegazione motivata e corredata da consigli per migliorare il proprio rating. Da questo rapporto professionale, trasparente e orientato alla clientela può nascere la fiducia».

Hanno detto

COLOMBOMauro Colombo
Vice Presidente BCC di Busto Garolfo e Buguggiate

«Bisogna distinguere: non tutte le banche si comportano allo stesso modo, perché non tutte le banche sono orientate solo a massimizzare il profitto. Gli istituti che hanno fatto e continuano a fare la loro parte per sostenere famiglie e imprese meritano fiducia»

 

Ignazio Parrinello
Vice Presidente Vicario BCC di Busto Garolfo e Buguggiate

«Le banche italiane sono in una situazione migliore rispetto a quelle europee considerando i derivati e la leva finanziaria. Il vero problema del sistema bancario, sia italiano sia europeo, è piuttosto la scarsa prospettiva di reddito dei prossimi anni»

 

BARNI_GIUSEPPEGiuseppe Barni
Comitato esecutivo BCC di Busto Garolfo e Buguggiate

«Nella crisi ci sono banche che hanno chiuso i rubinetti senza sentire le ragioni delle imprese e altre che, come la BCC, hanno instaurato un dialogo per impostare in un’ottica di trasparenza reciproca il rapporto. Questo significa lavorare per la fiducia»

 

Diego Trogher

Diego Trogher
Comitato esecutivo BCC di Busto Garolfo e Buguggiate

«Se a un imprenditore si nega un finanziamento, questo fatto può essere una porta in faccia senza dare ragioni o una spiegazione motivata e con i consigli per migliorare il proprio rating. Da questo rapporto trasparente e orientato può nascere la fiducia»

 

Dal dialogo nasce la fiducia

crugnolaCosa ha fatto e sta facendo la BCC per alimentare la fiducia di clienti e soci che investono i loro risparmi? «Ha assunto e mantiene una posizione chiara sui prodotti venduti – risponde il vice direttore e responsabile area Finanza Carlo Crugnola– . Con una delibera il CdA ha stabilito che la banca non avrebbe mai venduto prodotti finanziari complessi con rating inferiore a investment grade, e quindi nemmeno le obbligazioni subordinate. Non solo evitiamo di vendere titoli rischiosi, ma abbiamo scelto di trattare soltanto prodotti trasparenti, escludendo quelli ad alta complessità, che si presentano come normali obbligazioni e che contengono derivati». Oltre a questi paletti, il modus operandi della BCC si è da diversi anni orientato alla consulenza per gli investimenti; un canale indispensabile per veicolare elementi fondamentali di educazione finanziaria. «Quando i nostri collaboratori fanno consulenza non si limitano a proporre prodotti che siano appropriati per il profilo del cliente –prosegue Crugnola– ; spiegano anche i criteri con cui investire. Il primo è la differenziazione nella composizione degli investimenti; il secondo, su cui stiamo lavorando da una decina d’anni, è la diminuzione del peso delle obbligazioni BCC nel portafoglio della clientela. Questo criterio, per cui guidiamo il cliente ad allocare i risparmi in una gamma di prodotti di case non proprietarie, punta a neutralizzare il rischio bail in. La ratio di queste scelte è semplice: vogliamo tutelare il risparmiatore ». Un impegno che trova apprezzamenti e, quindi, crea fiducia? «Alla luce dei risultati direi di sì. Infatti da 6-7 anni cresciamo costantemente nella raccolta diretta e indiretta. Pensiamo che la fiducia si conquisti con un comportamento coerente. Questo modus operandi è facilitato dalla conoscenza personale che si instaura fra i nostri collaboratori e la clientela. Il cliente ha un interlocutore in banca che resta nella sua funzione e con il quale instaura nel tempo un rapporto che diventa di fiducia».

Il Bail in

Il bail in implica che i salvataggi delle banche non saranno più finanziati dallo Stato, bensì dagli istituti stessi, ossia in prima battuta dagli azionisti, poi dagli obbligazionisti, infine, se necessario, dai correntisti con depositi superiori ai 100mila euro. Le BCC, diversamente da tutte le altre banche, hanno un fondo di garanzia per gli obbligazionisti che, in caso di bail-in, copre un importo di 103mila euro e che, aggiungendosi al fondo di garanzia dei depositanti, arriva a coprire 206mila euro complessivi, il doppio di quanto garantisce il resto del sistema bancario.

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