In un angolo tranquillo della città, sotto la luce soffusa di un lampione, Marco rifletteva sul suo futuro. Laureato in economia, aveva sempre immaginato una carriera nel mondo finanziario, ma qualcosa lo tratteneva. Le storie di aziende focalizzate solo sul profitto, spesso a scapito dei dipendenti e dell’ambiente, lo avevano reso scettico. Desiderava un lavoro che avesse un significato più profondo, che contribuisse al bene comune.
Una sera, durante una conferenza universitaria, sentì parlare di cooperative. L’idea di un’impresa basata sulla mutualità, dove i soci collaborano per un obiettivo comune, lo affascinò. Scoprì che le cooperative non mirano solo al profitto, ma cercano di fornire ai soci beni, servizi o opportunità di lavoro a condizioni più vantaggiose rispetto al mercato tradizionale. Incuriosito, Marco decise di approfondire.
Scoprì che, secondo dati del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nel 2022 esistevano in Italia circa 110.000 società cooperative, spaziando dall’edilizia all’agricoltura, fino alle cooperative sociali che si occupano di assistenza a persone vulnerabili. Un giorno, passeggiando per il quartiere, notò un edificio con un’insegna che recitava “La Casa dello Studente – Cooperativa Sociale”. Ricordò di aver letto che questa cooperativa era nata nel 2016 per iniziativa di un gruppo di giovani psicologi ed educatori, con l’obiettivo di fornire supporto agli studenti e creare opportunità occupazionali.
Entrò e fu accolto da Elisa, una giovane educatrice. Parlando con lei, Marco apprese che la cooperativa offriva servizi di tutoraggio e supporto psicologico agli studenti, rispondendo alle esigenze della comunità locale. Elisa gli raccontò come, dopo la laurea in psicologia, avesse cercato un modo per mettere in pratica le sue competenze aiutando gli altri. La cooperativa le aveva offerto non solo un lavoro, ma anche una comunità di professionisti con cui condividere valori e obiettivi.
Marco rimase colpito dalla passione di Elisa e decise di partecipare a una delle riunioni settimanali della cooperativa. Lì conobbe altri giovani, ciascuno con storie diverse ma uniti dal desiderio di fare la differenza. C’era Luca, un ingegnere informatico che aveva lasciato una posizione ben remunerata in una multinazionale per sviluppare software educativi per bambini con difficoltà di apprendimento. O Sara, una laureata in lettere che organizzava laboratori di scrittura creativa per adolescenti a rischio di abbandono scolastico.
Queste storie risuonavano con Marco. Si rese conto che la cooperazione offriva una via per realizzare le proprie aspirazioni professionali senza compromettere i propri valori. Decise di unirsi alla cooperativa, mettendo a disposizione le sue competenze economiche per migliorare la gestione finanziaria e aiutare a sviluppare nuovi progetti sostenibili.
Nel corso dei mesi, Marco scoprì che le cooperative affrontavano diverse sfide. Un rapporto di Euricse evidenziava che solo l’11% dei consiglieri e l’8,1% dei presidenti delle cooperative italiane avevano meno di 35 anni, indicando una necessità di ricambio generazionale. Tuttavia, vide anche come le cooperative fossero in grado di adattarsi e rispondere a bisogni insoddisfatti, laddove le istituzioni pubbliche e il mercato privato avevano difficoltà a intervenire. Questo adattamento trasversale dimostrava la capacità delle cooperative di generare esternalità positive per i territori e le comunità locali, aumentandone la qualità della vita.
Un giorno, durante una riunione, Marco propose un progetto per offrire servizi di consulenza finanziaria ai piccoli imprenditori locali, molti dei quali faticavano a gestire le proprie attività. L’idea era nata dal confronto con la Bcc locale, la stessa banca che, anni prima, aveva creduto nella bontà della cooperativa e l’aveva aiutata a muovere i primi passi, concedendo un primo finanziamento per avviare le attività.
La cooperativa abbracciò subito il progetto, riconoscendone il valore per il territorio. Grazie alla collaborazione con la Bcc, nel giro di poche settimane furono avviati workshop e sessioni di mentoring, in cui esperti del settore bancario e giovani consulenti cooperativi lavoravano fianco a fianco per supportare gli imprenditori locali. Il progetto ebbe un impatto significativo sulla comunità, rafforzando il tessuto economico locale e creando nuove opportunità di collaborazione.
Per Marco, questa esperienza fu una conferma: la cooperazione non era solo un modello di business, ma una filosofia di vita. La sinergia con la Bcc dimostrava come fosse possibile coniugare successo professionale e impegno sociale, in un’alleanza tra istituzioni cooperative che metteva al centro le persone e il territorio. Guardando indietro, si rese conto di aver trovato non solo una carriera, ma una comunità e uno scopo. E mentre immaginava il futuro, sapeva di essere sulla strada giusta, pronto a contribuire a un cambiamento positivo nella società, perché le cooperative rappresentano un ponte tra le aspirazioni individuali e il bene collettivo, dimostrando che è possibile coniugare successo professionale e impatto sociale.
Vi abbiamo raccontato questa storia per parlare del rapporto tra giovani e cooperazione, che è davvero simile a un viaggio tra sogni e realtà. Perché, in un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla globalizzazione, i giovani si trovano a navigare tra aspirazioni personali e le sfide di un mercato del lavoro in continua evoluzione. E in questo contesto, la cooperazione emerge come un faro, offrendo un modello che coniuga valori condivisi e opportunità concrete.
«La cooperazione è un modello che non solo crea valore economico, ma rafforza il senso di appartenenza e di responsabilità sociale -sottolinea Roberto Scazzosi, presidente della nostra Bcc-. È fondamentale che i giovani riconoscano questo valore e vi si avvicinino con curiosità e determinazione. Nella nostra banca, crediamo che il coinvolgimento attivo delle nuove generazioni sia essenziale per costruire un futuro più equo e sostenibile, dove il benessere della comunità venga prima del semplice profitto».
La Generazione Z, composta da individui nati tra il 1997 e il 2012, rappresenta una fascia demografica che sta entrando con determinazione nel mondo del lavoro. Secondo Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc, questa generazione è caratterizzata da una forte immersione nelle tecnologie digitali sin dalla nascita, il che influenza profondamente il loro approccio al lavoro e alla vita. Per loro, le esigenze personali, come la salute fisica e mentale e l’equilibrio tra vita privata e professionale, sono prioritarie rispetto all’identificazione totale con il ruolo lavorativo.
Questa ricerca di equilibrio e significato porta molti giovani a guardare con interesse al mondo della cooperazione, dove i valori di mutualità, solidarietà e partecipazione attiva offrono una prospettiva lavorativa più in linea con le loro aspirazioni. Nonostante le numerose opportunità, il mondo cooperativo non è esente da sfide. Alcuni giovani, dopo un iniziale entusiasmo, si trovano a confrontarsi con difficoltà che possono portare all’abbandono. Secondo varie indagini sull’argomento, tra le principali cause di abbandono figurano il basso salario, la percezione di ritmi di lavoro intensi e la difficoltà a conciliare vita privata e lavorativa.
Tuttavia, molte cooperative stanno rispondendo a queste criticità con iniziative mirate a migliorare le condizioni lavorative e ad attrarre nuovamente i giovani. Tra le strategie adottate si evidenziano la formazione e la crescita professionale, con programmi mirati a garantire una progressione di carriera e a valorizzare il contributo individuale all’interno dell’organizzazione. Questo dato sottolinea come le cooperative possano rappresentare per i giovani non solo un’opportunità lavorativa, ma anche un modo per contribuire attivamente al miglioramento della società, in linea con i valori di equità e giustizia sociale che molti di loro condividono.
E questa stessa tensione ideale, questa ricerca di un modello di sviluppo più sostenibile e partecipativo, è ciò che ben più che sovente si ritrova nelle storie dei giovani che decidono di entrare a far parte della nostra Bcc. Il loro desiderio di fare la differenza non si traduce solo in scelte professionali, ma anche nella volontà di essere parte attiva di un sistema bancario che non ha come unico obiettivo la massimizzazione del profitto, ma il benessere del territorio e della comunità.


