
Tornano a crescere le matricole in università. Dopo un periodo di calo, le immatricolazioni per l’anno accademico 2015/16 hanno fatto registrare un timido +2%, invertendo però quella tendenza che nell’ultimo quinquennio ha portato alla perdita di 130mila studenti su un totale di 1.700.000. Il nostro territorio risponde con una crescita costante: l’università dell’Insubria e la LIUC hanno avuto rispettivamente un +16,2% e un +28,5% delle immatricolazioni nei confronti dell’anno accademico 2011/12. I recenti dati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR) parlano di un ritorno all’università in Italia. Dopo il boom registrato nei primi anni 2000 quando le immatricolazioni avevano raggiunto il record sfiorando le 340mila (dato 2003), il successivo calo, vistoso quanto netto, aveva però fatto ipotizzare una crisi della formazione di terzo grado. Nell’anno accademico 2015/2016 gli immatricolati sono tornati a crescere: sono stati, infatti, complessivamente 271.119, 6mila in più rispetto all’anno precedente con una predominanza della presenza femminile (55,2%). Più di uno studente ogni due ha scelto di iscriversi all’università dopo l’esame di Stato; tra questi oltre il 76% proveniva da un percorso liceale, il 20% da istituti tecnici, poco meno del 4% da scuole professionali. L’analisi dell’Ufficio Statistica e Studi del MIUR descrive una situazione in movimento. Nella consapevolezza che una laurea in tasca sia uno strumento importante per trovare una collocazione all’interno del mondo del lavoro, cambia l’offerta formativa che se da una parte prova a rispondere alle richieste delle aziende, dall’altra non vuole rinunciare alla voglia di conoscenza dei giovani; c’è però anche la necessità di creare percorsi formativi superiori di carattere tecnico che scarseggiano in Italia e che lo studio del MIUR non ha preso in considerazione. In fase di cambiamento è anche la scelta dei corsi di laurea: in deciso calo indirizzi come Giurisprudenza e Medicina, in ascesa Biotecnologie e Scienze biologiche, Mediazione linguistica e Scienze e Tecnologie informatiche. Chi non ha risentito della “crisi delle matricole” è la LIUC di Castellanza. La crescita del 25% delle immatricolazioni solamente nell’ultimo anno è il segno di una presenza apprezzata e di valore. E il +28,5% delle immatricolazioni dal 2011 ad oggi ne fa il terzo ateneo in Lombardia per crescita (dietro a IULM e Bergamo) secondo la tabella pubblicata dal Sole24Ore ed elaborata sui dati del MIUR. «Operiamo sulla qualità dell’offerta e sulla maturazione dei processi di acquisto», afferma il rettore Federico Visconti. Partendo dall’ultimo punto, «occorre parlare di università fin dalle superiori. I processi decisionali che portano alla maturazione della scelta dell’indirizzo di studio e dell’ateneo sono più lunghi rispetto al passato. Ecco perché facciamo un lavoro di prossimità con gli istituti superiori». Importante è anche il ruolo della famiglia. «Il contesto educativo dove il ragazzo cresce. Ci poniamo dal punto di vista dei genitori e dello studente: cosa fare da grande?». La risposta non sempre è immediata. Ma la qualità dell’offerta può fare la differenza. «L’insegnamento è un elemento importante.

Fondamentale però diventa oggi aprirsi alle imprese attraverso stage, tirocini ma anche, come la LIUC fa da tempo, portare i manager in cattedra affinché possano trasmettere la loro esperienza ». Continua il rettore dell’ateneo di Castellanza: «Siamo vicini al manifatturiero grazie anche all’introduzione di tre nuovi percorsi legati al macrotema della “fabbrica 4.0”». Si tratta della “progettazione e gestione della fabbrica intelligente” attraverso un percorso nuovo che si fonda sulla presentazione dei vari aspetti del nuovo paradigma legati al manifatturiero e sull’uso di strumenti simulativi per la progettazione di sistemi di produzione; del “digital consulting” per formare ingegneri gestionali capaci di inserirsi rapidamente ed efficacemente in società di consulenza organizzativa e direzionale; del “green and safe” che permette di approfondire la formazione sulle tematiche della gestione di ambiente e sicurezza del lavoro nell’impresa. Conclude Visconti: «La qualità viene determinata anche dalle opportunità e dai servizi. L’università non può isolarsi, ma deve creare una rete di relazioni per poter crescere e far crescere. Come ci insegna la nostra storia, le relazioni partono dal territorio ma devono approdare necessariamente a scenari internazionali». Anche l’università degli studi dell’Insubria è rimasta immune alla “crisi delle matricole”. Il +16% registrato nell’ultimo quinquennio è indice di un ateneo giovane che in poco tempo ha saputo ritagliarsi uno spazio importante. «Alla crescita significativa di circa il 30% che abbiamo registrato due anni fa, c’è stato il leggero calo dell’anno scorso: un calo però programmato, dettato dalla necessità di introdurre il numero chiuso per alcuni corsi», premette il rettore dell’Insubria Alberto Coen Porisini. Gli spazi di crescita ci sarebbero, quello che manca sono i fondi. «Il quadro dell’università italiana è oggi sconsolante: davanti alla incomprensione delle istanze che arrivano dal mondo universitario vediamo alcune realtà che lottano per la sopravvivenza. Fortunatamente non è il nostro caso: l’Insubria ha delle potenzialità di crescita che al momento restano inespresse», prosegue il rettore. Un solo dato: «Abbiamo un tasso di occupazione per i nostri laureati tra i più alti d’Italia per quanto riguarda gli atenei pubblici. Questo è anche frutto di relazioni che l’università coltiva con il mondo delle imprese e con il territorio, dalle attività di placement agli stage e tirocini. Per definizione un’università deve relazionarsi con il mondo. Noi però, anche per il nome che portiamo, siamo consapevoli dell’importanza dei rapporti con il nostro territorio. Infatti un’università moderna ha tra i suoi compiti anche quella che viene definita come “terza missione”. Ovvero oltre ai compiti di formazione e ricerca, deve rappresentare un elemento di arricchimento per un dato territorio diventando, per esempio, motore di attività culturali e di sviluppo in generale». In quest’ottica, l’università deve essere per tutti. «È un fatto di cultura oltre che di formazione – conclude -. All’estero questa visione è chiara». L’Italia però, ancora una volta, è un passo indietro.
PER APPROFONDIRE
HANNO DETTO:
«Dall’università deriva anche la ricchezza di un territorio: Insubria e LIUC sono un valore aggiunto per Altomilanese e Varesotto»
«La laurea serve oggi più di ieri. Per dare un futuro lavorativo ai nostri giovani occorre un’università che sappia dialogare con le imprese»



