«Il tema della Giöbia sarà la pace», ha dichiarato Daniela Caprioli, assessore con delega a polizia locale, commercio e sportello unico attività produttive. «Un tema scelto dalle associazioni e a cui l’amministrazione ha dato il benestare». Caprioli ha inoltre sottolineato il lavoro complesso che sta dietro all’organizzazione dell’evento, ringraziando il Gruppo Alfano, sponsor della manifestazione e incaricato della costruzione del fantoccio, grazie alle sue competenze tecniche.
La Giöbia, come ha ricordato Enrico Candiani in un testo evocativo, è una celebrazione che affonda le sue radici in antiche credenze propiziatorie. Il rito del falò, un tempo simbolo di purificazione e speranza, si è evoluto nel tempo, mantenendo vivo il legame tra passato e presente. «Il fuoco riscalda e purifica, il risotto con la luganega ricorda l’opulenza estiva e la speranza per un futuro migliore. Guardiamo questo falò con gli occhi incantati di una società-bambina, che trova conforto nei simboli rassicuranti», ha scritto Candiani.
Oltre al simbolismo del fuoco, la festa sarà un momento di convivialità. Ogni associazione contribuirà con le sue specialità: risotto con la salsiccia, polenta e bruscitt, vin brulé, tè, pandoro, panettone e patatine fritte saranno distribuiti per creare un’atmosfera calda e accogliente. «Senza le tradizioni, senza il ricordo, si perde tutto. Bisogna tramandarli alle nuove generazioni», ha aggiunto Caprioli, evidenziando l’importanza di rinnovare e preservare queste usanze per il futuro.
La scelta di ripristinare il falò scaccia-inverno rappresenta un forte segnale di coesione comunitaria. “Questa celebrazione, che scende da ricordi ancestrali, si colloca nel momento in cui la campagna, giunta al colmo dell’inverno, nei suoi giorni più rigidi, offre al contadino l’opportunità, nel riposo delle colture e nel forzato ozio, di dare sfogo alla fantasia, che è sempre fantasia rievocativa e propiziatrice”, ricorda Enrico Candiani.
“Chiusi al tepore di un ricovero, nella monotonia dell’inverno, e nell’attesa di un ritorno al sole e alla vita, nascono sempre, assieme alle speranze, anche oscuri timori: di streghe, di spiriti vaganti, di un malefico influsso di astri e costellazioni per il nuovo anno (e si guarda sospettosi al cielo ammantato di grigio), di un immaginario artefice di possibili sciagure, che deve essere distrutto in tempo, così da ridare al contadino la tranquillità per il nuovo raccolto.
Nasce da qui l’esigenza, pressochè inconscia, di festosi riti propiziatori che mescolano antichi sentori e credenze pagane con nuovi insegnamenti Cristiani, fra cui deve esser menzionata l’eterna lotta fra il bene, propiziato dalla preghiera, ed il male rappresentato dal Demonio o dalle streghe.
Il fuoco riscalda e purifica ericorda le quotidiane esigenze per l’inverno, che è freddo e portatore di malanni.
Il risotto ricorda invece l’opulenza estiva, ove il cibo abbonda (o, forse, meglio dire, è meno scarso!), e le messi estive forniscono la speranza per un futuro ancora … non diremo sereno, ma quantomeno non terribile.
Ecco, dunque, che al fuoco sacro, che brucia la “strega”, si associa anche il simposio, la cena con riso e salsicce (quantomai pregiate, nei tempi andati), e ci si prepara fiduciosi ad una nuova stagione agricola: già a febbraio si posson mettere in moto i meccanismi agrari, ed il calore del falò collettivo propizierà la imminente fine dell’inverno più duro!”
La Giöbia non è solo un rito collettivo, ma un’occasione per riflettere e celebrare, nel cuore dell’inverno, un desiderio universale di pace e speranza.